Con valutazioni azionarie storicamente alte e incertezze sulla politica monetaria della Federal Reserve, molti investitori temono un ritorno a uno scenario di rendimenti deludenti come negli anni Settanta. In quellโepoca, infatti, i mercati azionari vissero un decennio โperdutoโ, con performance stagnanti e fortemente erose dallโinflazione. Oggi alcune analogie preoccupano gli operatori: lโinflazione รจ risalita ai massimi da decenni, la banca centrale statunitense sta alzando i tassi bruscamente e le valutazioni di Borsa appaiono elevate. Ma la storia potrebbe non ripetersi allo stesso modo, grazie anche a nuove forze dirompenti come lโintelligenza artificiale (AI) e ad importanti differenze strutturali rispetto a cinquantโanni fa. In questo articolo analizziamo le prospettive dei mercati azionari alla luce di queste dinamiche, confrontando la situazione attuale con quella degli anni โ70 e valutando perchรฉ i prossimi anni potrebbero riservare sorprese positive nonostante i timori.
Valutazioni elevate e timori di rendimenti โanni โ70โ
Una prima fonte di preoccupazione รจ data dalle valutazioni azionarie storicamente alte. Gli indici di Borsa, soprattutto negli Stati Uniti, trattano su multipli di utili ben superiori alle medie di lungo periodo. Ad esempio, il CAPE ratio (rapporto prezzo/utili aggiustato per il ciclo degli utili decennali) per lโS&P 500 si รจ attestato recentemente sopra quota 30-35, un livello raggiunto in passato solo alla vigilia di eventi eccezionali come il 1929 o la bolla tecnologica del 2000. In altri termini, il mercato americano รจ costoso rispetto ai fondamentali, e ciรฒ storicamente ha spesso preannunciato rendimenti futuri modesti.
Quando gli investitori pagano molto per ogni dollaro di utili societari, รจ lecito attendersi che nei successivi anni la crescita delle quotazioni sia piรน lenta, finchรฉ gli utili non โraggiungonoโ i prezzi. Questo fenomeno si รจ giร visto in passato: alla fine degli anni โ60, un periodo di forte espansione borsistica, i multipli azionari erano elevati e furono seguiti da un lungo decennio di risultati deludenti negli anni โ70. Allo stesso modo, dopo lโeuforia della fine anni โ90 (con valutazioni stellari durante la bolla dot-com), i mercati hanno vissuto il decennio 2000-2009 con rendimenti pressochรฉ nulli.
Oggi ci troviamo in una situazione simile? La forte ascesa dei listini nellโultimo decennio (anni 2010) ha portato lโS&P 500 e altri indici su livelli di prezzo molto sostenuti. Alcuni analisti prevedono che i prossimi 5-10 anni potrebbero offrire ritorni ben inferiori alla norma. Per esempio, una recente analisi di Goldman Sachs ha stimato che cโรจ circa il 72% di probabilitร che lโS&P 500 underperformi i titoli di Stato decennali e un 33% di probabilitร che le azioni ottengano addirittura rendimenti reali negativi (cioรจ sotto lโinflazione) nel corso del prossimo decennio. In termini concreti, questo scenario implicherebbe un rendimento annuo nominale intorno al 3% โ un valore cosรฌ basso che, storicamente, si รจ riscontrato solo in periodi difficili come la Grande Depressione degli anni โ30, la crisi degli anni โ70 o la crisi finanziaria del 2008.
Queste previsioni cupe alimentano il timore di un โritorno al passatoโ, ovvero che i mercati azionari possano trovarsi in una fase prolungata di scarsa performance, proprio come accadde negli anni Settanta. Ma per capire quanto sia fondato questo parallelo, occorre rievocare cosa avvenne in quel decennio e perchรฉ.
Uno sguardo agli anni โ70: il decennio perduto della Borsa
Gli anni 1970 sono ricordati come un periodo molto difficile per gli investitori azionari, al punto da essere spesso definiti un โdecennio perdutoโ. A differenza di crolli improvvisi come il 1929 o il 2008, i mercati negli anni โ70 vissero una lunga agonia fatta di andamenti laterali e discese graduali. Chi aveva investito in azioni alla metร degli anni โ60 si ritrovรฒ, sedici anni dopo, con un capitale nominale non molto superiore, ma nel frattempo lโinflazione galoppante ne aveva eroso pesantemente il potere dโacquisto. Tra il 1966 e il 1982, infatti, lโindice Dow Jones (aggiustato per lโinflazione) perse circa il 73% del suo valore reale. In pratica, pur non azzerandosi mai in termini nominali, il mercato azionario distrusse ricchezza reale: i prezzi stagnanti uniti a unโinflazione che raggiunse picchi vicini al 15% annuo significarono perdite consistenti per gli investitori in termini di capacitร dโacquisto.
Per contestualizzare meglio, la tabella seguente confronta i rendimenti medi annui del mercato azionario statunitense (indice S&P 500, includendo i dividendi) nei vari decenni, insieme allโinflazione media annua registrata e al rendimento reale medio (cioรจ al netto dellโinflazione) di ciascun periodo:
Decennio | Rendimento annuo medio (nominale S&P 500) | Inflazione media annua (CPI USA) | Rendimento annuo medio reale |
---|---|---|---|
1960-1969 | ~7,8% | ~2,5% | ~5% |
1970-1979 | ~5,9% | ~7,4% | -1,5% (negativo) |
1980-1989 | ~17,3% | ~5,1% | ~12% |
1990-1999 | ~18,2% | ~3% | ~15% |
2000-2009 | ~-0,9% (leggermente negativo) | ~2% | ~-3% (negativo) |
2010-2019 | ~13,4% | ~2% | ~11% |
Fonte dati: elaborazione dellโautore su indici S&P 500 (total return) e dati inflazione US CPI.
Come si nota, il decennio degli anni โ70 fu lโunico, insieme ai 2000, a presentare un rendimento reale medio negativo per le azioni. Negli anni โ70, nonostante un modesto +5-6% annuo in termini nominali, lโinflazione mediamente superiore al 7% annuo portรฒ a una perdita reale di circa lโ1-2% allโanno in media. Per contro, negli anni โ80 e โ90 il mercato azionario fu molto generoso (oltre +15% reale medio annuo), mentre anche negli anni 2010 il rendimento reale รจ stato elevato (~11% annuo), favorito da inflazione bassa e forte crescita dei profitti aziendali. Gli anni 2000 hanno visto anchโessi un risultato deludente (-3% reale medio), a causa di due crisi ravvicinate (scoppio della bolla internet nel 2000-2002 e crisi finanziaria nel 2008).
Negli anni Settanta, a pesare sui mercati furono una combinazione di fattori macroeconomici e psicologici. Lโeconomia visse un periodo di stagflazione, un mix tossico di inflazione elevata e stagnazione della crescita. Gli shock petroliferi del 1973 e 1979 fecero schizzare in alto i prezzi dellโenergia, alimentando la spirale inflazionistica. La disoccupazione rimase alta in molti Paesi occidentali mentre la crescita economica era debole, un contesto che erodeva i margini delle imprese. La politica monetaria inizialmente fu incerta: le banche centrali (in particolare la Fed negli USA) furono accusate di essere โdietro la curvaโ nel combattere lโinflazione, mantenendo i tassi di interesse troppo bassi allโinizio del decennio e poi dovendo rincorrere lโaumento dei prezzi con strette monetarie tardive ma molto aggressive alla fine del periodo (il celebre shock Volcker del 1979-81, con i tassi Fed oltre il 15%). Tutto ciรฒ creรฒ forti turbolenze finanziarie: si verificarono ripetuti ribassi del mercato (oltre quattro importanti correzioni o bear market tra il 1966 e il 1982, con crolli del 20-40% intervallati da rimbalzi effimeri).
Dal punto di vista degli investitori, gli anni โ70 furono estenuanti perchรฉ caratterizzati da molte โfalse partenzeโ: piรน volte la Borsa diede lโillusione di riprendersi, per poi tornare a scendere. Ogni rally veniva vanificato dallโennesimo aumento dellโinflazione o da una recessione in arrivo, instillando sfiducia duratura. Il risultato fu che chi aveva puntato sulle azioni nel decennio precedente vide pochissimi frutti, specialmente in termini reali. Anche considerando i dividendi (che negli anni โ70 erano relativamente alti, con dividend yield medi del 4-5%), questi riuscirono solo in parte a compensare lโinflazione galoppante. Non sorprende che unโintera generazione di investitori sia rimasta scottata da quellโesperienza, sviluppando unโavversione di lungo termine verso lโazionario.
Paralleli tra oggi e gli anni โ70: perchรฉ il passato fa paura
Visti i precedenti, non รจ difficile capire perchรฉ alcuni osservatori temano che gli anni 2020 possano somigliare ai โ70. Ecco i principali paralleli e analogie che vengono citati:
- Fiammata inflazionistica: dopo un lungo periodo di inflazione bassa e stabile, negli anni 2021-2022 lโinflazione รจ risalita rapidamente ai livelli piรน alti dagli anni โ80, sia negli Stati Uniti che in Europa. Le cause sono diverse (politiche monetarie espansive prolungate, stimoli fiscali, shock alle catene di approvvigionamento post-Covid, rincari energetici anche per via della guerra in Ucraina), ma il risultato รจ stato un brusco cambio di regime. Questo ricorda gli anni โ70, quando lโinflazione uscรฌ dal controllo. La paura รจ che, come allora, domare definitivamente lโinflazione risulti difficile, costringendo a condizioni finanziarie restrittive per molti anni.
- Stretta monetaria aggressiva: per far fronte allโaumento dei prezzi, la Fed ha alzato i tassi dโinteresse in modo rapido e consistente a partire dal 2022, portandoli dai valori prossimi allo zero (dellโera pandemica) fino a oltre il 5% nel giro di poco piรน di un anno. Anche altre banche centrali hanno seguito. Questo ricorda, in parte, la stretta di Volcker (anche se oggi i tassi reali sono ancora inferiori a quelli di allora). Lโincertezza ora riguarda la durata e lโentitร di questa stretta: i mercati non sanno se la Fed continuerร ad alzare i tassi, se li manterrร elevati a lungo o se sarร costretta a tagliarli in caso di recessione. Gli anni โ70 furono caratterizzati da politiche monetarie ondivaghe (stop-and-go), con tagli prematuri seguiti da nuove fiammate inflazionistiche. Il timore รจ di ricascare in un circolo vizioso simile: se la Fed allenta la guardia troppo presto, lโinflazione potrebbe riaccendersi; se invece resta troppo restrittiva, potrebbe aggravare il rallentamento economico. Questa incertezza sulla Fed contribuisce alla volatilitร e al sentiment negativo, proprio come avveniva negli anni โ70 quando ogni mossa della banca centrale poteva innescare euforia o panico sui mercati.
- Valutazioni iniziali elevate: come discusso, oggi i mercati azionari partono da multipli alti. Anche alla fine degli anni โ60, prima dellโinizio della stagnazione settantiana, le Borse avevano conosciuto un lungo bull market (gli anni โ50 e buona parte dei โ60) che aveva gonfiato le valutazioni. Emblematico negli USA fu il fenomeno delle โNifty Fiftyโ, un gruppo di 50 titoli azionari di alta qualitร e crescita che nei primi anni โ70 venivano considerati quasi โinvincibiliโ e comprati a qualsiasi prezzo, salvo poi crollare anchโessi durante la crisi del 1973-74. Alcuni intravedono un parallelo con lโelevata concentrazione odierna degli indici: nellโS&P 500 una manciata di grandi titoli tech (Apple, Microsoft, Google, Amazon, Nvidia e pochi altri) pesa una quota elevatissima della capitalizzazione totale. Questo significa che lโandamento del mercato nel suo complesso รจ trainato da pochi nomi; un loro eventuale indebolimento potrebbe trascinare giรน lโintero indice, esattamente come accadde quando le โNifty Fiftyโ persero il loro smalto.
- Shock geopolitici e materie prime: gli anni โ70 furono scossi dalle crisi petrolifere legate ai conflitti in Medio Oriente (guerra del Kippur nel 1973, rivoluzione iraniana nel 1979). Oggi, sebbene lโeconomia sia meno dipendente dal petrolio in proporzione al PIL rispetto ad allora, restiamo vulnerabili a shock di approvvigionamento energetico e a tensioni geopolitiche. La guerra tra Russia e Ucraina nel 2022 ha avuto effetti simili ad uno shock petrolifero in Europa, facendo impennare i prezzi di gas e elettricitร . Piรน in generale, il clima internazionale รจ teso (rivalitร USA-Cina, conflitti regionali) e il processo di globalizzazione sembra rallentare o frammentarsi. Questo contesto di incertezza globale ricorda sotto alcuni aspetti gli anni โ70 (guerre fredde, crisi internazionali) e puรฒ incidere negativamente sulla fiducia delle imprese e degli investitori.
In sintesi, alcuni ingredienti della โricettaโ anni โ70 sono presenti: inflazione non ancora del tutto sotto controllo, politica monetaria restrittiva e imprevedibile, valutazioni azionarie alte ereditate da un lungo bull market precedente, possibili shock esterni sfavorevoli. Non stupisce dunque che serpeggi una certa preoccupazione: gli investitori piรน pessimisti vedono allโorizzonte la possibilitร di una fase prolungata di rendimenti azionari bassi, se non addirittura negativi in termini reali โ in altre parole, un ritorno di โrendimenti in stile anni โ70โ.
Differenze chiave: perchรฉ la storia potrebbe non ripetersi uguale
Nonostante le somiglianze elencate, รจ importante sottolineare che oggi il contesto economico-finanziario presenta anche profonde differenze rispetto agli anni Settanta. Queste differenze potrebbero evitare che la storia si ripeta nello stesso modo, offrendo invece ai mercati la possibilitร di ottenere risultati migliori. Ecco alcuni fattori distintivi dei nostri giorni:
- Banche centrali piรน credibili e decise: La lezione degli anni โ70 non รจ andata persa. Oggi le banche centrali, a partire dalla Fed, hanno ben presente lโimportanza di ancorare le aspettative di inflazione e intervenire con tempestivitร . Se negli anni โ70 inizialmente si esitรฒ ad alzare i tassi per non deprimere lโeconomia (finendo perรฒ per aggravare lโinflazione), stavolta la Fed ha mostrato maggiore prontezza nellโinasprire la politica monetaria appena lโinflazione si รจ rivelata persistente. Certo, resta il rischio di errori di calibrazione, ma in generale la cultura della stabilitร dei prezzi รจ piรน radicata oggi. Inoltre, esistono strumenti macroprudenziali e canali di comunicazione (forward guidance) di cui la Fed non disponeva 50 anni fa, il che permette una gestione potenzialmente piรน fine dellโeconomia. Questo potrebbe significare riuscire a domare lโinflazione senza dover spingere lโeconomia in una recessione profonda come fu invece necessario nel 1980-82. Se lโinflazione viene riportata verso il 2-3% nel giro di alcuni anni, il confronto con gli anni โ70 terminerebbe qui: quella stagflazione fu cosรฌ deleteria proprio perchรฉ lโinflazione rimase alta per oltre un decennio. Oggi non รจ affatto scontato che accada lo stesso.
- Mercati del lavoro e struttura economica differenti: Negli anni โ70 la dinamica salariale era esplosiva, alimentata da una popolazione giovane, sindacati forti e meccanismi di adeguamento automatico dei salari al costo della vita. Oggi molte economie avanzate hanno popolazioni piรน anziane (quindi meno pressione dal lato della domanda di beni) e un mercato del lavoro piรน flessibile. La crescita dei salari, pur in rialzo, รจ finora rimasta piรน contenuta rispetto allโinflazione, evitando di innescare quella spirale prezzi-salari che fu centrale negli anni โ70. Inoltre, alcuni fattori strutturali โ ad esempio la digitalizzazione e la globalizzazione โ hanno effetti disinflazionistici (rendono la formazione dei prezzi piรน efficiente e la concorrenza globale limita il potere di prezzo delle imprese). ร vero che la globalizzazione sta rallentando, ma il livello di integrazione mondiale delle economie รจ comunque molto piรน elevato che nel 1975. Questo tende a smorzare gli eccessi: ad esempio, oggi shock locali di offerta (come un problema di produzione in un Paese) possono essere compensati piรน facilmente importando da altri, limitando le carenze e le impennate di prezzo che erano invece devastanti 50 anni fa.
- Situazione finanziaria di famiglie e aziende: Negli anni โ70 molti investitori individuali subirono pesanti perdite reali perchรฉ tenevano una buona parte del patrimonio in attivitร monetarie o obbligazioni a tasso fisso, che vennero erose dallโinflazione. Oggi sia le famiglie sia soprattutto le imprese hanno imparato a gestire meglio questi rischi: lโutilizzo di strumenti finanziari indicizzati allโinflazione รจ piรน diffuso, e in generale cโรจ maggiore consapevolezza dei pericoli dellโinflazione sul risparmio. Le aziende, dal canto loro, hanno bilanci piรน solidi (in media) e molti debiti a tasso fisso giร contratti a condizioni vantaggiose durante gli anni di tassi zero, il che le rende piรน resilienti a un periodo di tassi in rialzo rispetto alle aziende degli anni โ70. Inoltre, i mercati finanziari sono molto piรน profondi e diversificati oggi: gli investitori istituzionali (fondi pensione, assicurazioni, fondi sovrani) hanno enormi masse da allocare e tendenzialmente comprano ai ribassi di mercato se intravedono valore. Questo โfondo compratoreโ puรฒ mitigare i crolli prolungati. Negli anni โ70, la finanza era meno sviluppata e la partecipazione al mercato azionario era piรน ristretta, il che amplificรฒ la volatilitร al ribasso.
Ma soprattutto, un elemento potrebbe fare la differenza tra un futuro di stagnazione e uno di rinnovata crescita: lโinnovazione tecnologica. Su questo punto vale la pena approfondire, perchรฉ รจ qui che molti vedono la svolta positiva capace di scongiurare un nuovo decennio perduto.
Il ruolo dirompente dellโintelligenza artificiale e dellโinnovazione tecnologica
A cambiare radicalmente le carte in tavola rispetto agli anni โ70 รจ la presenza, oggi, di potenti forze tecnologiche dirompenti, prima fra tutte lโintelligenza artificiale (AI). Gli anni Settanta furono un periodo relativamente povero di progresso tecnologico visibile nel quotidiano (a parte i primi calcolatori e il settore aerospaziale): non vi furono innovazioni paragonabili, per diffusione di massa, allโavvento di Internet o degli smartphone dei decenni successivi. Oggi, invece, ci troviamo in unโepoca di rapida evoluzione tecnologica. LโAI in particolare viene spesso paragonata a una โnuova elettricitร โ o a un cambiamento di paradigma industriale. Come puรฒ lโAI influire sui mercati azionari e sullโeconomia?
In primo luogo, lโAI ha il potenziale per aumentare la produttivitร in quasi tutti i settori. Automazione avanzata, algoritmi di machine learning, robotica e analisi dei big data possono rendere le aziende piรน efficienti, ridurre costi operativi e aprire la strada a nuovi prodotti e servizi. Se questo aumento di produttivitร si concretizzerร , lโeconomia potrebbe crescere a ritmi piรน sostenuti senza generare troppa inflazione (perchรฉ lโofferta di beni e servizi cresce insieme alla domanda). Alcune stime sono impressionanti: secondo Goldman Sachs, lโadozione diffusa dellโAI potrebbe addirittura far aumentare il livello del PIL globale di un 15% oltre il trend nel prossimo decennio. Anche previsioni piรน prudenti indicano comunque un contributo positivo significativo. In pratica, lโAI potrebbe aggiungere punti percentuali di crescita allโanno rispetto allo scenario in cui questa rivoluzione tecnologica non avvenisse.
Maggior crescita economica significa, a tendere, maggiori utili per le aziende. Dunque anche se i multipli di valutazione dovessero contrarsi (come spesso accade dopo i picchi), gli utili โEโ nel rapporto P/E potrebbero aumentare grazie allโAI, sostenendo cosรฌ i prezzi azionari su un trend di crescita. In altre parole, lโAI potrebbe contribuire a evitare una stagnazione secolare degli utili e quindi dei mercati, rendendo i rendimenti azionari migliori di quanto furono negli anni โ70. Allora infatti la produttivitร era stagnante, mentre oggi abbiamo la concreta speranza di un nuovo boom di produttivitร simile a quello avvenuto con lโavvento dei computer e di Internet (boom che, ricordiamo, portรฒ agli ottimi rendimenti azionari degli anni โ80 e โ90).
Va detto che gli effetti delle grandi innovazioni non sono immediati. La storia insegna che serve tempo perchรฉ le tecnologie dirompenti si traducano in guadagni di produttivitร misurabili a livello macro. Ad esempio, lโuso capillare dei personal computer e di Internet iniziรฒ negli anni โ80, ma fu solo dalla metร degli anni โ90 che negli Stati Uniti si registrรฒ un chiaro aumento del tasso di produttivitร , proseguito poi fino ai primi anni 2000. Con lโAI potremmo vivere un percorso analogo, anche se molti ritengono che potrebbe essere piรน rapido grazie allโaccumulo di conoscenze e allโadozione immediata su scala globale. Alcuni analisti stimano che gli effetti tangibili dellโAI sullโeconomia inizieranno a vedersi giร verso la fine di questo decennio (anni 2028-2030), molto prima di quanto impiegarono innovazioni passate a fare la differenza. Questo significa che nel medio termine lโAI potrebbe aiutare ad attenuare eventuali elementi di stagflazione residui, aprendo una nuova fase di espansione economica negli anni 2030.
Oltre allโAI, ci sono altre innovazioni e trend dirompenti che differenziano il nostro tempo dagli anni โ70 e che potrebbero sostenere i mercati: la transizione energetica verso fonti rinnovabili e tecnologie โcleanโ sta catalizzando investimenti enormi e creando nuovi settori industriali; la digitalizzazione avanzata (cloud computing, IoT, 5G) continua a espandere margini di efficienza; progressi in biotecnologia e medicina promettono di aprire mercati completamente nuovi (si pensi alla frontiera delle terapie geniche, o alle applicazioni dellโmRNA sviluppate durante la pandemia). Tutti questi elementi costituiscono motori di crescita che negli anni โ70 non esistevano affatto. Se anche solo alcuni di essi manterranno le promesse, potrebbero contribuire a rendere i prossimi 10-20 anni molto diversi dal โdecennio perdutoโ che fu il 1973-1982. Invece di stagnazione, potremmo assistere a cambiamenti strutturali positivi, con interi nuovi comparti che emergono in Borsa e trainano gli indici verso lโalto.
Da notare che la stessa natura del mercato azionario oggi รจ piรน orientata verso societร tecnologiche e di servizi rispetto agli anni โ70. Allora gli indici erano dominati da aziende manifatturiere, petrolifere, automobilistiche โ settori che soffrirono molto la stagflazione. Oggi i listini vedono una prevalenza di aziende tech e comunicazioni, che in teoria dovrebbero essere piรน resilienti allโinflazione (hanno meno costi materie prime) e beneficiare maggiormente dei progressi tecnologici. Naturalmente, questo non le rende immuni da crisi (le dot-com crollarono nel 2000), ma il punto รจ che la composizione settoriale del mercato รจ cambiata in modo da poter sfruttare meglio eventuali spinte innovative. Se negli anni โ70 investire in โnuove tecnologieโ era difficile (bisognava magari puntare su startup o piccole societร non ancora in Borsa), oggi molte delle aziende leader dellโAI e della digitalizzazione sono giร colossi quotati: ciรฒ significa che un investitore sullโS&P 500 partecipa direttamente alla rivoluzione tech in corso. In un certo senso, il mercato incorpora la scommessa sullโinnovazione, mentre negli anni โ70 il mercato โsubivaโ e basta il declino dei settori tradizionali senza catalizzatori positivi di pari scala.
Prospettive future: realismo e prudenza, ma anche opportunitร
Tutti questi elementi suggeriscono che, pur dovendo mantenere un sano realismo, le prospettive dei mercati azionari oggi non sono condannate a replicare per forza lo schema degli anni โ70. Certo, dopo un periodo di rendimenti eccezionali come quello scorso (anni 2010 fino al 2021), รจ ragionevole aspettarsi rendimenti piรน moderati nei prossimi anni. I tassi di interesse piรน alti e la fine di alcune politiche ultra-espansive (quantitative easing) hanno giร aumentato il costo del capitale e pesato sulle valutazioni, portando a correzioni nel 2022. Ma moderato non significa necessariamente negativo in termini reali.
Gli scenari previsionali degli analisti in realtร sono piuttosto divergenti. Abbiamo visto quelli pessimistici (rendimenti quasi zero per una decade, secondo alcune banche dโaffari). Dallโaltro lato ci sono anche scenari piรน ottimistici: ad esempio, secondo i modelli di J.P. Morgan AM, il mercato USA potrebbe ancora generare circa un 7-8% annuo nei prossimi 10-15 anni, un valore non lontano dalla media storica, grazie soprattutto al contributo di innovazione e crescita economica sostenuta. La veritร probabilmente sta nel mezzo, ed รจ importante ricordare che predire esattamente i rendimenti decennali รจ arduo โ troppe variabili possono intervenire (cicli economici, eventi imprevisti, scelte politiche).
Per gli investitori privati e i piccoli risparmiatori, qual รจ allora lโatteggiamento giusto in questa fase? Prudenza ma non panico. Prudenza nel calibrare le aspettative: dopo anni di guadagni facili, prepariamoci a possibili volatilitร e a rendimenti meno lineari. ร saggio diversificare le proprie allocazioni, non fare eccessivi affidamenti su un solo mercato o settore, e magari mantenere un orizzonte temporale piรน lungo per compensare eventuali fasi di magra. Allo stesso tempo, non bisogna farsi paralizzare dalla paura di un nuovo 1970: la situazione odierna presenta anche opportunitร che allora non cโerano. Investire nellโinnovazione (pur con criterio) puรฒ dare soddisfazioni proprio in contesti di svolta tecnologica. Inoltre, se lโinflazione dovesse scendere e stabilizzarsi, i mercati potrebbero ritrovare condizioni favorevoli: storicamente, le azioni tendono a performare bene in ambienti di inflazione bassa/stabile e crescita economica discreta โ uno scenario che, con un poโ di fortuna e buona gestione delle politiche, potremmo ritrovare entro qualche anno.
In conclusione, i mercati azionari affrontano certamente sfide e incognite non banali in questi anni 2020. Le prospettive a breve termine possono essere nebulose: un mix di possibili rallentamenti economici, aggiustamenti valutativi e strascichi dellโalta inflazione potrebbe limitare i guadagni e tenere gli investitori sulle spine. Tuttavia, le lezioni del passato e le forze del presente suggeriscono che un replay esatto degli anni โ70 non รจ scritto nel destino. La storia economica raramente si ripete in fotocopia; spesso โfa rimaโ, ma cambiano gli attori e gli elementi di contesto. Oggi quei nuovi attori sono lโAI e le tecnologie disruptive, coadiuvate da banche centrali piรน consapevoli e da economie globali interconnesse. Il risultato finale potrebbe essere un decennio di rendimenti piรน bassi rispetto allโultimo, ma comunque positivi e ben lontani dalla catastrofe temuta. In altre parole, i rendimenti in stile anni โ70 potrebbero tornare alla ribalta in termini di direzione (in rallentamento rispetto al passato), ma non necessariamente in termini di gravitร (una stagnazione reale prolungata).
Come sempre, solo il tempo dirร quale scenario si materializzerร . Nel frattempo, agli investitori conviene restare informati, mantenere la disciplina e magari trovare un equilibrio tra la memoria storica (che invita a cautela quando il mercato รจ caro e lโinflazione sale) e la fiducia nel futuro (tenendo conto del potenziale di trasformazione positiva che il progresso porta con sรฉ). I mercati azionari, dopotutto, hanno dimostrato nel lungo periodo una straordinaria capacitร di adattamento e crescita attraverso guerre, crisi e rivoluzioni industriali. Scommettere contro la creativitร umana e lโinnovazione si รจ rivelato raramente vincente. Anche stavolta, quindi, pur navigando a vista tra possibili scogli, vale la pena tenere un occhio fisso allโorizzonte delle opportunitร che potrebbero delinearsi.
Fonti
- Ritholtz, Barry. โ3%: Great Depression, GFC, 1970s & 2020s?โ โ Analisi delle previsioni di Goldman Sachs sui rendimenti azionari del prossimo decennio, con riferimento ai paralleli storici (The Big Picture, 24 Ottobre 2024).
- Discovery Alert. โThe 1970s Stock Market Crash: A 16-Year Wealth Destroyerโ โ Articolo che descrive lโandamento del mercato azionario negli anni 1966-1982, evidenziando la perdita del 73% in termini reali e lโimpatto dellโinflazione (23 Luglio 2025).
- Research Affiliates. โCAPE Fear: Why CAPE Naysayers Are Wrongโ โ Pubblicazione di Rob Arnott et al. che riporta come il CAPE ratio del mercato USA abbia toccato livelli storicamente elevati (paragonabili solo al 1929 e 2000) e discute le implicazioni per i rendimenti futuri (Gennaio 2018).
- J.P. Morgan Private Bank. โHow AI can boost productivity and jump start growthโ โ Approfondimento sulle potenzialitร dellโintelligenza artificiale nellโaccrescere la produttivitร e il PIL, citando una stima di Goldman Sachs su un +15% cumulativo al PIL in 10 anni grazie allโAI (dato al 2024).