Lo scontro tra Donald Trump e la Federal Reserve, in particolare con il suo presidente Jerome Powell, rappresenta uno dei conflitti più intensi e significativi nella politica economica americana degli ultimi anni. Questo confronto si è acuito nel 2025, con Trump che ha intensificato le sue critiche pubbliche verso Powell, accusandolo di non tagliare i tassi di interesse abbastanza rapidamente per sostenere la crescita economica statunitense.
Le radici del conflitto
Trump, nominando Powell nel 2018, si aspettava una politica monetaria più espansiva, con tassi di interesse più bassi per stimolare investimenti e consumi. Tuttavia, Powell ha mantenuto una linea prudente, mantenendo i tassi di interesse di riferimento tra il 4,25% e il 4,50% per contenere l’inflazione, che rimaneva persistente nonostante i segnali di rallentamento economico. Trump ha visto questa politica come dannosa per la crescita e per la sua agenda politica, inclusa la guerra commerciale con la Cina, e ha più volte definito Powell “troppo lento” o addirittura “stupido e politico”.
Le critiche di Trump e la risposta della Fed
Nel corso del 2025, Trump ha chiesto pubblicamente tagli più decisi dei tassi di interesse, sostenendo che un abbassamento di 2,5 punti percentuali avrebbe potuto tradursi in un risparmio di circa 800 miliardi di dollari per il governo federale, alleggerendo il peso del debito pubblico e stimolando l’economia. Ha anche minacciato di sostituire Powell prima della scadenza naturale del mandato nel 2026, ipotesi che ha creato forte tensione sui mercati finanziari e preoccupazioni per l’indipendenza della Fed, un principio considerato fondamentale per la stabilità economica americana.
Powell, dal canto suo, ha ribadito più volte che la politica monetaria deve essere guidata dai dati economici e non da pressioni politiche, sottolineando la necessità di cautela di fronte all’incertezza causata dalle tensioni commerciali e dai dazi imposti dall’amministrazione Trump. La Fed ha mantenuto i tassi invariati a metà 2025, prevedendo però due tagli entro la fine dell’anno, ma sempre con una valutazione attenta degli effetti inflazionistici e della crescita economica.
Il contesto economico e geopolitico
La disputa si inserisce in un contesto di incertezza economica dovuta ai dazi doganali imposti da Trump, che hanno complicato le previsioni sull’inflazione e sulla crescita. Powell ha accusato indirettamente la strategia dei dazi di aumentare l’incertezza e di ostacolare una chiara definizione delle politiche monetarie. Trump, invece, ha insistito per mantenere e addirittura accelerare l’entrata in vigore delle tariffe, ritenendole uno strumento chiave per la sua strategia economica.
Implicazioni e prospettive
Il confronto tra Trump e la Fed ha sollevato preoccupazioni sulla possibile politicizzazione della banca centrale, con il rischio di minare la fiducia nel sistema finanziario americano. La Corte Suprema potrebbe essere chiamata a decidere sulla legittimità di un eventuale licenziamento anticipato di Powell, un evento senza precedenti che metterebbe a dura prova l’indipendenza della Fed.
In sintesi, lo scontro tra Trump e la Federal Reserve è una battaglia tra una visione politica che privilegia la crescita economica rapida e un’istituzione che cerca di mantenere la stabilità finanziaria e controllare l’inflazione attraverso una politica monetaria indipendente e prudente. Questa tensione riflette le sfide più ampie che gli Stati Uniti affrontano nel bilanciare crescita, inflazione e stabilità economica in un contesto geopolitico complesso.
Perché le critiche di Trump a Powell rischiano di influenzare i mercati finanziari
Le critiche di Donald Trump al presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, rischiano di influenzare i mercati finanziari per diversi motivi legati soprattutto all’indipendenza della banca centrale e alla fiducia degli investitori.
1. Minaccia all’indipendenza della Fed
Trump ha pubblicamente chiesto tagli rapidi ai tassi di interesse e ha minacciato di sostituire Powell prima della fine del suo mandato, una mossa senza precedenti che mette sotto pressione l’indipendenza della Fed, principio fondamentale per una politica monetaria credibile e stabile. Una banca centrale politicizzata può portare a decisioni monetarie dettate da esigenze politiche piuttosto che da dati economici, aumentando il rischio di inflazione elevata e tassi di interesse più alti nel lungo termine.
2. Aumento della volatilità e incertezza sui mercati
Le tensioni tra Trump e Powell generano incertezza tra gli investitori, che temono una possibile destabilizzazione della politica monetaria americana. Questa instabilità può tradursi in volatilità sui mercati azionari, obbligazionari e valutari, con effetti negativi sul dollaro USA e sui rendimenti del Tesoro statunitense. La percezione di una Fed sotto pressione politica può anche ridurre l’attrattiva degli Stati Uniti come destinazione per gli investimenti globali, aumentando il costo del finanziamento del debito pubblico.
3. Impatto sulle aspettative di inflazione
Dopo un tweet critico di Trump verso la Fed, le aspettative di inflazione a lungo termine negli Stati Uniti sono aumentate, segnalando preoccupazioni sui mercati circa la capacità della banca centrale di mantenere sotto controllo la stabilità dei prezzi. Questo può portare a un aumento dei costi di prestito per imprese e consumatori, con conseguenze negative sull’economia reale3.
4. Dilemma politico-economico per la Fed
Powell si trova in una posizione difficile: cedere alle pressioni di Trump per tagliare i tassi rischierebbe di alimentare l’inflazione, mentre resistere espone la Fed a ulteriori attacchi politici. Questa dinamica crea un clima di incertezza che pesa negativamente sui mercati finanziari, che preferiscono prevedibilità e stabilità nelle decisioni di politica monetaria.
In sintesi, le critiche di Trump a Powell e la minaccia di interferire nella leadership della Fed mettono a rischio la credibilità e l’indipendenza della banca centrale, elementi chiave per la fiducia degli investitori e la stabilità dei mercati finanziari statunitensi e globali.
Anche la fiducia degli investitori nei titoli USA viene meno
La battaglia politica tra Donald Trump e Jerome Powell rischia di alterare profondamente la fiducia degli investitori nei titoli USA, con conseguenze rilevanti sui mercati finanziari. Ecco i principali motivi:
1. Minaccia all’indipendenza della Federal Reserve
Gli attacchi pubblici di Trump a Powell e la minaccia di sostituirlo anticipatamente mettono in dubbio l’indipendenza della Fed, un pilastro fondamentale per la stabilità della politica monetaria americana. Gli investitori temono che la banca centrale possa diventare uno strumento politico, con decisioni monetarie dettate da esigenze politiche piuttosto che da dati economici. Questa incertezza aumenta la percezione di rischio associata ai titoli di Stato USA, tradizionalmente considerati un bene rifugio.
2. Perdita del ruolo di “bene rifugio” dei Treasury USA
Negli ultimi mesi, i titoli di Stato americani hanno mostrato comportamenti atipici: i rendimenti a lungo termine sono saliti mentre gli investitori vendono contemporaneamente azioni e obbligazioni USA, segnale di sfiducia crescente. Questo fenomeno indica che i Treasury non sono più percepiti come un investimento sicuro, ma come asset rischiosi, con conseguente aumento dei costi di finanziamento per il governo americano.
3. Impatto sul dollaro e sui mercati globali
La crisi di fiducia si riflette anche sul dollaro, che ha raggiunto minimi pluriennali. Il calo del valore della valuta statunitense e la volatilità sui mercati azionari e obbligazionari riflettono il timore degli investitori di una politica monetaria imprevedibile e di un possibile aumento del rischio paese. Questo scenario può spingere gli investitori a diversificare fuori dagli asset USA, riducendo la domanda di titoli di Stato e azioni americane.
4. Rischio di fuga di capitali stranieri
Gli investitori esteri detengono una quota enorme di debito pubblico e titoli azionari USA. Se la fiducia si deteriora ulteriormente, potrebbero ridurre l’acquisto di Treasury e altri asset USA, aggravando la situazione fiscale e finanziaria del Paese. Inoltre, nuove misure fiscali sugli investimenti stranieri rischiano di peggiorare la situazione, trasformando la guerra commerciale in una guerra di capitali e spingendo ulteriormente gli investitori a cercare alternative più sicure.
5. Effetto domino sulla sostenibilità del debito e sul deficit
L’aumento dei rendimenti dei titoli di Stato, causato dalla vendita e dalla maggiore percezione di rischio, rende più costoso per il governo finanziare il debito pubblico. Questo può alimentare dubbi sulla sostenibilità fiscale degli Stati Uniti, creando un circolo vizioso di sfiducia e volatilità che può danneggiare la stabilità economica a lungo termine.
In sintesi, la battaglia politica tra Trump e Powell mina la fiducia degli investitori nei titoli USA perché mette in discussione l’indipendenza della Fed, aumenta l’incertezza sui mercati, riduce l’attrattiva degli asset americani e può innescare una fuga di capitali stranieri, con effetti negativi sulla stabilità finanziaria e sulla capacità degli Stati Uniti di finanziare il proprio debito.
Perchè i rendimenti di Stato americani stanno aumentando i loro interessi anche se ritenti sicuri
I rendimenti dei titoli di Stato statunitensi stanno salendo nonostante siano considerati asset sicuri principalmente a causa di fattori di rischio macroeconomico e geopolitico che stanno modificando le dinamiche tradizionali del mercato obbligazionario USA.
Ecco le principali ragioni:
- Guerra commerciale e dazi: L’entrata in vigore dei dazi commerciali imposti dal presidente Trump, in particolare contro la Cina, ha aumentato le preoccupazioni degli investitori sulle ripercussioni negative per l’economia americana e globale. Queste tensioni alimentano timori di inflazione (a causa dell’aumento dei costi di importazione) e di interruzioni nelle catene di approvvigionamento, spingendo gli investitori a chiedere rendimenti più elevati per detenere titoli USA.
- Vendite di asset americani: Il clima di incertezza e il cosiddetto scenario “Sell America” hanno portato molti investitori a vendere sia azioni sia obbligazioni USA. Quando i prezzi dei titoli di Stato scendono per effetto delle vendite, i rendimenti salgono, perché prezzo e rendimento si muovono in direzioni opposte.
- Aumento delle aspettative di inflazione: Le tensioni commerciali e le politiche fiscali espansive alimentano le aspettative di inflazione futura. Gli investitori richiedono quindi un rendimento maggiore per essere compensati dal rischio di perdita di potere d’acquisto nel tempo.
- Dubbi sullo status di “bene rifugio”: Le recenti turbolenze e le incertezze politiche (come il conflitto tra Trump e la Federal Reserve) stanno mettendo in discussione lo status tradizionale dei Treasury USA come asset sicuri, portando alcuni investitori a preferire alternative come i bund tedeschi.
- Curva dei rendimenti più ripida: I rendimenti a lungo termine stanno salendo più rapidamente di quelli a breve, segnalando che il mercato prezza rischi maggiori su orizzonti temporali più lunghi, spesso legati a inflazione e instabilità politica.
In sintesi, i rendimenti salgono perché gli investitori percepiscono maggiori rischi e richiedono quindi una remunerazione più alta per detenere titoli di Stato USA, nonostante la loro tradizionale reputazione di sicurezza