L’anno 2025 è segnato da un’intensificazione delle politiche economiche e commerciali che hanno caratterizzato il primo mandato di Donald Trump, con proiezioni che indicano un impatto significativo e multifacettato sui mercati finanziari globali. Le sue strategie, incentrate su dazi, deregolamentazione e specifici orientamenti fiscali, stanno già generando reazioni e previsioni tra analisti ed economisti.
Politiche Economiche e Fiscali: Tra Tagli e Aumento del Debito
Nel 2025, l’amministrazione Trump ha rapidamente messo in atto politiche che includono il proseguimento dei tagli fiscali (sulla scia del Tax Cuts and Jobs Act del 2017) e un tentativo di riduzione della spesa governativa, mirato a contenere il deficit fiscale pur supportando una crescita economica ambiziosa. Nonostante gli obiettivi di riduzione del deficit, le proiezioni indicano un aumento del debito pubblico statunitense, che genera un “Trump premium” – un premio di rischio sui titoli di stato USA – a causa delle politiche non ortodosse e delle preoccupazioni sulla sostenibilità fiscale. Questo si è manifestato con aste di Treasury che hanno “floppato” e rendimenti obbligazionari in aumento, indicando una potenziale sfiducia del mercato obbligazionario. La crescita del PIL statunitense è prevista in rallentamento, con stime che la riducono all’1,5% nel 2025, e un impatto negativo si estende anche all’Eurozona e all’Italia, con revisioni al ribasso delle previsioni di crescita a causa dell’incertezza commerciale.
Politiche Commerciali: Dazi Aggressivi e Ripercussioni Globali
La politica commerciale di Trump nel 2025 è dominata dall’introduzione di dazi significativamente più alti e diffusi rispetto al primo mandato. Si parla di dazi al 10% su tutte le importazioni dall’UE (con un impatto stimato di -0,4% sulla crescita dell’Eurozona nel 2025), e percentuali ben più alte sulla Cina e sul Messico. Queste misure stanno già causando una debolezza delle prospettive commerciali globali e un’accresciuta incertezza politica commerciale, che si traduce in meno esportazioni, un calo della fiducia e una riduzione degli investimenti e dei consumi a livello mondiale. Le borse, sia negli Stati Uniti che in Europa, hanno reagito con brusche correzioni all’introduzione di questi dazi, evidenziando una significativa volatilità dei mercati azionari.
Deregolamentazione: Impulso per Alcuni Settori, Rischi Potenziali
Nel 2025, l’agenda di deregolamentazione di Trump mira a stimolare i mercati dei capitali e a ridurre gli oneri normativi per le aziende. Si prevede una minore pressione normativa sulle aziende che operano con combustibili fossili e un allentamento delle regolamentazioni sui veicoli elettrici, con un potenziale rilancio della domanda di auto tradizionali. Anche il settore finanziario dovrebbe beneficiare di un contesto normativo più lasco, che potrebbe incentivare l’attività. Questa deregolamentazione, sebbene prometta di snellire le operazioni aziendali e potenzialmente aumentare i profitti in settori specifici, potrebbe anche sollevare preoccupazioni riguardo alla stabilità finanziaria a lungo termine e alle questioni ambientali.
Inflazione e Politica Monetaria: Una Sfida per le Banche Centrali
L’introduzione di dazi e le politiche fiscali espansive contribuiscono a un rischio di inflazione nel 2025. Sebbene l’inflazione nell’Eurozona sia prevista in calo al 2,1%, e in Italia si osservi una discesa dopo un rialzo iniziale dovuto ai costi energetici, la possibilità di un “surriscaldamento economico” negli Stati Uniti, alimentato dalle politiche di Trump, potrebbe portare a una nuova impennata inflazionistica. Questo scenario potrebbe costringere la Federal Reserve e altre banche centrali a riconsiderare i tagli dei tassi d’interesse, o addirittura a intraprendere nuovi aumenti, creando sfide per imprese e consumatori e aumentando l’incertezza sui mercati.
Andamento del Dollaro e Rischi Geopolitici
L’andamento del dollaro USA nel 2025 è soggetto a forze contrastanti. Da un lato, rendimenti obbligazionari statunitensi più elevati potrebbero attrarre capitali, rafforzando la valuta. Dall’altro, l’incertezza generata dalle politiche commerciali erratiche e dalle tensioni geopolitiche potrebbe portare a un’elevata volatilità sul mercato dei cambi. Le previsioni indicano che il tasso di cambio EUR/USD potrebbe stabilizzarsi attorno a 1,12 entro fine anno, con un rischio asimmetrico verso livelli più elevati (un Euro più forte).
I rischi geopolitici rimangono un fattore cruciale. La politica di Trump è caratterizzata da nazionalismo economico e diplomazia transazionale, che possono innescare ritorsioni commerciali e ridefinire le alleanze globali. La competizione geopolitica sull’intelligenza artificiale e altre tecnologie strategiche sta creando blocchi tecnologici tra Stati Uniti e Cina, mettendo a rischio la cooperazione internazionale. Questa frammentazione e la crescente incertezza influenzano direttamente la fiducia degli investitori e la stabilità dei mercati, spingendo gli attori economici a riconsiderare le proprie catene di approvvigionamento e strategie di investimento globale.
In sintesi, il 2025 sotto l’influenza di Donald Trump si preannuncia come un anno di significativa volatilità e riorganizzazione sui mercati finanziari. Le sue politiche aggressive avranno un impatto diretto sulla crescita economica globale, sull’inflazione e sulla stabilità delle valute, richiedendo agli investitori un’attenta gestione del rischio e una costante vigilanza sulle dinamiche macroeconomiche e geopolitiche.
L’era politica di Donald Trump ha segnato e continua a proiettare un’ombra distintiva sui mercati finanziari globali. Le sue politiche aggressive e la sua retorica spesso imprevedibile hanno generato sia euforia che incertezza, con impatti misurabili sulle azioni, sulle obbligazioni e sul dollaro. Analizziamo l’influenza del suo primo mandato (2017-2021) e le proiezioni per un ipotetico secondo periodo di presidenza.
Il Primo Mandato (2017-2021): Tagli Fiscali, Deregolamentazione e Dazi
Il primo mandato di Donald Trump è stato caratterizzato da tre pilastri economici principali: tagli fiscali significativi, un’ampia deregolamentazione e una politica commerciale aggressiva.
Le politiche fiscali hanno visto l’implementazione del Tax Cuts and Jobs Act del 2017, che ha ridotto l’aliquota dell’imposta sulle società dal 35% al 21%. Questa mossa, accolta con entusiasmo dai mercati, è stata un catalizzatore per la crescita degli utili aziendali e ha alimentato un robusto rally azionario. L’indice Dow Jones Industrial Average (DJIA) è salito del 56% e l’S&P 500 ha registrato un impressionante +68% tra gennaio 2017 e gennaio 2021. La crescita del PIL statunitense si è attestata in media al 2,3%-2,7% annuo (2017-2019) prima della pandemia, con la disoccupazione che ha toccato un minimo storico del 3,5%. Tuttavia, questa espansione è stata accompagnata da un significativo aumento del debito pubblico, cresciuto del 39% a $27,75 trilioni, e del deficit di bilancio, che ha quasi raggiunto $1 trilione nel 2019. L’inflazione è rimasta contenuta, attestandosi attorno all’1,4% medio durante il periodo pre-pandemico.
Sul fronte della deregolamentazione, l’amministrazione Trump ha perseguito un ambizioso programma volto a ridurre gli oneri burocratici per le imprese. Nel settore finanziario, l’Economic Growth, Regulatory Relief, and Consumer Protection Act del 2018 ha esentato decine di banche con asset inferiori a $250 miliardi da alcune normative Dodd-Frank, inclusa la Volcker Rule per le banche con meno di $10 miliardi in asset, alleggerendo il peso normativo sulle banche più piccole e medie. Questa mossa ha generalmente ricevuto una reazione positiva iniziale dai mercati, contribuendo alla fiducia degli investitori in un contesto più favorevole agli affari. Parallelamente, l’amministrazione ha smantellato numerose regolamentazioni ambientali, ritirandosi dall’Accordo di Parigi sul clima, abrogando il Clean Water Rule e allentando le normative sulle emissioni, con l’obiettivo di favorire l’indipendenza energetica e settori come quello chimico.
Le politiche commerciali sono state un punto di forte attrito. L’imposizione di dazi su acciaio, alluminio e, in particolare, sulla Cina, ha innescato una guerra commerciale che ha generato notevole volatilità sui mercati finanziari globali. Sebbene i dazi non abbiano avuto un effetto sostanzialmente nullo sul deficit commerciale complessivo degli Stati Uniti, hanno portato a una riconfigurazione inefficiente delle catene di approvvigionamento globali e a un aumento dei costi per i consumatori e le imprese americane. L’S&P 500 ha subito un calo del 20% nel 2018, in parte attribuibile alle tensioni commerciali. Il mercato obbligazionario ha reagito negativamente ai dazi, spingendo al rialzo i rendimenti dei Treasury, mentre il dollaro, inizialmente rafforzato dalla fiducia nelle politiche pro-crescita, ha mostrato fluttuazioni a seconda delle vicende geopolitiche.
Il Potenziale Secondo Mandato: Un’Agenda Intensificata e Nuove Sfide
Le proiezioni per un potenziale secondo mandato di Donald Trump indicano una continuità e un’intensificazione delle politiche del suo primo periodo, ma in un contesto economico globale differente.
Le politiche fiscali prevederebbero un’estensione dei tagli fiscali del 2017 e una potenziale ulteriore riduzione dell’imposta sulle società al 15-20%. Sebbene questi tagli potrebbero inizialmente stimolare i mercati, gli analisti prevedono un aumento significativo del debito pubblico, che potrebbe crescere di ulteriori $15 trilioni in un decennio, portando il deficit a raggiungere il 12% entro il 2035. Questo scenario genera preoccupazioni per la sostenibilità fiscale e potrebbe mantenere i rendimenti obbligazionari elevati, come già osservato con un’asta di Treasury a 20 anni che ha floppato a maggio 2025, spingendo i rendimenti sopra il 5%.
Sul fronte delle politiche commerciali, si attende un’escalation con l’introduzione di dazi molto più aggressivi: un 10-20% su tutte le importazioni, fino al 60% sulla Cina e un potenziale 200% sulle auto prodotte in Messico. Tali misure sono previste ridurre il PIL degli Stati Uniti dal 0,8% al 6% nel lungo periodo e comportare una riduzione dei salari e una perdita di posti di lavoro. Le catene di approvvigionamento subirebbero ulteriori interruzioni e riorganizzazioni, con un conseguente aumento dei costi e dell’inflazione.
La deregolamentazione continuerebbe, con un allentamento delle normative antitrust, requisiti patrimoniali meno stringenti per le banche e un quadro normativo più favorevole alle criptovalute, con l’obiettivo di rendere gli Stati Uniti una “capitale delle cripto”. Questo potrebbe favorire i settori bancario e finanziario, le piccole capitalizzazioni e l’energia tradizionale, mentre penalizzerebbe le energie rinnovabili e i settori legati al commercio globale.
L’impatto sui mercati finanziari in un secondo mandato potrebbe iniziare con un “Trump Trade” – un rally iniziale guidato dalle aspettative di tagli fiscali e deregolamentazione, che favorirebbe banche, small cap, energia tradizionale e criptovalute. Tuttavia, questo effetto potrebbe essere di durata più breve rispetto al primo mandato a causa di un contesto di mercati più maturi, livelli di debito già elevati e rischi inflazionistici più pronunciati. L’inflazione core PCE, che potrebbe rimanere attorno al 2,5%, potrebbe costringere la Federal Reserve a rallentare o ridurre i tagli dei tassi di interesse previsti, neutralizzando parte dei benefici del “Trump Trade”. Il dollaro potrebbe apprezzarsi per via dei flussi di capitale, ma l’incertezza politica e fiscale potrebbe anche indebolirlo.
Geopolitica e Stabilità dei Mercati: Un Fattore Costante di Volatilità
L’approccio di Donald Trump alle relazioni internazionali ha avuto e continuerà ad avere un’influenza diretta sulla stabilità dei mercati finanziari e sulla fiducia degli investitori.
Durante il suo primo mandato, le guerre commerciali non solo hanno rallentato la crescita globale e distorto le catene di approvvigionamento, ma hanno anche acuito le tensioni internazionali. La sua retorica scettica nei confronti della NATO ha creato divisioni all’interno dell’alleanza, spingendo l’Europa a riconsiderare la propria autonomia in materia di sicurezza. Il ritiro degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi sul clima e da altre iniziative globali ha isolato il paese su determinate questioni, costringendo altre nazioni a riposizionarsi. L’impatto si è fatto sentire a livello regionale, con ritorsioni sui dazi e la necessità per paesi come Canada e Messico di diversificare i propri partner commerciali.
Per un potenziale secondo mandato, gli analisti prevedono una continuazione del nazionalismo economico e della diplomazia transazionale, il che porterebbe a un’intensificazione dell’incertezza commerciale e a una maggiore divergenza nelle politiche monetarie globali. Sebbene alcuni suggeriscano che Trump potrebbe essere più consapevole dei limiti imposti dalle reazioni dei mercati obbligazionari (il “bond market rebellion” che potrebbe costringerlo a ridurre i dazi per evitare la stagflazione), i rischi geopolitici rimarranno elevati, influenzando negativamente la fiducia degli investitori e la stabilità dei mercati. L’Europa, in particolare, è già orientata a rafforzare la propria autonomia commerciale e di sicurezza.
Confronto dei Mandati: Continuità e Differenze Attese
Confrontando il primo mandato di Trump con le proiezioni per un eventuale secondo, emergono sia elementi di continuità che differenze significative.
Un aspetto di continuità è l’atteso rally iniziale del “Trump Trade”, alimentato dalle promesse di tagli fiscali e deregolamentazione. Anche la politica dei dazi e il sostegno ai combustibili fossili rimarranno temi centrali.
Tuttavia, le differenze sono notevoli. Il contesto di mercato è diverso: il primo mandato è iniziato con valutazioni più basse, mentre un potenziale secondo si troverebbe di fronte a mercati più maturi, livelli di debito pubblico già elevati e rischi inflazionistici più marcati. Si prevede che i dazi del secondo mandato saranno “molto più aggressivi”, con il potenziale di causare declini economici più significativi. La reazione della Federal Reserve potrebbe essere meno accomodante a causa dell’inflazione, riducendo i margini per tagli dei tassi e limitando i benefici del “Trump Trade”. Il mercato obbligazionario è visto come un fattore limitante cruciale, con la sua avversione all’aumento del debito che potrebbe costringere Trump a moderare alcune politiche. La volatilità è attesa rimanere significativa, e la durata dell’effetto “Trump Trade” potrebbe essere più breve nel secondo mandato a causa del contesto globale più complesso e instabile.
In sintesi, l’influenza di Donald Trump sui mercati finanziari è profonda e complessa. Mentre il suo primo mandato ha beneficiato di un contesto economico favorevole, il futuro si presenta con sfide amplificate, dove le sue politiche di nazionalismo economico e fiscale potrebbero scontrarsi con limiti di sostenibilità e reazioni più decise dai mercati globali.
Ecco l’influenza di Trump Presidente degli Stati Uniti su investimenti e mercati finanziari nel primo mandato.
Crollano le borse, vola l’oro, ecco le prime conseguenze delle notizie che dicono che Trump è Presidente degli Stati Uniti d’America.
I Nostri investimenti ne risentiranno?
In effetti tutta la grande finanza si era schierata palesemente con Hillary Clinton, aveva riposto i lei le speranze di una stabilità che arriva da Clinton stesso, poi portata avanti per 2 mandati da Obama , ma il Tycoon ha sparigliato le carte, come si dice.
In queste ultime ore tutti gli operatori finanziari sono con occhi ed orecchie incollati ai vari tabelloni che riportano i voti nei vari Stati americani, ma ormai sembra tutto scontato.
Donald Trump ha vinto le elezioni presidenziali USA.
Conseguenze sugli investimenti con Trump Presidente degli Stati Uniti.
La paura è tanta, ma è giustificata? Probabilmente andrà bene a molti trader professionisti, perchè ci saranno delle forti oscillazioni.
Sotto controllo bisognerebbe tenere i titoli delle industrie di armi, in quanto Trump ha sempre detto che vuole meno impegno americano all’estero, anche se sembra che un po’ tutte le azioni in queste prime ore subiscano queste forti oscillazioni dovute più che altro alla paura.
Trump, un Presidente USA che pensa poco ed agisce d’istinto.
Il vero problema con Trump non sono le sue posizioni politiche, come più volte ha detto Obama, ed ha ricordato lo stesso Trump, il suo più grande problema è il suo carattere.
Trump è un vero e proprio tifone, è sanguigno, impulsivo e travolgente e se hai in mano una valigetta dalla quale puoi dare l’ordine di distruggere il mondo, l’impulsività è l’ultima delle caratteristiche che dovrebbe avere un Presidente USA, in questo ci sentiamo di appoggiare le dichiarazioni di Obama.
Le Borse Valori, dopo l’elezione di Trump si calmeranno come per la Brexit?
Probabilmente, dopo un primo periodo di ‘maretta’ le borse mondiali e della più grande potenza economica mondiale, si calmeranno come è accaduto per la Brexit, quando le conseguenze per la Brexit sono solo per la Gran Bretagna.
Il Problema dell’economia statunitense invece è che è talmente influente nei mercati di tutto il mondo che se l’economia USA ha un problema, questo ricadrà sicuramente anche su tutti gli altri stati.
Trumponomics: quali effetti per l’economia con il nuovo presidente USA? da: Borsa in diretta TV
Aggiornamento 9 novembre 2016 ore 9:00. Donald Trump è ufficialmente il nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America.
Donald Trump sta tenendo un discorso proprio ora, di fronte ai suoi elettori, che smorza i toni della campagna elettorale, un discorso molto pacato e ragionato.
Migliaia di persone che lo acclamano, il nuovo Presidente USA che rimarrà in carico per almeno 4 anni, cioè fino al novembre 2020 ha sottolineato più volte che sarà il Presidente di tutti, di repubblicani, democratici, di non allineati e di tutte le etnie e ha detto più volte che vuole un’America unita e compatta.
Ha detto inoltre che non vuole scontri con altri paesi, ha detto che userà il dialogo e non le armi, naturalmente tenendo sempre in primo piano gli interessi degli Stati Uniti d’America.
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Dai sondaggi si sa per certo che a votare Trump sono state le persone più povere in America, in particolare i bianchi.
Di bianchi poveri in America ce ne sono sempre di più, per tante ragioni ma è stata la crisi delle banche nel 2008 a scatenare tutto questo.
Una possibile soluzione fu ventilata dal Obama, che cercò di iniziare dei colloqui con altri governatori di nazioni del mondo per darsi regole certe alla finanza mondiale, ma tutto cadde nel dimenticatoio.
Ora se davvero Trump vuole combattere i poteri forti della finanza – come dice Lui stesso – dovrà dare seguito a tutto questo, ma Noi non ci crediamo un granchè.
White House
Per seguire gli aggiornamenti sull’influenza di Trump Presidente, seguici su Economia Italia.
Scusate, ma, a parte le questioni politiche ed economiche, tycoon non significa "tifone" (typhoon) semmai "magnate, personaggio di potere"! (anche se non riesco ad applicare una tale definizione a un soggetto come Trump ?)
Vero, ma mi sa che hanno corretto ed hanno licenziato il copywriter
SONO PER TRUMP HO SEMPRE PENSATO CHE LUI SARA' IL NUOVO PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI D'AMERICA E NON MI SONO SBAGLIATO BUON LAVORO TRUMP