ETF o Azioni Cosa Scegliere: dati, implicazioni fiscali in Italia

La scelta tra investire in Exchange Traded Funds (ETF) o direttamente in azioni singole rappresenta una decisione fondamentale per l’investitore moderno. Questo report fornisce un’analisi comparativa dettagliata, basata su dati quantitativi e studi accademici, per illuminare le differenze, i vantaggi, gli svantaggi e le implicazioni di entrambe le strategie.

Gli ETF, fondi d’investimento quotati che replicano passivamente un indice, offrono una diversificazione immediata e a costi generalmente contenuti, riducendo il rischio specifico legato a singole aziende. Le azioni singole, d’altro canto, consentono un controllo diretto sull’investimento e un potenziale di rendimento teoricamente più elevato, ma comportano un rischio di concentrazione maggiore, richiedono un impegno significativamente più elevato in termini di tempo e competenze analitiche, e espongono maggiormente l’investitore a bias comportamentali.

Studi accademici consolidati, come quelli di Barber & Odean, e report di settore quali DALBAR e SPIVA, evidenziano costantemente come la maggior parte degli investitori individuali che praticano attivamente lo stock picking e molti fondi a gestione attiva tendano a sottoperformare i benchmark di mercato nel lungo periodo, principalmente a causa dei costi di transazione e di gestione, e di decisioni influenzate da fattori emotivi.

Per l’investitore italiano, la comprensione del regime fiscale è cruciale. La tassazione delle plusvalenze e dei dividendi, e soprattutto le regole per la compensazione delle minusvalenze, presentano differenze sostanziali tra azioni ed ETF (in particolare quelli armonizzati UCITS), con potenziali inefficienze che possono impattare il rendimento netto. Gli ETF ad accumulazione offrono un vantaggio di differimento fiscale, mentre la struttura fiscale degli ETF armonizzati può limitare la compensabilità delle perdite.

Il contesto italiano è caratterizzato da un’alfabetizzazione finanziaria migliorabile e da una tradizionale avversione al rischio, che spesso si traduce in una preferenza per la liquidità o per strumenti considerati a basso rischio ma con rendimenti limitati. In tale scenario, gli ETF potrebbero rappresentare una soluzione efficiente per accedere ai mercati globali in modo diversificato e a costi contenuti, sebbene la loro adozione richieda una maggiore consapevolezza e disciplina.

In conclusione, mentre lo stock picking può attrarre per il suo potenziale di sovraperformance, le evidenze suggeriscono che per la maggior parte degli investitori, un approccio basato su ETF passivi e globalmente diversificati, specialmente se integrato in una strategia core-satellite, offre una via più probabile e meno onerosa per raggiungere obiettivi finanziari a lungo termine. La scelta finale dipenderà dall’onesta autovalutazione delle proprie competenze, tempo disponibile, tolleranza al rischio e disciplina emotiva.

1. Introduzione

L’universo degli investimenti finanziari è in continua evoluzione, offrendo ai risparmiatori un ventaglio sempre più ampio di strumenti e strategie. Tra le opzioni più dibattute e rilevanti per l’investitore moderno vi è la scelta tra l’acquisto diretto di singole azioni societarie e l’investimento in Exchange Traded Funds (ETF). Gli ETF, introdotti in Italia nel 2002 1, hanno rapidamente guadagnato popolarità, presentandosi come un’alternativa innovativa e accessibile per partecipare ai mercati finanziari.2

La crescente diffusione degli ETF non rappresenta una semplice tendenza passeggera, ma risponde a esigenze concrete degli investitori, quali la ricerca di una diversificazione efficiente, la trasparenza e, soprattutto, il contenimento dei costi.1 Questi aspetti sono diventati particolarmente sentiti in un contesto di maggiore consapevolezza finanziaria, spesso acuita dalle esperienze di volatilità e dalle crisi di mercato. Se l’investimento tradizionale in azioni singole offre il fascino della partecipazione diretta alla vita di un’azienda e la promessa di rendimenti potenzialmente elevati, esso comporta anche sfide significative in termini di selezione, gestione del rischio e impegno temporale. La proliferazione degli ETF, con la loro capacità di replicare interi indici di mercato o specifici settori e temi, ha democratizzato l’accesso a strategie di investimento prima appannaggio di investitori istituzionali o più facoltosi. Tuttavia, la scelta tra queste due modalità operative è tutt’altro che scontata e richiede una comprensione approfondita delle rispettive caratteristiche e implicazioni.

L’obiettivo del presente report è fornire un’analisi comparativa rigorosa e dettagliata tra l’investimento in ETF e l’acquisto diretto di azioni. Questa analisi si fonderà su dati quantitativi, evidenze empiriche tratte da studi accademici e report di settore, con un’attenzione specifica alle peculiarità del contesto italiano, in particolare per quanto concerne gli aspetti fiscali e i profili comportamentali degli investitori. Si intende offrire all’investitore consapevole gli strumenti per comprendere appieno le dinamiche di rischio/rendimento, i costi associati, le implicazioni fiscali e i fattori psicologici che possono influenzare le decisioni di investimento, permettendo così una scelta più informata e strategica.

Il report si articolerà attraverso una disamina iniziale delle caratteristiche distintive di ETF e azioni, per poi procedere a un confronto dettagliato su aspetti cruciali quali la diversificazione, i costi, il potenziale di rendimento, l’impegno richiesto e il regime fiscale italiano. Una sezione significativa sarà dedicata alla presentazione di studi comparativi chiave che hanno analizzato la performance storica degli investitori individuali e della gestione attiva rispetto agli approcci passivi. Infine, si esplorerà il contesto italiano in termini di alfabetizzazione finanziaria e comportamento degli investitori, per poi trarre delle conclusioni e delineare raccomandazioni pratiche.

2. Capire gli Strumenti: ETF vs Azioni Singole

Prima di addentrarsi in un confronto dettagliato, è fondamentale comprendere la natura e il funzionamento dei due strumenti di investimento al centro di questa analisi: gli Exchange Traded Funds (ETF) e le azioni singole.

2.1. Exchange Traded Funds (ETF)

Gli ETF, acronimo di Exchange Traded Funds, sono fondi d’investimento o SICAV (Società di Investimento a Capitale Variabile) la cui caratteristica distintiva è quella di essere negoziati in Borsa esattamente come le normali azioni.1 Quando si acquista un ETF, si compra di fatto un “paniere” di titoli 1, che mira a replicare la composizione e, di conseguenza, la performance di un determinato indice di mercato, detto benchmark.1

Meccanismo di Funzionamento

Il funzionamento degli ETF si basa su alcuni pilastri fondamentali:

  • Replica dell’Indice: La stragrande maggioranza degli ETF adotta una strategia di gestione passiva. Ciò significa che il gestore del fondo non cerca di “battere” il mercato attraverso la selezione attiva dei titoli, ma si limita a replicare il più fedelmente possibile l’andamento dell’indice di riferimento.1 Se, ad esempio, un ETF replica l’indice S&P 500, il suo portafoglio sarà composto dai titoli delle 500 società incluse in tale indice, ponderati in modo analogo. Questa strategia si contrappone alla gestione attiva, tipica di molti fondi comuni tradizionali, che comporta costi di analisi e gestione generalmente più elevati.3
  • Creazione/Rimborso delle Quote: Un meccanismo cruciale per il corretto funzionamento degli ETF è il processo di creazione e rimborso delle quote, che avviene sul mercato primario e coinvolge figure specializzate chiamate Partecipanti Autorizzati (AP).6 Gli AP possono scambiare con l’emittente dell’ETF un paniere di titoli (rappresentativo dell’indice) in cambio di nuove quote dell’ETF (creazione) o, viceversa, consegnare quote dell’ETF per ricevere in cambio i titoli sottostanti (rimborso). Questo processo di creazione/rimborso “in natura” contribuisce a mantenere il prezzo di mercato dell’ETF strettamente allineato al suo Net Asset Value (NAV), ovvero il valore effettivo del patrimonio netto del fondo per quota, limitando i disallineamenti e le opportunità di arbitraggio prolungate.8
  • Negoziazione: Sul mercato secondario, ovvero la Borsa, gli ETF vengono acquistati e venduti dagli investitori come normali azioni, attraverso un intermediario (banca o broker).1 Il prezzo varia continuamente durante la giornata di negoziazione in base alla domanda e all’offerta.

Principali Tipologie di ETF

L’universo degli ETF è estremamente variegato e in continua espansione, offrendo soluzioni per quasi ogni esigenza di investimento. Le principali categorie includono:

  • Basate sull’Asset Class:
  • ETF Azionari: Replicano indici di azioni, che possono essere globali (es. MSCI World), regionali (es. Euro Stoxx 50), nazionali (es. FTSE MIB, S&P 500), o specifici per dimensione aziendale (large, mid, small cap) o stile (value, growth).4
  • ETF Obbligazionari: Investono in un paniere di titoli di debito, come titoli di Stato (governativi), obbligazioni societarie (corporate bond), obbligazioni indicizzate all’inflazione, o di mercati emergenti.4
  • ETF su Materie Prime: Permettono di investire in commodities come oro, petrolio, metalli industriali o prodotti agricoli, sia attraverso la detenzione fisica del sottostante (per alcuni metalli preziosi) sia tramite contratti derivati (futures).4
  • ETF Settoriali e Tematici: Si concentrano su specifici settori economici (es. tecnologia, finanza, sanità, energia) o su megatrend di investimento (es. intelligenza artificiale, energie rinnovabili, cybersecurity, invecchiamento della popolazione).4
  • Basate sulla Strategia di Replica:
  • ETF a Replica Fisica: Il fondo acquista direttamente tutti o un campione rappresentativo (campionamento o sampling) dei titoli che compongono l’indice.4 La replica fisica completa è la più trasparente, mentre il campionamento è usato per indici molto ampi o con componenti poco liquide.
  • ETF a Replica Sintetica: Il fondo non detiene direttamente i titoli dell’indice, ma stipula un contratto di swap (un tipo di derivato) con una controparte finanziaria (solitamente una banca d’investimento). La controparte si impegna a fornire al fondo il rendimento dell’indice, in cambio di una commissione e del rendimento di un paniere di attivi detenuti dall’ETF (collaterale).4 Questa modalità può avere costi inferiori per alcuni indici di difficile accesso, ma introduce un rischio di controparte, sebbene la normativa UCITS in Europa limiti l’esposizione verso una singola controparte al 10% del patrimonio dell’ETF.11
  • Basate sulla Politica dei Proventi:
  • ETF ad Accumulazione (ACC): I dividendi o le cedole staccati dai titoli in portafoglio vengono automaticamente reinvestiti all’interno del fondo stesso, incrementando il valore della quota dell’ETF.4 Questo tipo di ETF è spesso preferito per strategie di crescita a lungo termine, in quanto massimizza l’effetto della capitalizzazione composta e può offrire vantaggi fiscali in termini di differimento dell’imposizione (vedi sezione sulla fiscalità).
  • ETF a Distribuzione (DIST o INC): I proventi (dividendi o cedole) vengono distribuiti periodicamente (es. trimestralmente, semestralmente, annualmente) agli investitori.4 Possono essere adatti a chi cerca un flusso di reddito periodico dal proprio investimento.
  • Altre Classificazioni:
  • ETF Hedged (con copertura valutaria): Utilizzano strumenti derivati per neutralizzare l’impatto delle fluttuazioni dei tassi di cambio tra la valuta di denominazione dell’ETF e le valute dei titoli sottostanti. Utili per chi vuole evitare il rischio di cambio, ma comportano costi aggiuntivi.4
  • ETF Non-Hedged: Non offrono copertura dal rischio di cambio, esponendo l’investitore alle variazioni valutarie.4
  • ETF Smart Beta (o Fattoriali): Invece di replicare un indice ponderato per la capitalizzazione di mercato, questi ETF seguono indici costruiti sulla base di specifici “fattori” di rendimento identificati dalla ricerca accademica (es. value, size, momentum, quality, low volatility) o altre strategie alternative.4 L’obiettivo è cercare di ottenere performance migliori o un profilo di rischio/rendimento più attraente rispetto agli indici tradizionali.

La straordinaria ampiezza dell’offerta di ETF 1 rappresenta indubbiamente una grande opportunità per gli investitori, consentendo l’accesso a una gamma vastissima di mercati e strategie con relativa semplicità. Tuttavia, questa stessa abbondanza può trasformarsi in una fonte di complessità. La scelta dell’ETF “giusto” non è banale: ETF tematici o settoriali, ad esempio, possono essere molto più volatili di un ETF azionario globale, e gli ETF di nicchia potrebbero soffrire di scarsa liquidità o costi più elevati.15 La facilità con cui si può acquistare un ETF può quindi mascherare la necessità di un’attenta analisi preliminare per comprendere appieno le caratteristiche, i rischi e i costi dello strumento specifico, come suggerito anche dalla raccomandazione di rivolgersi a un consulente professionale in caso di dubbi.1

ETF o Azioni Cosa Scegliere

2.2. Azioni Singole

Investire direttamente in azioni singole significa acquistare quote di partecipazione al capitale di una specifica società, diventandone di fatto soci.16 Ogni azione rappresenta una frazione della proprietà dell’azienda e conferisce al suo possessore determinati diritti e oneri.

Diritti dell’Azionista

I diritti associati al possesso di azioni possono essere di natura patrimoniale e amministrativa:

  • Diritto agli Utili (Dividendi): Se la società realizza profitti e il consiglio di amministrazione delibera la distribuzione, l’azionista ha diritto a ricevere una quota di tali utili, proporzionale al numero di azioni possedute, sotto forma di dividendo.16 Non tutte le società distribuiscono dividendi; alcune, specialmente quelle in forte crescita, preferiscono reinvestire gli utili per finanziare l’espansione.
  • Diritto di Voto: Tipicamente, le azioni ordinarie conferiscono il diritto di partecipare e votare nelle assemblee societarie su materie importanti come l’approvazione del bilancio, la nomina degli amministratori o operazioni straordinarie.16 Il peso del voto è proporzionale al numero di azioni detenute. Esistono però diverse categorie di azioni che possono modulare questo diritto:
  • Azioni Ordinarie: Conferiscono pieni diritti patrimoniali e amministrativi.
  • Azioni Privilegiate: Offrono privilegi nella ripartizione degli utili e/o nel rimborso del capitale in caso di liquidazione della società, ma possono avere limitazioni nel diritto di voto.16
  • Azioni di Risparmio: Destinate tipicamente al pubblico retail, non danno diritto di voto nelle assemblee ordinarie ma garantiscono privilegi di natura patrimoniale (es. dividendo minimo garantito o maggiorato).16
  • Azioni a Voto Plurimo/Maggiorato: In alcuni ordinamenti e a certe condizioni, possono attribuire più di un voto per azione, spesso per premiare azionisti di lungo periodo o per mantenere il controllo da parte dei fondatori.16

Modalità di Acquisto e Gestione

L’acquisto di azioni può avvenire attraverso diversi canali:

  • Mercato Primario: Si acquistano azioni direttamente dalla società emittente al momento della loro prima emissione sul mercato, tipicamente durante un’Offerta Pubblica Iniziale (IPO).16
  • Mercato Secondario: È il mercato borsistico (come Euronext Milan gestito da Borsa Italiana S.p.A.) dove gli investitori scambiano azioni già in circolazione. L’acquisto e la vendita avvengono tramite intermediari autorizzati (banche, SIM, broker online).16
  • Piattaforme di Trading Online: La modalità oggi più diffusa per gli investitori individuali è l’utilizzo di piattaforme di trading online offerte da broker o banche, che consentono di inserire ordini di acquisto e vendita in autonomia.17
  • Stock Picking: Con questo termine si intende il processo attivo di selezione delle singole azioni da includere nel proprio portafoglio, basato sull’analisi fondamentale (bilanci, prospettive di crescita, settore, management), sull’analisi tecnica (studio dei grafici dei prezzi e dei volumi) o su altre strategie.18

L’investimento diretto in azioni offre un forte senso di “proprietà” e controllo sulle proprie scelte 17, che può essere psicologicamente gratificante. L’azionista decide quali aziende finanziare e diventa partecipe, seppur in minima parte, delle loro sorti. Tuttavia, questo controllo diretto amplifica l’esposizione dell’investitore ai propri bias cognitivi (come l’eccessiva fiducia nelle proprie capacità di selezione) e impone un onere analitico e di monitoraggio continuo notevolmente più gravoso rispetto all’investimento in strumenti diversificati come gli ETF. La performance di una singola azione è intrinsecamente legata al successo o al fallimento di una singola entità aziendale 18, il che richiede una profonda comprensione dei fondamentali dell’azienda e del contesto competitivo in cui opera.17 Costruire e mantenere un portafoglio diversificato attraverso l’acquisto di numerose azioni singole può inoltre risultare dispendioso in termini di tempo e costi di transazione.20

3. Analisi Comparativa Dettagliata

Dopo aver delineato le caratteristiche fondamentali di ETF e azioni singole, è possibile procedere a un confronto diretto su alcuni aspetti chiave che influenzano la decisione di investimento: diversificazione e gestione del rischio, costi, rendimento atteso e performance storiche, impegno e conoscenze richieste, fattori comportamentali, aspetti fiscali specifici per l’investitore italiano, e flessibilità e liquidità.

3.1. Diversificazione e Gestione del Rischio

La diversificazione è uno dei principi cardine dell’investimento moderno, essenziale per mitigare il rischio e perseguire rendimenti stabili nel medio-lungo periodo.1

ETF come Strumento di Diversificazione Immediata

Gli ETF eccellono nell’offrire una diversificazione istantanea. Con l’acquisto di una singola quota di un ETF, l’investitore accede a un paniere che può contenere decine, centinaia o addirittura migliaia di titoli diversi 15, rappresentativi di un intero mercato, settore o area geografica.1 Questo meccanismo riduce drasticamente il rischio specifico (o idiosincratico), ovvero quello legato alle sorti di una singola azienda (es. fallimento, scandali, perdita di quote di mercato). Se una delle società incluse nell’indice replicato dall’ETF dovesse attraversare difficoltà significative, l’impatto sul valore complessivo dell’ETF sarebbe limitato dalla presenza di numerosi altri titoli.

Azioni Singole e Rischio di Concentrazione

Al contrario, l’investimento in un numero limitato di azioni singole espone l’investitore a un elevato rischio di concentrazione.18 La performance del portafoglio diventa fortemente dipendente dall’andamento di poche aziende. In scenari estremi, il fallimento di una società in cui si è investita una quota significativa del proprio capitale può portare alla perdita totale di quell’investimento specifico.18 Sebbene sia teoricamente possibile costruire un portafoglio diversificato acquistando singole azioni, ciò richiede un capitale iniziale più cospicuo, un impegno analitico notevole per selezionare un numero adeguato di titoli de-correlati tra loro, e comporta costi di transazione più elevati per ogni operazione di acquisto.20

Volatilità Comparata

La diversificazione intrinseca degli ETF si traduce, generalmente, in una minore volatilità rispetto alle singole azioni.15 Le fluttuazioni di prezzo di un ETF tendono a essere più smorzate perché riflettono la media ponderata dei movimenti di molti titoli. Le singole azioni, invece, possono sperimentare oscillazioni di prezzo (“fluttuare più selvaggiamente” 22) ben più ampie, sia al rialzo che al ribasso, in risposta a notizie specifiche sull’azienda o sul settore.

Il concetto di beta misura la volatilità di un titolo o di un portafoglio rispetto al mercato nel suo complesso. Un ETF che replica fedelmente un indice di mercato avrà un beta prossimo a 1.18 Le singole azioni, invece, possono avere un beta superiore a 1 (titoli “aggressivi”, che tendono ad amplificare i movimenti del mercato) o inferiore a 1 (titoli “difensivi”, meno sensibili alle fluttuazioni generali).18

Esempi numerici illustrano come la diversificazione impatti la volatilità: un portafoglio composto per il 70% da azioni e per il 30% da obbligazioni (una diversificazione tra asset class facilmente realizzabile con ETF) ha storicamente mostrato un maximum drawdown (massima perdita da un picco a un minimo) del -33%, a fronte di un -49% per un portafoglio investito al 100% in azioni, pur con rendimenti annui simili (5.1% vs 5.0%).26 Allo stesso modo, portafogli con quote azionarie crescenti (es. 10%, 20%) tramite ETF mostrano drawdown massimi crescenti.26 Per una diversificazione efficace, si suggerisce di includere almeno due ETF con focus geografici o settoriali differenti (es. MSCI World per i paesi sviluppati e MSCI Emerging Markets per i mercati emergenti) e di considerare l’inserimento di ETF obbligazionari per smorzare ulteriormente la volatilità complessiva del portafoglio.27

Rischi Specifici degli ETF

Nonostante i benefici della diversificazione, gli ETF non sono esenti da rischi:

  • Rischio di Mercato (Sistematico): È il rischio che l’intero mercato o segmento di mercato in cui l’ETF investe subisca un calo. Questo rischio non può essere eliminato dalla diversificazione interna all’ETF e riguarda tutti gli investimenti azionari.6
  • Rischio di Valuta: Per gli ETF che investono in titoli denominati in valute diverse da quella dell’investitore (es. un italiano che investe in un ETF sull’S&P 500, i cui titoli sono in USD), le fluttuazioni del tasso di cambio possono impattare il rendimento finale, a meno che l’ETF non sia specificamente “hedged” (con copertura valutaria).4
  • Rischio di Liquidità: Sebbene la maggior parte degli ETF su indici principali sia molto liquida, alcuni ETF più specializzati, di nicchia o con bassi volumi di gestione (Assets Under Management, AUM) possono presentare volumi di scambio ridotti. Ciò può tradursi in spread denaro-lettera (differenza tra prezzo di acquisto e di vendita) più ampi e difficoltà a vendere rapidamente le quote al prezzo desiderato in momenti di stress di mercato.15 La liquidità di un ETF è anche intrinsecamente legata alla liquidità dei titoli sottostanti che compongono l’indice.6
  • Tracking Error: Misura la discrepanza tra la performance dell’ETF e quella del suo indice di riferimento. Idealmente dovrebbe essere minimo, ma può essere influenzato dai costi, dalla politica di gestione dei dividendi, dal metodo di replica e dall’efficienza del gestore.9
  • Rischio di Controparte: Riguarda principalmente gli ETF a replica sintetica. Consiste nel rischio che la controparte dello swap (solitamente una banca d’investimento) non sia in grado di onorare i propri impegni. La normativa europea UCITS mitiga questo rischio imponendo limiti all’esposizione (massimo 10% del patrimonio dell’ETF per singola controparte) e requisiti di collateralizzazione.4

La seguente tabella riassume le principali differenze in termini di rischio e volatilità:

Tabella 3.1: Confronto Rischio e Volatilità – Azioni Singole vs. ETF Azionario Globale

CaratteristicaAzione Singola (es. Titolo X)Portafoglio di Poche Azioni (es. 3-5 titoli)ETF Azionario Globale (es. MSCI World)
Rischio Specifico EmittenteAltoMedio-AltoMolto Basso/Trascurabile
Rischio di Mercato (Sistematico)AltoAltoAlto
Volatilità Tipica (Dev. Std.)Potenzialmente molto alta (es. >20% 30)Potenzialmente altaModerata (es. 15-20% per indici azionari globali)
Beta Medio (vs Mercato di Riferimento)Variabile (può essere >1 o <1)Media dei Beta dei titoliCirca 1 18
Potenziale Perdita Massima (da fallimento singolo)100% dell’investimento nel titoloSignificativa se un titolo fallisceMolto limitato
Necessità di Diversificazione AttivaCruciale e onerosaImportante e onerosaIntrinseca nello strumento

Questa tabella evidenzia come l’ETF, pur non eliminando il rischio di mercato a cui tutti gli investimenti azionari sono esposti, riesca a neutralizzare efficacemente il rischio specifico legato al singolo emittente, che può invece avere conseguenze catastrofiche per un portafoglio concentrato su poche azioni. La diversificazione offerta dall’ETF si traduce in una volatilità generalmente più contenuta e prevedibile rispetto alla selezione di singoli titoli.

È importante notare che la facilità con cui gli ETF permettono di diversificare può, paradossalmente, indurre un falso senso di sicurezza. Se un investitore costruisce un portafoglio composto esclusivamente da ETF tematici o settoriali altamente correlati tra loro (ad esempio, un ETF sulla tecnologia, uno sull’intelligenza artificiale e uno sui semiconduttori), potrebbe di fatto annullare i benefici della diversificazione a livello di portafoglio complessivo. Sebbene ogni singolo ETF sia internamente diversificato, l’intero portafoglio risulterebbe concentrato su un unico macro-trend o fattore di rischio. Durante una crisi specifica di quel settore, tutti gli ETF potrebbero subire perdite significative simultaneamente. Pertanto, una vera diversificazione con gli ETF richiede una comprensione delle correlazioni tra i diversi indici replicati e una costruzione attenta del portafoglio che vada oltre la semplice somma di più strumenti.27

3.2. Costi dell’Investimento

L’analisi dei costi è un elemento cruciale nella scelta di uno strumento finanziario, poiché i costi erodono direttamente i rendimenti nel tempo.

Costi degli ETF

I costi associati agli ETF si possono dividere in diverse categorie:

  • Total Expense Ratio (TER): È il costo principale e più visibile, espresso come percentuale annua del patrimonio del fondo. Il TER copre le spese di gestione (anche se passiva, richiede comunque un’attività di ribilanciamento e amministrazione), custodia dei titoli, costi di licenza per l’utilizzo dell’indice, spese di distribuzione e altri costi operativi.3 I TER degli ETF sono generalmente molto competitivi:
  • ETF obbligazionari: circa 0.15%-0.21%.31
  • ETF azionari su indici principali (es. S&P 500, MSCI World): circa 0.05%-0.31%.31
  • ETF su mercati emergenti, materie prime, settoriali o tematici: possono variare da 0.35% a 0.64% o anche di più, a causa della maggiore complessità o minore liquidità dei sottostanti.5
  • Costi non inclusi nel TER: È fondamentale essere consapevoli che il TER non rappresenta la totalità dei costi. Altri oneri possono includere:
  • Commissioni di Negoziazione (o di Intermediazione): Pagate al proprio broker o banca per ogni operazione di acquisto o vendita dell’ETF sul mercato secondario.3 Queste variano a seconda dell’intermediario.
  • Spread Denaro-Lettera (Bid-Ask Spread): È la differenza tra il prezzo a cui si può vendere (denaro o bid) e il prezzo a cui si può acquistare (lettera o ask) un ETF. Rappresenta un costo implicito di transazione, generalmente più basso per ETF molto liquidi.20
  • Costi di Transazione Interni al Fondo: Costi sostenuti dal fondo stesso per acquistare e vendere i titoli sottostanti durante le operazioni di ribilanciamento dell’indice. Questi sono inclusi nella performance del fondo ma non esplicitati nel TER.32
  • Commissioni di Swap: Per gli ETF a replica sintetica, sono i costi del contratto di swap.32
  • Imposte: Tasse sui capital gain e sui dividendi, che variano a seconda della giurisdizione fiscale dell’investitore e della struttura dell’ETF (vedi sezione sulla fiscalità).3

Costi delle Azioni Singole

L’investimento diretto in azioni presenta una struttura di costi differente:

  • Assenza di TER: Le azioni singole non hanno un Total Expense Ratio, in quanto non vi è un gestore di fondo da remunerare per la gestione di un paniere.18 Questo è spesso percepito come un vantaggio.
  • Commissioni di Negoziazione: Analogamente agli ETF, ogni acquisto o vendita di azioni comporta il pagamento di una commissione al broker.19 Queste commissioni possono essere fisse per operazione, variabili in base al controvalore, o una combinazione delle due. Per gli investitori italiani, alcuni esempi di strutture commissionali di broker noti sono:
  • Directa: Offre profili con commissioni fisse (es. 5€ per eseguito su Borsa Italiana) o variabili (es. 0,19‰ del controvalore, con minimi e massimi).34
  • FinecoBank: Propone piani commissionali decrescenti in base al volume di commissioni generate o al controvalore. Le commissioni per azioni ed ETF su mercati italiani possono variare da 19€ a 2,95€ per ordine. Esiste anche un Conto Trading con commissioni percentuali (0,19%, min 2,95€ – max 19€) e piani di accumulo (PAC) in ETF con canoni mensili (es. da 2,95€/mese per 1 ETF).35 Offre anche promozioni su alcuni ETF con commissioni di acquisto azzerate.36 Per i clienti under 30, le commissioni possono essere particolarmente vantaggiose (es. 2,95€ per ordine).36
  • Intesa Sanpaolo (tramite internet banking): Commissioni pari allo 0,24% dell’eseguito, con un minimo di 3,5€ per mercati domestici e 11€ per mercati esteri.35
  • Banca Sella (per conti online): Può applicare commissioni dello 0,55% (min 9€), ma offre anche profili di trading con commissioni variabili più competitive (a partire da 2€ per operazione).35
  • Spread Denaro-Lettera: Anche per le azioni esiste uno spread tra prezzo di acquisto e di vendita, che rappresenta un costo implicito.20

Impatto dei Costi sul Rendimento a Lungo Termine

I costi, anche se apparentemente piccoli, hanno un impatto cumulativo enorme sui rendimenti a lungo termine a causa dell’effetto della capitalizzazione composta (o, in questo caso, “de-composta”). Commissioni più basse, tipiche degli ETF passivi rispetto ai fondi a gestione attiva, si traducono in una maggiore porzione di rendimento che rimane all’investitore.3 Uno studio ha mostrato come una differenza di costo annuo dell’1,72% tra un fondo attivo e un ETF possa portare, su un investimento iniziale di 100.000€, a un capitale finale dopo 10 anni di 237.000€ per il fondo contro i 279.000€ per l’ETF.38 Anche differenze minime nel TER, dell’ordine di pochi decimi di punto percentuale, possono fare una grande differenza su orizzonti temporali di decenni.5

La seguente tabella illustra un’analisi comparativa dei costi stimati su un orizzonte di 10 anni:

Tabella 3.2: Analisi Comparativa dei Costi – ETF vs. Azioni (Esempio 10 anni, investimento 10.000€)

Tipologia di CostoETF Az. Globale (TER 0.2%)Azione Singola (Trading Frequente: 10 acq/vendite anno)Azione Singola (Buy & Hold: 5 titoli, 1 acq/vendita per titolo)
Costo Iniziale (Comm. Acquisto)5€ (1 transazione)25€ (5 transazioni x 5€)25€ (5 transazioni x 5€)
Costi Annuali (TER)20€/anno (0.2% su 10.000€)0€0€
Costi Trans. Annuali (Trading)0€ (ipotesi buy & hold)50€/anno (10 transazioni x 5€)0€
Costo Finale (Comm. Vendita)5€ (1 transazione)25€ (5 transazioni x 5€)25€ (5 transazioni x 5€)
Costo Totale Stimato su 10 anni210€550€50€

Nota: Le commissioni di transazione sono ipotizzate a 5€ per eseguito (valore plausibile per alcuni profili Directa o Fineco in promozione). Per “Trading Frequente” si ipotizza l’acquisto di 5 titoli e la loro vendita entro l’anno, ripetuto ogni anno. Per “Buy & Hold Azioni” si ipotizza l’acquisto iniziale di 5 titoli per diversificare e la loro vendita dopo 10 anni. Il TER dell’ETF è calcolato sul capitale iniziale per semplicità; in realtà si applicherebbe sul valore corrente.

Questa tabella, pur essendo una semplificazione, dimostra che lo stock picking attivo può diventare significativamente costoso a causa delle commissioni di transazione accumulate 20, potenzialmente superando il costo di un ETF a basso TER detenuto per lo stesso periodo. Anche una strategia buy and hold con azioni singole, se volta a una minima diversificazione (es. 5 titoli), comporta costi di transazione iniziali e finali superiori all’acquisto e vendita di un singolo ETF che offre già ampia diversificazione. Questo sfata il mito che le azioni siano intrinsecamente “gratuite” solo perché prive di TER.

Un aspetto da considerare è la “gratuità” apparente offerta da alcune piattaforme di trading a zero commissioni per le azioni.24 Sebbene ciò possa sembrare vantaggioso, tali piattaforme devono comunque generare ricavi, che possono derivare da spread denaro-lettera meno competitivi, dal payment for order flow (PFOF, una pratica in cui i broker vengono pagati per instradare gli ordini dei clienti a specifici market maker), o dal cross-selling di altri prodotti. Inoltre, l’assenza di commissioni esplicite potrebbe incentivare un comportamento di overtrading (scambi eccessivi), che, come dimostrato dagli studi di Barber & Odean, è tipicamente dannoso per i rendimenti degli investitori individuali.40 Gli ETF, con il loro TER esplicito, presentano un costo chiaro e trasparente. Per un investitore disciplinato con una strategia buy-and-hold, un ETF a basso TER può quindi risultare complessivamente più economico e comportamentalmente meno rischioso rispetto all’investimento in azioni “senza commissioni” che potrebbero spingere a un trading più frequente e potenzialmente erratico. La focalizzazione esclusiva sulle commissioni di transazione esplicite può essere fuorviante; è cruciale considerare il costo totale di possesso (Total Cost of Ownership – TCO) e l’impatto che la struttura dei costi può avere sul comportamento dell’investitore.

3.3. Rendimento Atteso e Performance Storiche

Le aspettative di rendimento e le performance storiche sono fattori determinanti nelle scelte di investimento, sebbene sia fondamentale ricordare che i rendimenti passati non sono garanzia di risultati futuri.

Potenziale di Rendimento

  • Azioni Singole: Teoricamente, l’investimento in singole azioni offre il potenziale di rendimento più elevato. Se un investitore riesce a identificare e acquistare azioni di società che registrano una crescita eccezionale (le cosiddette “market beating stocks” o “story stocks”), i guadagni possono essere significativi, anche multipli del capitale investito.18 Tuttavia, questo elevato potenziale di guadagno è speculare a un altrettanto elevato potenziale di perdita. La selezione di tali titoli vincenti è estremamente difficile e richiede notevoli capacità analitiche, fortuna, o entrambe.
  • ETF: Gli ETF, nella loro forma più comune a gestione passiva, non mirano a sovraperformare il mercato, ma a replicarne fedelmente il rendimento, al netto dei costi di gestione (TER) e di transazione.1 Il rendimento di un ETF sarà quindi strettamente correlato a quello dell’indice sottostante. L’obiettivo non è “battere il mercato”, ma “essere il mercato” in modo efficiente ed economico.

Performance Storiche Medie

L’analisi delle performance storiche fornisce un contesto utile, sebbene con le dovute cautele:

  • Azioni vs. Obbligazioni vs. Liquidità (Lungo Periodo): Su orizzonti temporali molto lunghi, le azioni come asset class hanno storicamente generato rendimenti significativamente superiori rispetto alle obbligazioni e alla liquidità. Uno studio che copre il periodo 1900-2023 ha mostrato che 1 dollaro investito in azioni statunitensi sarebbe cresciuto a 3.230 dollari (rendimento reale), mentre lo stesso dollaro investito in obbligazioni sarebbe diventato 9 dollari e in liquidità solo 2 dollari.13
  • Performance di Indici Azionari (replicabili tramite ETF):
  • S&P 500 (USA): Ha registrato un rendimento medio annuo composto storicamente intorno al 10-11% lordo.13 Ad esempio, un investimento di 10.000€ in un ETF sull’S&P 500 nel 1992 si sarebbe trasformato in oltre 210.000€-270.000€ alla fine del 2022 o 2024, a seconda delle fonti e del periodo esatto.28
  • MSCI World (Paesi Sviluppati Globali): Ha generato un rendimento medio annuo di circa l’8.3% nel periodo 1992-2024.13
  • Performance di Indici Obbligazionari (replicabili tramite ETF): I rendimenti storici degli ETF obbligazionari sono stati generalmente inferiori a quelli azionari, ma con minore volatilità. Ad esempio, l’indice FTSE World Government Bond G7 ha reso circa il 4.0% annuo nel periodo 1992-2024.13
  • Volatilità Associata ai Rendimenti: È cruciale associare questi rendimenti storici alla volatilità. Le azioni, pur offrendo rendimenti medi più elevati, presentano una volatilità (misurata ad esempio dalla deviazione standard dei rendimenti) e drawdown massimi (massime perdite da un picco) significativamente maggiori rispetto alle obbligazioni.13 La volatilità media di lungo termine per un titolo azionario si attesta intorno al 20%, mentre per le obbligazioni è circa il 4%.30

Studi sulla Sottoperformance dello Stock Picking e della Gestione Attiva

Come verrà approfondito nella Sezione 4, numerosi studi dimostrano che la maggior parte degli investitori individuali che praticano lo stock picking e la maggioranza dei fondi a gestione attiva non riescono a sovraperformare i rispettivi benchmark di mercato (e quindi gli ETF passivi che li replicano) nel lungo periodo, una volta considerati i costi e i rischi.10

La tabella seguente offre un confronto dei rendimenti storici e della volatilità per alcune asset class chiave:

Tabella 3.3: Confronto Rendimenti Storici Annualizzati e Volatilità

Asset/Indice (replicabile tramite ETF)Periodo di RiferimentoRendimento Medio Annuo Lordo (%)Volatilità (Dev. Std. %)Max Drawdown (%)Fonte Dati Principale
S&P 5001992-202411.0~15-20 (storica)-49 (crisi 2008-09, per portafoglio 100% azioni 26)13
MSCI World1992-20248.3~14-18 (storica)Simile a S&P 50013
Azioni Mercati Emergenti (MSCI EM)1987-2024 (circa)10.0521.17-56.154
Obbligazioni Globali Gov. (FTSE WGBI G7)1992-20244.0~4-6 (storica, es. 4% 30)Basso13
Liquidità (Conto di Risparmio)1900-20230.5 (reale)Molto BassaMinimo13

Questa tabella quantifica il trade-off rischio/rendimento. Le azioni, accessibili tramite ETF su indici, hanno storicamente offerto i rendimenti più elevati, ma al prezzo di una maggiore volatilità e di potenziali ribassi significativi. Le obbligazioni hanno fornito rendimenti più modesti ma con maggiore stabilità. Comprendere questi dati aiuta a calibrare le aspettative e a riconoscere che il tentativo di “battere il mercato” con lo stock picking è un’impresa ardua, come dimostrano le statistiche sulla performance media degli investitori attivi.

La notevole sovraperformance di alcuni mercati specifici, come l’S&P 500 statunitense negli ultimi decenni 13, può indurre gli investitori a un recency bias, ovvero a dare un peso eccessivo agli eventi recenti, portandoli a concentrare i propri investimenti in ETF che replicano tali mercati. Sebbene questa strategia possa aver pagato nel recente passato, la leadership di mercato tende a essere ciclica. In periodi precedenti, altri mercati (come il Giappone negli anni ’80 o i mercati emergenti in determinate fasi) hanno sovraperformato gli Stati Uniti. Un ETF veramente globale (come quelli basati su indici MSCI ACWI o FTSE All-World 7) offre una diversificazione geografica e valutaria intrinseca che, pur potendo comportare rendimenti leggermente inferiori a un mercato singolo in forte ascesa in un dato periodo, mitiga il rischio di declino di un’unica area geografica e mira a catturare la crescita ovunque essa si manifesti nel lungo termine. La scelta di un ETF non dovrebbe quindi basarsi unicamente sulla performance storica più eclatante e recente, ma su una strategia di diversificazione globale robusta, specialmente per orizzonti di investimento estesi.42

3.4. Impegno, Conoscenze e Fattori Comportamentali

L’approccio all’investimento, sia esso tramite ETF o azioni singole, richiede diversi livelli di impegno, conoscenze e consapevolezza dei propri meccanismi psicologici.

Tempo e Competenze Richieste

  • Stock Picking: La selezione di singole azioni (stock picking) è un’attività intrinsecamente dispendiosa in termini di tempo e richiede un solido bagaglio di competenze.18 L’investitore deve dedicarsi all’analisi fondamentale (studio dei bilanci societari, dei vantaggi competitivi, della qualità del management, delle prospettive del settore), all’analisi tecnica (interpretazione di grafici e volumi per identificare trend e pattern di prezzo), e al monitoraggio costante delle aziende in portafoglio e del contesto macroeconomico. Senza un impegno significativo in questa attività di ricerca e valutazione continua, le probabilità di successo si riducono drasticamente.22
  • ETF: L’investimento in ETF, specialmente se adottato con una strategia passiva di lungo periodo (buy and hold), richiede generalmente un impegno di tempo e un livello di conoscenze finanziarie specifiche inferiori.2 La fase di analisi si concentra sulla scelta dell’indice (e quindi dell’ETF) più adatto ai propri obiettivi e al proprio profilo di rischio, e sulla definizione di un’asset allocation strategica. Una volta effettuato l’investimento, il monitoraggio può essere meno intensivo, focalizzandosi su ribilanciamenti periodici piuttosto che sulla performance delle singole componenti dell’indice.2

Finanza Comportamentale e Impatto sulle Decisioni

La finanza comportamentale studia come i fattori psicologici influenzano le decisioni degli investitori, spesso portandoli a comportamenti irrazionali e a risultati subottimali.

  • Overconfidence (Eccessiva Fiducia): È uno dei bias più documentati. Gli investitori individuali, in particolare, tendono a sovrastimare le proprie capacità di selezionare titoli vincenti e di prevedere i movimenti del mercato.12 Questa eccessiva sicurezza porta spesso a un trading eccessivo, che a sua volta genera costi di transazione elevati e, come dimostrato dagli studi seminali di Barber & Odean, a una significativa sottoperformance rispetto ai benchmark di mercato.40
  • Disposition Effect (Effetto Disposizione): Descrive la tendenza degli investitori a vendere troppo presto le azioni che sono in guadagno (“winners”) per realizzare il profitto, e a trattenere troppo a lungo le azioni in perdita (“losers”) nella speranza di un recupero, evitando così il dolore psicologico di ammettere un errore.40 Questo comportamento è dannoso perché spesso i titoli vincenti continuano a salire e quelli perdenti a scendere.
  • Anchoring (Ancoraggio): Gli investitori tendono ad “ancorarsi” a informazioni iniziali, come il prezzo di acquisto di un’azione o un picco di mercato passato, utilizzando questi dati come punto di riferimento per decisioni future, anche quando tali informazioni non sono più rilevanti.47
  • Herding (Comportamento Gregario): È la tendenza a seguire le decisioni di investimento della maggioranza, spesso per paura di essere esclusi da un trend positivo (FOMO – Fear Of Missing Out) o per panico durante le fasi di ribasso. Questo può portare ad acquistare sui massimi di mercato e a vendere sui minimi.47
  • Home Bias (Bias Domestico): Molti investitori mostrano una preferenza ingiustificata per l’investimento in titoli del proprio paese, trascurando i benefici di una diversificazione geografica globale e concentrando eccessivamente il rischio.40
  • Come gli ETF possono mitigare i Bias: La natura intrinsecamente passiva e diversificata degli ETF può contribuire a mitigare l’impatto di alcuni di questi bias. Investire in un ETF che replica un ampio indice di mercato, con una strategia buy and hold, riduce le occasioni per decisioni discrezionali basate su emozioni o tentativi di market timing.12 Gli ETF ad accumulazione, ad esempio, reinvestendo automaticamente i dividendi, eliminano la decisione (e il potenziale bias) su come reimpiegare tali somme.40 Gli ETF globali aiutano a superare l’home bias.

Nonostante i vantaggi strutturali degli ETF nel mitigare alcuni bias, la loro crescente accessibilità e facilità di negoziazione tramite piattaforme online e app 4 possono, paradossalmente, esacerbare altre tendenze comportamentali negative se l’investitore non adotta un approccio disciplinato. La possibilità di scambiare ETF con la stessa facilità delle azioni può tentare gli investitori a fare overtrading o market timing anche con questi strumenti, specialmente con ETF settoriali o tematici che possono essere più volatili e soggetti a mode passeggere. Se un investitore reagisce impulsivamente alle notizie di mercato o alle fluttuazioni di breve termine, la “semplicità” dell’ETF non lo proteggerà dai propri errori. La disciplina e l’adesione a una strategia di investimento a lungo termine ben definita 2 rimangono quindi fondamentali, indipendentemente dallo strumento scelto. La “noia” benefica di un investimento passivo ben gestito 40 deve essere attivamente abbracciata dall’investitore per massimizzarne i vantaggi.

3.5. Aspetti Fiscali per l’Investitore Italiano

La fiscalità gioca un ruolo determinante nel rendimento netto degli investimenti. Per l’investitore persona fisica residente in Italia, il regime fiscale di azioni ed ETF presenta differenze sostanziali, soprattutto per quanto riguarda la natura dei redditi generati e la possibilità di compensare plusvalenze e minusvalenze.

Tassazione dei Capital Gain (Plusvalenze)

  • Azioni: Le plusvalenze realizzate dalla compravendita di azioni sono considerate “redditi diversi di natura finanziaria” e sono soggette a un’imposta sostitutiva del 26%.11
  • ETF Armonizzati (UCITS): Le plusvalenze derivanti dalla vendita di quote di ETF conformi alla direttiva europea UCITS (la stragrande maggioranza di quelli disponibili agli investitori retail italiani) sono qualificate come “redditi di capitale” e anch’esse tassate con un’aliquota del 26%.11 Se l’investitore opera in regime dichiarativo, queste plusvalenze vanno indicate nel quadro RM del Modello Redditi Persone Fisiche.57
  • ETF Non Armonizzati: Questi ETF, meno comuni per gli investitori retail, generano plusvalenze che concorrono a formare il reddito complessivo dell’investitore e sono quindi soggette alle aliquote progressive IRPEF (dal 23% al 43%, a seconda dello scaglione di reddito). Vanno dichiarate nel quadro RL del Modello Redditi.57
  • ETF che investono in Titoli di Stato “White List”: Per la parte di reddito dell’ETF (sia plusvalenza che dividendo) derivante da investimenti in titoli di Stato italiani o di paesi inclusi nella cosiddetta “white list” (paesi che garantiscono un adeguato scambio di informazioni fiscali), la tassazione è agevolata al 12,5% anziché al 26%.11

Tassazione dei Dividendi

  • Azioni Italiane e Estere: I dividendi percepiti da persone fisiche residenti in Italia, derivanti da partecipazioni in società italiane o estere, sono soggetti a una ritenuta a titolo d’imposta (o imposta sostitutiva) del 26%.61 Se i dividendi sono pagati tramite un intermediario finanziario italiano (banca o broker), questo agisce da sostituto d’imposta, trattenendo l’imposta alla fonte. Per i dividendi di fonte estera, è generalmente possibile richiedere un credito d’imposta per le imposte già pagate nello Stato estero, nei limiti previsti dalle convenzioni contro le doppie imposizioni.62
  • ETF a Distribuzione (Armonizzati UCITS): I dividendi distribuiti da questi ETF sono considerati “redditi di capitale” e, analogamente alle plusvalenze, sono tassati con un’aliquota del 26% (con l’eccezione della quota parte derivante da titoli di Stato “white list”, tassata al 12,5%).14
  • ETF a Distribuzione (Non Armonizzati): I dividendi distribuiti da ETF non UCITS concorrono a formare il reddito complessivo IRPEF dell’investitore.57
  • ETF ad Accumulazione: Questi ETF non distribuiscono dividendi, ma li reinvestono automaticamente al loro interno. Questo meccanismo offre un significativo vantaggio di differimento fiscale: i proventi reinvestiti non sono tassati immediatamente, ma concorrono a incrementare il valore della quota dell’ETF. La tassazione avverrà solo al momento della vendita delle quote, sulla plusvalenza complessivamente realizzata. Ciò permette ai rendimenti di capitalizzare in modo più efficiente nel tempo (“tax-deferred compounding”).4

Regime delle Minusvalenze

La gestione delle minusvalenze (perdite da investimento) è uno degli aspetti fiscali più complessi e differenziati:

  • Azioni: Le minusvalenze realizzate dalla vendita di azioni sono “redditi diversi” e possono essere utilizzate per compensare plusvalenze della stessa natura (cioè, altri “redditi diversi” come plusvalenze da altre azioni, da obbligazioni, da certificati, da derivati) realizzate nello stesso periodo d’imposta o nei quattro periodi d’imposta successivi.18 È importante sottolineare che le minusvalenze da azioni (redditi diversi) non possono compensare “redditi di capitale” come i dividendi da azioni, gli interessi da obbligazioni o le plusvalenze da ETF armonizzati.56
  • ETF Armonizzati (UCITS): Qui sorge la principale criticità del sistema fiscale italiano. Mentre le plusvalenze da ETF armonizzati sono considerate “redditi di capitale”, le eventuali minusvalenze derivanti dalla loro vendita sono classificate come “redditi diversi”.11 Questa asimmetria ha una conseguenza molto importante: le plusvalenze realizzate su ETF armonizzati non possono essere compensate con minusvalenze pregresse, né derivanti da altri ETF armonizzati né da azioni o altri strumenti che generano “redditi diversi”. Le minusvalenze generate dalla vendita in perdita di un ETF armonizzato, essendo “redditi diversi”, potranno invece compensare future plusvalenze da azioni, obbligazioni, o altri strumenti che producono “redditi diversi”.11 Questa è una significativa inefficienza fiscale per chi investe prevalentemente in ETF armonizzati.
  • ETF Non Armonizzati: Per questi ETF, sia le plusvalenze (da dichiarare nel quadro RL) sia le minusvalenze (da dichiarare nel quadro RT) sono considerate “redditi diversi”. Di conseguenza, le minusvalenze da ETF non armonizzati possono compensare plusvalenze della stessa natura, incluse quelle da altri ETF non armonizzati o da azioni.57

Regime Amministrato vs. Dichiarativo

L’investitore italiano può scegliere tra due regimi fiscali per la gestione dei propri investimenti:

  • Regime Amministrato: L’intermediario finanziario (banca o broker) presso cui sono detenuti gli strumenti agisce da sostituto d’imposta, calcolando e versando direttamente le imposte dovute su plusvalenze e dividendi.56 È il regime più semplice per l’investitore, che non deve preoccuparsi degli adempimenti dichiarativi. Tuttavia, la compensazione delle minusvalenze è generalmente limitata a quelle realizzate e utilizzabili presso lo stesso intermediario.
  • Regime Dichiarativo: L’investitore riceve i proventi al lordo delle imposte ed è responsabile della loro dichiarazione nel Modello Redditi e del relativo versamento.57 Questo regime è più complesso dal punto di vista amministrativo, ma offre una maggiore flessibilità nella compensazione delle minusvalenze, potendo aggregare quelle realizzate presso diversi intermediari.

IVAFE (Imposta sul Valore delle Attività Finanziarie all’Estero)

Gli investitori che detengono azioni o ETF presso intermediari esteri sono tenuti al pagamento dell’IVAFE, un’imposta patrimoniale pari al 2 per mille (0,2%) annuo del valore di tali attività. L’IVAFE va dichiarata nel quadro RW del Modello Redditi.57

La tabella seguente riassume il complesso regime fiscale:

Tabella 3.5: Riepilogo Regime Fiscale per Investitori Individuali Residenti in Italia

StrumentoTassazione Capital Gain (Aliquota; Natura Reddito)Tassazione Dividendi (Aliquota; Natura Reddito)Compensabilità Minusvalenze con Plusvalenze da: Azioni / ETF Arm. / ETF Non Arm.Quadro Modello Redditi (Dichiarativo)
Azione26%; Redditi Diversi26%; Redditi di CapitaleSÌ / NO / SÌRT (plus/minus), RM (dividendi se non c’è sostituto)
ETF Armonizzato26% (o 12,5% p.p. gov.); Redditi di Capitale26% (o 12,5% p.p. gov.); Redditi di CapitaleSÌ / NO / SÌ (la minusvalenza da ETF Arm. è reddito diverso)RM (plus/dividendi), RT (minus)
ETF Non Arm.IRPEF (23-43%); Redditi DiversiIRPEF (23-43%); Redditi DiversiSÌ / SÌ / SÌRL (plus/dividendi), RT (minus)

Nota: “p.p. gov.” si riferisce alla quota parte di provento derivante da titoli di Stato “white list”. La compensabilità si riferisce alla possibilità per una minusvalenza generata dallo strumento in riga di compensare una plusvalenza generata dagli strumenti in colonna.

Questa complessa struttura fiscale, in particolare la classificazione asimmetrica dei redditi da ETF armonizzati (plusvalenze come redditi di capitale e minusvalenze come redditi diversi), crea un potenziale “tax drag” (freno fiscale) che può erodere i rendimenti netti. Un investitore potrebbe trovarsi a pagare il 26% su una plusvalenza da un ETF armonizzato pur avendo minusvalenze non utilizzate derivanti da azioni o da altri ETF. Questo meccanismo può rendere fiscalmente meno efficiente l’investimento in ETF armonizzati rispetto alla teoria, specialmente per portafogli soggetti a volatilità o per investitori che effettuano ribilanciamenti frequenti che potrebbero generare minusvalenze. Gli ETF ad accumulazione 14 mitigano in parte il problema del prelievo fiscale sui dividendi, differendo l’imposizione al momento della vendita finale, ma la questione della compensabilità della plusvalenza finale con minusvalenze pregresse da “redditi diversi” rimane. Questa peculiarità del sistema italiano potrebbe, in certi scenari, rendere lo stock picking (le cui minusvalenze sono più flessibilmente compensabili) o gli ETF non armonizzati (per i quali sia plusvalenze che minusvalenze sono “redditi diversi” 57) fiscalmente più “efficienti”, nonostante altri svantaggi come la maggiore complessità gestionale o la tassazione progressiva IRPEF per i non armonizzati.

3.6. Flessibilità e Liquidità

Flessibilità e liquidità sono caratteristiche importanti per gli investitori, in quanto determinano la facilità e la velocità con cui è possibile entrare o uscire da un investimento.

  • ETF:
  • Negoziazione Continua: Gli ETF sono negoziati in Borsa durante l’intera giornata di contrattazioni, esattamente come le azioni.4 Ciò consente agli investitori di acquistare o vendere quote in qualsiasi momento agli orari di apertura del mercato, al prezzo corrente.
  • Assenza di Scadenza: Gli ETF non hanno una data di scadenza predefinita.6
  • Liquidità: La liquidità degli ETF è generalmente elevata, soprattutto per quelli che replicano indici principali e hanno grandi masse in gestione. Questa liquidità è sostenuta da due fattori: la liquidità dei titoli sottostanti che compongono l’indice e l’attività dei market maker.5 I market maker sono operatori specializzati che si impegnano a esporre costantemente proposte di acquisto (denaro) e di vendita (lettera) sul book di negoziazione, garantendo così la possibilità di scambiare le quote. Tuttavia, ETF di nicchia, tematici con bassi volumi, o che investono in mercati sottostanti poco liquidi, possono presentare una liquidità inferiore e spread denaro-lettera più ampi.15
  • Azioni:
  • Negoziazione Continua: Anche le azioni sono negoziate in continuo in Borsa. Per i titoli ad alta capitalizzazione e scambiati frequentemente (le cosiddette blue chip), la liquidità è solitamente molto elevata.16
  • Illiquidità delle Azioni Non Quotate: Le azioni di società non quotate in Borsa sono, al contrario, generalmente molto illiquide e difficili da scambiare.16
  • Frazionabilità: Un aspetto da considerare, specialmente per piccoli investitori o per piani di accumulo, è la frazionabilità. Tradizionalmente, gli ETF (come le azioni) si acquistano in quote intere. Se un investitore dispone di una somma che non corrisponde a un multiplo esatto del prezzo della quota, una parte del capitale potrebbe rimanere non investita. Alcuni fondi comuni d’investimento, invece, permettono di sottoscrivere frazioni di quota, consentendo di investire l’intera somma disponibile.10 Tuttavia, è una tendenza crescente da parte di alcuni broker online quella di offrire la possibilità di acquistare anche frazioni di azioni e di ETF, superando parzialmente questa limitazione.

La grande flessibilità di negoziazione intraday offerta dagli ETF, del tutto simile a quella delle azioni, se da un lato rappresenta un vantaggio tecnico in termini di possibilità di reazione rapida agli eventi di mercato, dall’altro può costituire una potenziale fonte di tentazione per gli investitori meno disciplinati. La facilità con cui si può entrare e uscire da un ETF 4 potrebbe incoraggiare comportamenti di market timing o overtrading, spinti dall’emotività o da notizie di breve periodo. Tali comportamenti, come ampiamente documentato dalla finanza comportamentale (vedi Sezione 4), tendono a erodere i rendimenti nel lungo periodo e a vanificare i benefici di un approccio passivo e diversificato. Pertanto, la liquidità e la flessibilità, pur essendo caratteristiche positive, richiedono una maggiore autodisciplina da parte dell’investitore per non essere utilizzate in modo controproducente.

4. Studi Comparativi Chiave: Evidenze Empiriche sulla Performance

La scelta tra un approccio di investimento passivo tramite ETF e uno attivo basato sulla selezione di singole azioni (stock picking) può essere illuminata in modo significativo dall’analisi delle evidenze empiriche accumulate nel corso di decenni di ricerca accademica e di settore. Questi studi hanno esaminato la performance degli investitori individuali, dei fondi a gestione attiva e l’impatto del comportamento degli investitori sui risultati finali.

4.1. La Performance degli Investitori Individuali: Il Contributo di Barber & Odean

Una serie di studi influenti condotti dai professori Brad Barber e Terrance Odean ha analizzato in dettaglio il comportamento e la performance degli investitori individuali che operano attivamente sui mercati azionari. Le loro ricerche, tra cui spiccano lavori come “Trading Is Hazardous to Your Wealth: The Common Stock Investment Performance of Individual Investors” e “The Behavior of Individual Investors”, forniscono conclusioni piuttosto nette.40

  • Sottoperformance Sistematica: La scoperta principale è che gli investitori individuali che praticano attivamente lo stock picking e il trading frequente tendono, in media, a ottenere rendimenti netti inferiori a quelli di semplici benchmark di mercato (come un indice passivo o un ETF che lo replica). Nel loro studio del 2000 (“Trading Is Hazardous to Your Wealth”), analizzando i conti di 66.465 famiglie presso un grande broker statunitense tra il 1991 e il 1996, Barber e Odean hanno riscontrato che il portafoglio medio di queste famiglie ha ottenuto un rendimento annuo netto del 16,4%, contro il 17,9% del mercato (misurato da un indice value-weighted). Questa sottoperformance di 1,5 punti percentuali all’anno era statisticamente significativa.41
  • Impatto dei Costi di Transazione: La causa principale di questa sottoperformance non era tanto una cattiva capacità di selezionare i titoli (le performance lorde erano più vicine a quelle del mercato), quanto piuttosto gli elevati costi di transazione (commissioni e spread denaro-lettera) associati a un’elevata frequenza di negoziazione. La famiglia media nello studio ruotava oltre il 75% del proprio portafoglio azionario ogni anno.41
  • Sottoperformance Corretta per lo Stile: Anche dopo aver corretto i rendimenti per lo stile di investimento (gli investitori individuali tendono a preferire azioni di piccole dimensioni, ad alto beta e, in misura minore, value stocks, che durante il periodo di studio avevano performato bene), la sottoperformance persisteva. Utilizzando il modello a tre fattori di Fama-French, la sottoperformance si attestava a circa 3,7% su base annua.41
  • I Trader Più Attivi Soffrono di Più: La sottoperformance era particolarmente pronunciata per gli investitori che effettuavano il maggior numero di scambi. Il 20% delle famiglie con il turnover più elevato (oltre il 20% del portafoglio scambiato ogni mese) otteneva rendimenti netti annualizzati dell’11,4%, ben 6,5 punti percentuali in meno rispetto al mercato. Dopo la correzione per lo stile, questo gruppo sottoperformava di circa 10,3% all’anno.41 Altre fonti citano una sottoperformance media dei trader attivi del 6,5% annuo, basandosi su ricerche collegate a Odean.40
  • Cause Comportamentali: Barber e Odean attribuiscono questi scarsi risultati principalmente a bias comportamentali, tra cui spicca l’overconfidence (eccessiva fiducia nelle proprie capacità), che porta a un trading eccessivo.40 Altri bias come il disposition effect (vendere i vincenti troppo presto e tenere i perdenti troppo a lungo) contribuiscono ulteriormente a erodere i rendimenti.46

L’implicazione di questi studi è chiara: per la stragrande maggioranza degli investitori individuali, tentare di battere il mercato attraverso lo stock picking attivo è una strategia che, statisticamente, porta a risultati inferiori rispetto a un approccio passivo e a basso costo.

4.2. Il Report DALBAR: Il “Behavior Gap”

DALBAR, una società di ricerca finanziaria, pubblica annualmente il report “Quantitative Analysis of Investor Behavior” (QAIB), che analizza come il comportamento degli investitori influenzi i loro rendimenti effettivi. Lo studio confronta i rendimenti medi ottenuti dagli investitori in fondi comuni di investimento (sia azionari che obbligazionari) con i rendimenti degli indici di riferimento dei fondi stessi.65

  • Il “Behavior Gap”: I risultati di DALBAR mostrano costantemente l’esistenza di un “behavior gap”, ovvero una differenza negativa tra i rendimenti dei fondi e i rendimenti effettivamente conseguiti dagli investitori in tali fondi. Questo gap è attribuito principalmente a decisioni errate di market timing: gli investitori tendono a comprare dopo periodi di rialzo (spinti dall’euforia o dalla FOMO) e a vendere dopo periodi di ribasso (spinti dal panico), di fatto “comprando alto e vendendo basso”.
  • Dati Quantitativi Recenti: Ad esempio, il report relativo al 2024 ha rivelato che l’investitore medio in fondi azionari ha guadagnato il 16,54%, mentre l’indice S&P 500 ha reso il 25,05%. Questo gap di 8,48 punti percentuali è stato il secondo più grande dell’ultimo decennio.65 È emerso che nel 2024 ci sono stati deflussi dai fondi azionari in ogni trimestre, con i maggiori ritiri avvenuti proprio prima di un significativo recupero del mercato.65

Le implicazioni del report DALBAR sono profonde: il comportamento dell’investitore è un fattore critico che può erodere significativamente la performance, indipendentemente dalla qualità dello strumento sottostante (sia esso un fondo attivo o, per estensione, un ETF se utilizzato in modo erratico per tentare il market timing).

4.3. Il Report SPIVA: Gestione Attiva vs. Passiva

S&P Dow Jones Indices pubblica regolarmente i report SPIVA (S&P Indices Versus Active), che confrontano la performance dei fondi comuni di investimento a gestione attiva con i rispettivi indici di benchmark in varie categorie e aree geografiche.38

  • Sottoperformance della Maggioranza dei Fondi Attivi: I risultati dei report SPIVA sono notevolmente consistenti nel tempo e tra i mercati: una larga maggioranza dei fondi a gestione attiva non riesce a sovraperformare i propri benchmark, specialmente su orizzonti temporali medio-lunghi (5, 10, 15, 20 anni).
  • Dati Quantitativi (USA Large-Cap vs S&P 500):
  • Su un orizzonte di 15 anni, i dati SPIVA mostrano che in nessuna categoria di fondi azionari (né domestici né internazionali) la maggioranza dei gestori attivi è riuscita a battere il benchmark.43
  • Su un periodo di 20 anni, il 65% di tutti i fondi azionari large-cap statunitensi ha sottoperformato il proprio indice di riferimento.43
  • Un’altra analisi, riferita ai 15 anni conclusi a fine 2023, indica che l’indice S&P 500 ha superato l’87,98% dei fondi azionari large-cap statunitensi.38
  • Tassi di Sopravvivenza (Survivorship Bias): I report SPIVA tengono conto anche del survivorship bias, ovvero il fatto che i fondi con performance deludenti vengono spesso chiusi o fusi con altri fondi, scomparendo dalle statistiche e facendo apparire migliori le performance medie dei fondi sopravvissuti. SPIVA ha rilevato che, su un periodo di 20 anni, quasi il 64% dei fondi azionari domestici statunitensi è stato chiuso o fuso, il che significa che solo circa il 36% dei fondi è “sopravvissuto” per l’intero periodo.43

Le implicazioni dei report SPIVA sono che la probabilità di selezionare ex ante un gestore attivo che riesca a battere costantemente il mercato nel lungo periodo è molto bassa. Gli ETF passivi, che mirano semplicemente a replicare il benchmark, offrono una probabilità statisticamente più elevata di ottenere rendimenti in linea con il mercato, al netto di costi molto contenuti.

4.4. Studio Ferri & Benke (citato da justETF)

Uno studio del 2013 condotto da Rick Ferri e Alex Benke, utilizzando il database CRSP Survivor-Bias-Free US Mutual Fund (dal 1997 al 2012), ha confrontato portafogli composti da tre fondi indicizzati (simili agli ETF) con 5.000 possibili portafogli composti da tre fondi a gestione attiva, mantenendo la stessa allocazione strategica azioni/obbligazioni (60/40).39

  • Risultati: Lo studio ha concluso che l’83% dei portafogli a gestione attiva ha sottoperformato il portafoglio di fondi indicizzati in termini di performance corretta per il rischio. Di conseguenza, solo il 17% dei portafogli attivi è riuscito a fare meglio.39

Questa ricerca rafforza l’idea che anche a livello di costruzione di portafoglio diversificato, l’approccio passivo tende a offrire risultati superiori per la maggior parte degli investitori.

La persistente sottoperformance della maggioranza degli investitori attivi, sia individuali che professionali, come documentato da questi studi, suggerisce che i mercati finanziari, specialmente quelli più liquidi ed efficienti come il mercato azionario large-cap statunitense, sono estremamente difficili da battere in modo consistente una volta considerati i costi. Questo non significa che sia impossibile generare alpha (sovraperformance corretta per il rischio), ma che le probabilità sono oggettivamente sfavorevoli per la maggior parte dei partecipanti. La scelta di investire passivamente tramite ETF non dovrebbe quindi essere vista come una “resa” o una mancanza di ambizione, ma piuttosto come una decisione razionale e pragmatica basata su decenni di solide evidenze empiriche. L’eventuale alpha ricercato attraverso lo stock picking o la selezione di fondi attivi deve essere sufficientemente elevato, consistente e prevedibile da giustificare i costi aggiuntivi, il maggior impegno temporale e analitico, e il rischio di sottoperformance. Per molti investitori, la strategia più probabile per raggiungere i propri obiettivi finanziari a lungo termine risiede nell’accettare i rendimenti di mercato attraverso strumenti efficienti come gli ETF.

5. Il Contesto Italiano: Alfabetizzazione Finanziaria e Scelte degli Investitori

Comprendere il contesto specifico italiano, in termini di cultura finanziaria e comportamenti di investimento, è fondamentale per valutare l’adeguatezza e le potenziali sfide nell’adozione di strategie basate su ETF o su azioni singole.

5.1. Livello di Alfabetizzazione Finanziaria in Italia

Numerosi report, inclusi quelli pubblicati da CONSOB (Commissione Nazionale per le Società e la Borsa) e dal Comitato Edufin (Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria), dipingono un quadro dell’alfabetizzazione finanziaria degli italiani che presenta luci e ombre, ma con aree di miglioramento significative.

  • Conoscenze di Base: In generale, i livelli di comprensione dei concetti finanziari fondamentali (come la relazione rischio-rendimento, l’interesse composto, l’inflazione, il funzionamento dei mutui e l’importanza della diversificazione) risultano spesso inferiori alla media di altri paesi europei avanzati.67 L’autovalutazione delle proprie conoscenze finanziarie da parte degli italiani si colloca spesso al di sotto della sufficienza 69, sebbene in alcuni casi si registri una tendenza a sottostimare le proprie reali competenze.67
  • Domanda di Educazione Finanziaria: Esiste una domanda quasi unanime per una maggiore educazione finanziaria, con un forte sostegno per la sua introduzione nei programmi scolastici.69 Questo indica una consapevolezza diffusa della necessità di migliorare le competenze in quest’ambito.
  • Impatto della Conoscenza: È stato osservato un effetto virtuoso: livelli più elevati di alfabetizzazione finanziaria sono correlati a una maggiore propensione a investire in strumenti finanziari diversificati e a pianificare per la previdenza complementare.69

5.2. Comportamento e Scelte di Investimento degli Italiani

Le scelte di investimento delle famiglie italiane riflettono spesso questa limitata alfabetizzazione finanziaria, combinata con una tradizionale avversione al rischio.

  • Preferenza per la Liquidità: Storicamente, gli italiani hanno mostrato una forte preferenza per la detenzione di liquidità (conti correnti, depositi bancari e postali), con una partecipazione ai mercati dei capitali inferiore rispetto ad altri paesi economicamente sviluppati, come gli Stati Uniti.67 Un report CONSOB del 2022 indicava che circa il 50% del portafoglio finanziario medio delle famiglie italiane era allocato in depositi bancari e postali.67
  • Avversione al Rischio: Gli investitori italiani sono generalmente percepiti come più avversi al rischio rispetto ai loro omologhi in altri paesi.49 La “sicurezza” dell’investimento è spesso citata come la priorità principale.72
  • Prodotti Preferiti: Coerentemente con quanto sopra, gli strumenti finanziari più diffusi nei portafogli italiani includono certificati di deposito, buoni fruttiferi postali, fondi comuni di investimento (spesso a connotazione prudente) e titoli di Stato italiani (in particolare i BTP).67 Si è tuttavia registrato un crescente interesse verso l’investimento azionario e il trading online, specialmente nel periodo successivo alla pandemia.68
  • Pianificazione Finanziaria Limitata: Una quota significativa di famiglie italiane non adotta un piano finanziario strutturato o un budget per la gestione delle proprie finanze.67
  • Impatto Recente di Inflazione e Tassi: L’aumento dell’inflazione e dei tassi di interesse negli ultimi anni sembra aver parzialmente modificato questi comportamenti, con un aumento della propensione a investire e una riduzione della preferenza per la liquidità non remunerata.69

5.3. Performance degli Investitori Italiani nello Stock Picking: Carenza di Dati Specifici

Nonostante l’importanza della questione, i materiali di ricerca analizzati non forniscono studi quantitativi specifici e sistematici, condotti da CONSOB, Banca d’Italia o università italiane, che analizzino in modo dettagliato i rendimenti netti ottenuti dagli investitori individuali italiani attraverso lo stock picking, confrontandoli direttamente con benchmark di mercato o con investimenti equivalenti in ETF, sulla falsariga degli studi di Barber & Odean per il mercato USA o dei report SPIVA. L’accesso a tali dati pubblici dettagliati per l’Italia sembra limitato.74

Alcune indicazioni qualitative o frammentarie possono essere tratte:

  • Un quaderno CONSOB menziona che, nel caso dei cosiddetti “meme stock“, i movimenti di prezzo e i “rendimenti anomali” osservati sembravano più compatibili con ipotesi di manipolazione di mercato che con strategie di investimento vincenti da parte degli investitori retail.76
  • Documenti della Banca d’Italia si concentrano sull’educazione finanziaria, sulla tutela del cliente, sulla stabilità finanziaria e sull’analisi dei flussi di investimento aggregati (es. raccolta dei fondi comuni, investimenti in titoli di debito), ma non presentano analisi specifiche sulla performance dello stock picking dei singoli risparmiatori.77
  • Alcune tesi universitarie toccano temi come l’efficienza degli indici di mercato o la costruzione di portafogli, ma non forniscono dati empirici sulla performance effettiva degli investitori retail italiani che selezionano azioni individualmente.81

In assenza di dati diretti e specifici per l’Italia paragonabili agli studi internazionali più noti, è necessario fare delle inferenze basate sui comportamenti di investimento noti degli italiani (scarsa diversificazione, home bias con forte concentrazione su titoli italiani 54, livelli di alfabetizzazione finanziaria migliorabili) e sui risultati consolidati della ricerca internazionale. È altamente probabile che anche gli investitori italiani che praticano attivamente lo stock picking incontrino le stesse difficoltà e siano soggetti agli stessi bias comportamentali che portano alla sottoperformance osservata in altri mercati.

La combinazione di una cultura finanziaria ancora in via di sviluppo, un’elevata avversione al rischio che può portare a scelte subottimali (o eccessiva prudenza o, paradossalmente, a speculazioni concentrate nel tentativo di “recuperare” bassi rendimenti), e una preferenza per canali distributivi tradizionali (come le banche) che potrebbero non sempre avere incentivi allineati con quelli del cliente (ad esempio, preferendo collocare fondi attivi più costosi rispetto a ETF a basso costo 38), crea un contesto in cui l’investitore italiano medio potrebbe essere particolarmente vulnerabile alla sottoperformance. Gli ETF, specialmente quelli globalmente diversificati e a basso costo, potrebbero rappresentare una soluzione particolarmente vantaggiosa in questo scenario, offrendo un accesso efficiente ai rendimenti dei mercati globali. Tuttavia, la loro piena adozione e il loro corretto utilizzo richiedono un superamento delle barriere informative e culturali esistenti, una maggiore consapevolezza dei benefici della diversificazione passiva e dei costi reali dell’investimento.

6. Conclusioni e Raccomandazioni Pratiche

L’analisi comparativa tra l’investimento in ETF e l’acquisto diretto di azioni singole ha messo in luce differenze sostanziali in termini di diversificazione, costi, potenziale di rendimento, gestione del rischio, impegno richiesto, implicazioni fiscali e comportamentali. La scelta tra queste due modalità non è univoca, ma dipende strettamente dal profilo, dagli obiettivi e dalle risorse di ciascun investitore.

6.1. Riepilogo Comparativo: Pro e Contro di ETF e Azioni

La tabella seguente offre una sintesi dei principali aspetti discussi, per un confronto immediato:

Tabella 6.1: ETF vs. Azioni – Riepilogo Comparativo Finale

CaratteristicaETF (Generalmente Passivi su Indici Ampi)Azioni Singole
DiversificazioneAlta e immediata (accesso a un intero paniere di titoli) 1Bassa (concentrazione su singole aziende); diversificazione onerosa 20
Costo Medio AnnuoBasso (TER tipicamente 0.05%-0.50%) 31Nullo (nessun TER), ma costi di ricerca e opportunità 18
Costi di TransazioneCommissioni di acquisto/vendita + spread 20Commissioni di acquisto/vendita + spread 20
Potenziale di Rendimento MassimoAllineato al mercato di riferimento (non mira a battere il mercato) 3Potenzialmente molto alto (se si scelgono titoli vincenti) 18
Rischio di Perdita Totale (singolo investimento)Molto basso (per fallimento di un componente dell’indice) 20Alto (100% del capitale investito nel titolo in caso di fallimento) 18
Complessità di GestioneGeneralmente bassa (per strategie buy-and-hold) 18Alta (richiede analisi e monitoraggio continui) 18
Tempo RichiestoBasso 20Alto 20
Adattabilità a PrincipiantiAlta 2Bassa (richiede esperienza e conoscenze) 20
Efficienza Fiscale (Comp. Minusvalenze ITA)Limitata per ETF Armonizzati (plusvalenze=redd.capitale; minusvalenze=redd.diversi) 57Più flessibile (plus e minus sono redditi diversi) 56
Vulnerabilità ai Bias ComportamentaliMinore (se usati passivamente), ma non immune 40Alta (overconfidence, disposition effect, etc.) 40

Questa tabella evidenzia i trade-off intrinseci: le azioni offrono la possibilità (seppur statisticamente bassa per la maggior parte) di rendimenti eccezionali, ma a fronte di rischi, costi potenziali (se si considera il tempo e le transazioni per diversificare) e impegno significativamente maggiori. Gli ETF, d’altro canto, forniscono una soluzione “chiavi in mano” per la diversificazione e la partecipazione ai mercati a costi contenuti, rinunciando alla prospettiva di “fare il colpo grosso” ma aumentando la probabilità di ottenere rendimenti di mercato nel lungo periodo.

6.2. Quale Approccio per Quale Profilo di Investitore?

  • Gli ETF sono particolarmente adatti per:
  • Investitori principianti o con conoscenze finanziarie limitate, grazie alla loro semplicità concettuale e alla diversificazione intrinseca.2
  • Coloro che cercano una diversificazione ampia e immediata a costi contenuti, per ridurre il rischio specifico senza dover analizzare e acquistare numerosi titoli.1
  • Investitori con un orizzonte temporale lungo che preferiscono un approccio passivo di tipo buy and hold, minimizzando l’intervento attivo e i costi di transazione.2
  • Chi è consapevole dei propri bias comportamentali e desidera una strategia che ne limiti l’impatto, favorendo decisioni più disciplinate.40
  • L’investimento in azioni singole può essere considerato da:
  • Investitori esperti che dispongono del tempo, delle competenze analitiche e delle risorse informative necessarie per effettuare ricerche approfondite e monitorare costantemente le aziende e i mercati.18
  • Individui con un’elevata tolleranza al rischio, disposti ad accettare una maggiore volatilità e il rischio di perdite significative in cambio della possibilità (per quanto remota per la maggior parte) di ottenere rendimenti superiori a quelli del mercato.19
  • Chi desidera un controllo diretto e granulare sulle singole aziende in cui investe, esercitando attivamente i diritti di azionista (come il voto in assemblea) o volendo supportare specifiche realtà imprenditoriali.17

6.3. L’Approccio Combinato: Core-Satellite

Una strategia che cerca di bilanciare i vantaggi di entrambi gli approcci è quella definita “core-satellite”.18 Questa metodologia prevede di allocare la parte preponderante del portafoglio (il “core”, ad esempio il 70-90%) a ETF globalmente diversificati e a basso costo, che forniscono un’esposizione stabile ai rendimenti di mercato. La parte minoritaria rimanente (il “satellite”, ad esempio il 10-30%) può essere dedicata a investimenti più attivi e potenzialmente più rischiosi, come la selezione di singole azioni promettenti, ETF settoriali o tematici, o altre strategie speculative.

Questo approccio consente di beneficiare della solidità e dell’efficienza della gestione passiva per la maggior parte del capitale, mantenendo al contempo uno spazio per la ricerca di alpha o per l’espressione di convinzioni di investimento più specifiche, senza compromettere la stabilità complessiva del portafoglio.

6.4. Raccomandazioni Finali per l’Investitore Consapevole

Indipendentemente dalla scelta tra ETF, azioni singole o un approccio combinato, l’investitore consapevole dovrebbe tenere a mente alcuni principi fondamentali:

  • Formazione Continua: L’educazione finanziaria è un processo continuo. Comprendere i meccanismi dei mercati, le caratteristiche degli strumenti e i principi di una sana gestione finanziaria è il primo passo per investire con successo e consapevolezza.1
  • Consapevolezza dei Costi e della Fiscalità: Analizzare attentamente tutti i costi associati a un investimento (TER, commissioni di negoziazione, spread, imposte) è cruciale, poiché questi erodono i rendimenti. Comprendere il regime fiscale italiano specifico per i diversi strumenti e proventi è altrettanto importante per ottimizzare il carico fiscale e il rendimento netto.
  • Autovalutazione dei Propri Bias Comportamentali: Una riflessione onesta sui propri possibili bias (eccessiva fiducia, avversione alle perdite, tendenza a seguire la massa) può aiutare a evitare decisioni di investimento irrazionali e dannose.
  • Definizione Chiara degli Obiettivi e dell’Orizzonte Temporale: Qualsiasi strategia di investimento deve essere allineata con i propri obiettivi finanziari specifici (es. pensione, acquisto casa, crescita del capitale), con la propria tolleranza al rischio e con l’orizzonte temporale a disposizione.1 Non esiste una soluzione unica per tutti.
  • Considerare la Consulenza Professionale: Per chi non si sente sufficientemente preparato o non ha il tempo da dedicare alla gestione dei propri investimenti, rivolgersi a un consulente finanziario indipendente e qualificato può rappresentare un valido supporto per definire una strategia personalizzata e prendere decisioni informate.1

In definitiva, la scelta tra ETF e azioni singole non è una questione di superiorità assoluta di uno strumento sull’altro, ma di adeguatezza al profilo dell’investitore. Le evidenze empiriche suggeriscono fortemente che, per la maggior parte degli investitori individuali, un approccio disciplinato, diversificato e a basso costo, facilmente realizzabile tramite ETF passivi, offre le maggiori probabilità di successo nel lungo termine. L’industria finanziaria può talvolta trarre vantaggio dalla complessità; per l’investitore retail, la chiave del successo risiede spesso nella capacità di scegliere la semplicità efficace e di mantenere la rotta con disciplina, resistendo alle sirene del market timing e dello stock picking speculativo. L’onesta autovalutazione delle proprie risorse – tempo, competenze, disciplina emotiva – e dei propri reali obiettivi finanziari è il presupposto indispensabile per costruire un percorso di investimento realmente consapevole e proficuo.

Bibliografia

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  60. Che cos’è il regime dichiarativo? – Fattura24, accesso eseguito il giorno maggio 8, 2025, https://www.fattura24.com/dizionario/regime-dichiarativo
  61. Tassazione dei dividendi di fonte italiana ed estera – Consulenza Fiscale Internazionale, accesso eseguito il giorno maggio 8, 2025, https://www.itaxa.it/blog/tassazione-dividendi/
  62. Dividendi tassati all’estero: quando è riconosciuto il credito d’imposta – QuotidianoPiù, accesso eseguito il giorno maggio 8, 2025, https://www.quotidianopiu.it/dettaglio/11075050/dividendi-tassati-allestero-quando-e-riconosciuto-il-credito-dimposta
  63. Minusvalenze: cosa sono e come compensarle – Online Sim, accesso eseguito il giorno maggio 8, 2025, https://www.onlinesim.it/blog/cosa-sono-minusvalenze-come-recuperarle/
  64. ETF: fiscalità e minusvalenze – justETF, accesso eseguito il giorno maggio 8, 2025, https://www.justetf.com/it/news/etf/la-fiscalita-degli-etf-in-italia.html
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  66. Study shows variable annuity investors outpaced others | Capital Group, accesso eseguito il giorno maggio 8, 2025, https://www.capitalgroup.com/advisor/insights/articles/dalbar-study-variable-annuities.html
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  71. Molta liquidità e pochi investimenti, i portafogli degli italiani secondo Consob | WSI, accesso eseguito il giorno maggio 8, 2025, https://www.wallstreetitalia.com/molta-liquidita-e-pochi-investimenti-i-portafogli-degli-italiani-secondo-consob/
  72. Indagine sul Risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani 2024, accesso eseguito il giorno maggio 8, 2025, https://group.intesasanpaolo.com/it/newsroom/comunicati-stampa/2024/12/indagine-sul-risparmio–e-sulle-scelte-finanziarie-degli-italian
  73. relazione annuale 2023 – Assogestioni |, accesso eseguito il giorno maggio 8, 2025, https://www.assogestioni.it/sites/default/files/docs/relazione_presidente_assemblea_2023.pdf
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  76. La gamification degli investimenti finanziari – Diritto Bancario, accesso eseguito il giorno maggio 8, 2025, https://www.dirittobancario.it/wp-content/uploads/2025/01/Quaderno-giuridico-Consob-gannaio-2025-n.-32.pdf
  77. 1 2024 – Banca d’Italia – Rapporto sulla stabilità finanziaria, accesso eseguito il giorno maggio 8, 2025, https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/rapporto-stabilita/2024-1/RSF_1_2024.pdf
  78. Piani individuali di risparmio a lungo termine (PIR) – L’economia per tutti, accesso eseguito il giorno maggio 8, 2025, https://economiapertutti.bancaditalia.it/investire/pir/
  79. Tutela della clientela ed educazione finanziaria – Banca d’Italia, accesso eseguito il giorno maggio 8, 2025, https://www.bancaditalia.it/compiti/tutela-educazione/index.html
  80. Rapporto annuale sugli investimenti sostenibili e sui rischi climatici – Banca d’Italia, accesso eseguito il giorno maggio 8, 2025, https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/rapporto-investimenti-sostenibili/2023/RISC-2023.pdf
  81. Battere il Mercato: il Caso degli Indici Equiponderati., accesso eseguito il giorno maggio 8, 2025, https://tesi.luiss.it/34716/1/738571_CLERY_ALESSANDRO.pdf

L’EFFICIENZA DEGLI INDICI AZIONARI: UN’ANALISI EMPIRICA – AMS Dottorato, accesso eseguito il giorno maggio 8, 2025, https://amsdottorato.unibo.it/id/eprint/4526/1/Abate_Guido_tesi.pdf

Autore

  • massimiliano biagetti

    Fondatore di Economia Italiacom e Finanza Italiacom è divulgatore finanziario e trader.