Introduzione
L’asse Unicredit-Commerzbank torna sotto i riflettori dopo le dichiarazioni di Andrea Orcel, CEO di Piazza Gae Aulenti, alla CEO Conference di Bank of America.
Il banchiere ha messo in archivio l’era delle grandi operazioni di M&A in Italia, rilanciando la strategia di crescita organica. Parallelamente, il fronte tedesco resta
prioritario: la progressiva scalata a Commerzbank prosegue, con l’obiettivo di consolidare la presenza nel cuore dell’Europa.
La svolta strategica di Orcel
Dopo il ritiro dell’OPS su Banco BPM, Orcel ha chiarito la posizione del gruppo: nessuna ulteriore fusione o acquisizione in Italia. La scelta è dettata da considerazioni
politiche e regolamentari, ma anche dalla consapevolezza di avere basi solide per crescere in autonomia. L’Italia resta il baricentro: rappresenta il 50% dei ricavi e il 45% dell’utile netto del gruppo. Il nuovo corso punta su efficienza, leve commerciali e innovazione.
Banco BPM: il capitolo chiuso
L’OPS su Banco BPM, ritenuta la mossa più ambiziosa di Orcel sul mercato domestico, è naufragata. La banca ha attribuito il fallimento a interferenze governative che hanno
reso impraticabile l’operazione. Per Orcel, l’esperienza ha offerto una lezione chiara: il consolidamento bancario in Italia richiede condizioni politiche più favorevoli.
Crescita organica in Italia
Unicredit rilancia ora un piano di crescita interna sospeso durante l’avventura con Banco BPM. Il nuovo approccio si concentra su:
- Rafforzamento della base clienti retail e corporate.
- Espansione dei servizi digitali e bancari a valore aggiunto.
- Miglioramento della redditività grazie a efficienza operativa e riduzione costi.
- Distribuzione generosa di dividendi e buyback per premiare gli azionisti.
Unicredit e i numeri della solidità
La banca ha chiuso il primo semestre con utili record e un CET1 ratio superiore alle attese. Questa solidità consente a Piazza Gae Aulenti di mantenere un piano ambizioso
di distribuzione di capitale e di presentarsi come uno dei player più solidi del panorama europeo.
Area | Quota Ricavi | Quota Utile Netto |
---|---|---|
Italia | 50% | 45% |
Germania | 20% | 25% |
Europa Centro-Est (Polonia inclusa) | 25% | 20% |
Altri Paesi | 5% | 10% |
La scalata a Commerzbank
Se il fronte italiano resta congelato, quello tedesco si fa sempre più strategico. Unicredit ha raggiunto una quota del 26% in Commerzbank, con l’obiettivo
di arrivare al 29,9%. Una soglia che non richiede OPA obbligatoria, ma che consente un’influenza significativa sulle scelte di governance.
Orcel ha sottolineato che «il governo tedesco è uno stakeholder cruciale» e che la banca intende rispettare le sensibilità politiche di Berlino. Al tempo stesso,
però, l’operazione viene presentata come un’occasione per creare valore, consolidare la posizione in Germania e rendere Unicredit un campione paneuropeo.
Anno | Quota (%) |
---|---|
2023 | 15% |
2024 | 22% |
2025 (oggi) | 26% |
Target | 29,9% |
Italia, Germania e Polonia: i tre pilastri
Orcel individua tre mercati cruciali in cui eventuali M&A potrebbero trasformare radicalmente l’equity story di Unicredit: Italia, Germania e Polonia.
Tuttavia, il CEO ha precisato che il successo della banca non può dipendere da acquisizioni straordinarie: «Falliremmo se il nostro destino dipendesse solo da M&A».
Le munizioni per la crescita
Con oltre 10-11,5 miliardi di capitale in eccesso, Unicredit dispone di risorse ingenti per sostenere la propria espansione. Una parte è stata già utilizzata per
acquisire partecipazioni in banche concorrenti, ma la gran parte resta a disposizione per dividendi, buyback e possibili nuove opportunità di mercato.
Anno | Capitale in eccesso (€ mld) |
---|---|
2023 | 9,0 |
2024 | 10,5 |
2025 | 11,5 |
Conclusione
La strategia di Andrea Orcel segna una svolta nella storia recente di Unicredit: niente nuove aggregazioni in Italia, ma un focus deciso sulla
crescita organica e sulla progressiva scalata a Commerzbank. L’obiettivo è duplice: consolidare la leadership domestica e rafforzare la presenza in Germania,
proiettando Piazza Gae Aulenti tra i principali protagonisti bancari europei.
🔎 Approfondimento Speciale: Europa, politica e il nodo delle acquisizioni bancarie
Unicredit-Commerzbank, oltre la finanza
La scalata di Unicredit a Commerzbank è molto più di una normale operazione finanziaria. È diventata il banco di prova di un dibattito che attraversa
tutta l’Unione Europea: fino a che punto i singoli Stati membri sono disposti a rinunciare al controllo sui propri asset strategici per favorire la nascita di
campioni continentali in grado di competere a livello globale?
Il paradosso tedesco
La Germania rappresenta il caso emblematico di questo paradosso. Da anni Berlino invoca la necessità di avere grandi aziende europee, capaci di rivaleggiare
con i colossi americani della finanza e con le banche cinesi sostenute da capitali statali. Allo stesso tempo, però, quando si tratta di permettere a un
istituto straniero – seppur europeo – di entrare nella governance di una sua banca, prevalgono logiche di protezione nazionale.
Commerzbank è una banca che, pur avendo perso il peso di un tempo, resta un pilastro per il finanziamento delle piccole e medie imprese tedesche. Consentire
a Unicredit di salire oltre una certa soglia equivarrebbe, agli occhi della politica tedesca, a cedere un tassello di sovranità economica.
Per questo Berlino ha già fatto capire, anche indirettamente, che non sosterrà mai un’acquisizione piena, almeno in questa fase.
L’Europa e i campioni industriali mancati
La questione non riguarda solo le banche. Da anni Bruxelles discute della necessità di creare grandi poli industriali europei. Un esempio è il dibattito
sull’industria della difesa, con la proposta di creare un’unica piattaforma militare europea. Un altro è quello delle telecomunicazioni, dove invece
le multinazionali americane e asiatiche continuano a dominare mentre in Europa i mercati restano frammentati.
Nel settore bancario, la Banca Centrale Europea ha più volte ribadito che le fusioni cross-border sono fondamentali per completare l’Unione bancaria,
aumentare la stabilità del sistema e ridurre la frammentazione. Tuttavia, la spinta politica dei governi nazionali va quasi sempre nella direzione opposta.
L’Italia e il consolidamento interno
Nel contesto italiano, il consolidamento bancario ha avuto più spazio. Operazioni come l’acquisizione di UBI da parte di Intesa Sanpaolo, e il tentativo –
non riuscito – di Unicredit su Banco BPM, hanno ridisegnato gli equilibri domestici. Ma quando si passa al livello europeo, emergono differenze profonde:
ciò che in Italia è visto come una necessità per rafforzare il sistema, in Germania viene interpretato come una minaccia all’autonomia economica.
I motivi dietro i “no” nazionali
Dietro i veti politici vi sono diverse motivazioni:
- Occupazione: i governi temono perdite di posti di lavoro nelle sedi centrali trasferite all’estero.
- Influenza politica: controllare una grande banca significa avere voce nelle scelte di credito alle imprese nazionali.
- Sovranità economica: in tempi di crisi geopolitica, molti Stati vogliono mantenere il controllo diretto sugli strumenti finanziari strategici.
- Paura di squilibri: le fusioni cross-border potrebbero spostare potere decisionale e flussi di capitale verso altri Paesi.
L’Europa a due velocità
Queste dinamiche creano una Europa a due velocità. Da un lato ci sono le istituzioni comunitarie che promuovono il completamento
dell’Unione bancaria e la creazione di colossi capaci di affrontare le sfide globali. Dall’altro ci sono i governi nazionali che, nei fatti, frenano
le aggregazioni per difendere interessi locali.
È una contraddizione che mina alla base il progetto europeo: un mercato unico che sulla carta promette libertà di movimento di capitali e imprese,
ma che nella pratica si trova ingabbiato da muri invisibili eretti dagli Stati membri.
Le prospettive future
Il futuro delle fusioni bancarie cross-border dipenderà da due fattori principali:
- Il ruolo della BCE: se Francoforte rafforzerà il pressing sui governi, potrebbe spingere per una maggiore apertura alle aggregazioni.
- La volontà politica: in un’Europa segnata da crisi geopolitiche, inflazione e competizione globale, diventerà sempre più difficile giustificare il protezionismo interno.
Conclusione: un equilibrio difficile
Il caso Unicredit-Commerzbank è quindi lo specchio di un’Europa che non riesce a scegliere tra apertura e protezione. La Germania difende i propri interessi
nazionali, mentre l’Italia spinge per una maggiore integrazione. Finché non ci sarà una visione comune e condivisa, le grandi fusioni resteranno sospese tra
ambizione e realtà. E il progetto di creare veri campioni bancari europei resterà incompiuto.
Confronto numerico: fusioni riuscite in Italia vs operazioni mancate in Europa
Nota: alcune grandezze sono stime/indicative perché variano per perimetro, periodo di consolidamento e riclassifiche contabili. L’obiettivo è fornire
un ordine di grandezza per confrontare impatti e motivazioni politiche/regolamentari.
Caso | Anno | Esito | Motivazioni/ostacoli principali | Attivi combinati (ordine di grandezza) |
Sinergie lorde annue (stima) |
Interventi su rete/sedi (stima) |
Note strategiche |
---|---|---|---|---|---|---|---|
Intesa Sanpaolo – UBI Banca | 2020 | Completata | Ok regolatori; cessioni sportelli a BPER; forte consenso industriale | ~ €1.000 mld (post integrazione, ordine di grandezza) | ~ €700 mln/anno (target pre-annunciato, ordine di grandezza) | Razionalizzazione rete; cessione ~500+ filiali a BPER | Leadership domestica; efficienze di costo e cross-selling |
Crédit Agricole Italia – Creval | 2021 | Completata | OPA riuscita; perimetro più piccolo, minori resistenze politiche | ~ €100 mld (ordine di grandezza post integrazione Italia) | ~ €100–150 mln/anno (stime industriali) | Razionalizzazione selettiva filiali e back-office | Rafforzamento presidio Nord Italia e PMI |
Deutsche Bank – Commerzbank | 2019 (trattative) | Non realizzata | Rischi esecuzione, costi ristrutturazione, resistenze politiche e sindacali | ~ €2.000 mld combinati (ordine di grandezza) | Sinergie potenziali elevate ma controbilanciate da oneri rilevanti | Tagli occupazionali attesi: forte opposizione | Timori su concentrazione rischi e governance |
ABN AMRO – possibili combinazioni cross-border | Vari tentativi (post-2008) | Non realizzate | Vincoli statali/Golden power; sensibilità “banca di sistema” | ~ €400–500 mld (ordine di grandezza) | N.D. | Alto presidio pubblico e regolatorio | Priorità: stabilità domestica vs espansione cross-border |
UniCredit – Commerzbank | 2023–2025 (in corso) | Strategia “salire di quota” | Stake building fino a ~29,9%; sensibilità politica tedesca | UniCredit ~€1.000+ mld; Coba ~€500+ mld (ordini di grandezza) | Sinergie potenziali su funding, IT, wholesale (non comunicate ufficialmente) | Integrazione non annunciata; governance da valutare | Approccio graduale: consolidare influenza senza OPA obbligatoria |
- Taglio dell’operazione: domestica (più probabile) vs cross-border (più ostacoli politici).
- Bilanci e rischi: capitale, qualità attivi, oneri di ristrutturazione e tempi di payback.
- Occupazione e territorio: impatti su filiali e HQ incidono sul via libera politico.
- Regolazione: antitrust, SSM/BCE, golden power e policy industriali nazionali.
- Tempi e comunicazione: roadmap chiara, perimetro e governance riducono incertezza.
Ostacolo ricorrente | Effetto pratico | Mitigazioni tipiche |
---|---|---|
Golden power / tutela “banca di sistema” | Stop o condizioni stringenti su governance e asset | Accordi su HQ, presidio territoriale, impegni su credito a PMI |
Occupazione e chiusura filiali | Resistenze sindacali e politiche locali | Piani sociali pluriennali, riqualificazione, cessioni selettive di sportelli |
Antitrust/Concorrenza | Cessioni obbligatorie di rami o portafogli | Remedies ex ante, carve-out e spin-off |
Rischio esecuzione / IT integration | Ritardi sinergie, extra-costi, disservizi | Fasi progressive, piattaforme ibride, governance IT dedicata |
📊 Metodologia: come leggere sinergie e numeri annunciati
Nelle operazioni bancarie di fusione e acquisizione, le sinergie annunciate vanno sempre interpretate con cautela. Esistono alcuni fattori
chiave che determinano la differenza tra stime iniziali e risultati effettivi:
- Tempi di ramp-up: le sinergie (taglio costi, aumento ricavi) raramente si realizzano subito. Spesso occorrono 2–4 anni perché gli effetti siano visibili nei conti.
- Oneri straordinari: integrazioni IT, piani sociali, ristrutturazioni immobiliari comportano costi iniziali molto elevati che riducono i benefici nei primi esercizi.
- Scenario macro: variazioni di tassi, inflazione o crisi economiche possono amplificare o ridurre l’efficacia delle sinergie previste.
- Governance e execution risk: problemi di integrazione culturale e decisionale tra i due istituti possono rallentare il raggiungimento degli obiettivi.
Per questo motivo, le stime industriali vanno considerate come un orizzonte potenziale e non come numeri garantiti. La credibilità di un’operazione
dipende dalla capacità del management di realizzare il piano entro i tempi dichiarati, minimizzando costi inattesi e gestendo in modo efficace il
contesto macroeconomico.
FAQ – Domande frequenti
1. Qual è la quota attuale di Unicredit in Commerzbank?
Oggi Unicredit detiene circa il 26% di Commerzbank, con target al 29,9%.
2. Perché Unicredit ha ritirato l’offerta su Banco BPM?
Per interferenze governative e condizioni politiche sfavorevoli.
3. Qual è il peso dell’Italia nei conti di Unicredit?
Circa il 50% dei ricavi e il 45% dell’utile netto.
4. Unicredit farà nuove acquisizioni in Italia?
No, almeno nel breve termine. Il focus è sulla crescita organica.
5. Quanti miliardi di capitale in eccesso ha Unicredit?
Tra 10 e 11,5 miliardi, secondo le stime 2025.
Disclaimer: Questo articolo ha solo scopo informativo e non costituisce in alcun modo una sollecitazione all’investimento.
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