Ddl conti correnti: Una Svolta per l’Inclusione Finanziaria in Italia.
Il sistema bancario italiano è al centro di una trasformazione legislativa di portata storica. La Camera dei Deputati ha dato il via libera definitivo al testo unificato delle proposte di legge AC 1091 e AC 1240, una normativa che ridefinisce radicalmente il rapporto tra banche e clienti in materia di conti correnti. La genesi di questo provvedimento non risiede in astratte elucubrazioni giuridiche, ma affonda le sue radici nelle cronache quotidiane, nelle denunce di innumerevoli cittadini e imprese che si sono visti chiudere il proprio conto corrente in modo unilaterale e inspiegabile, spesso nonostante la presenza di saldi attivi.3 Questa prassi, nota a livello internazionale come “de-risking”, ha creato una nuova forma di esclusione sociale, ostacolando l’accesso a operazioni economiche ormai essenziali: dalla ricezione dello stipendio alla domiciliazione delle bollette, dalla gestione dei flussi finanziari aziendali all’accesso ai bonus statali.
In risposta a questa crescente emergenza, il Parlamento ha intrapreso un percorso volto a sancire un principio fondamentale: l’inclusione finanziaria, intesa come la garanzia che ogni cittadino possa disporre di un conto corrente attivo, non più come un privilegio concesso discrezionalmente, ma come un diritto fondamentale per la piena partecipazione alla vita economica del Paese. Il nuovo Disegno di Legge (Ddl) si propone di raggiungere questo obiettivo attraverso due pilastri: l’introduzione di un “obbligo a contrarre” per gli istituti di credito e l’imposizione di limiti stringenti alla loro facoltà di recesso.
Questo report si propone di offrire un’analisi completa e multilivello della nuova normativa. Partendo dalle ragioni che l’hanno generata, si esaminerà nel dettaglio il contenuto giuridico delle modifiche al Codice Civile e al Codice del Consumo. Si analizzeranno le posizioni critiche espresse dalle principali istituzioni del settore, come la Banca d’Italia e l’Associazione Bancaria Italiana (ABI), e si collocherà la riforma nel più ampio contesto della regolamentazione europea. Infine, si valuteranno le conseguenze pratiche per risparmiatori e imprese, esplorando i nuovi diritti, gli strumenti di tutela e i potenziali costi, per delineare i contorni di quella che potrebbe essere una nuova era nel rapporto tra banca e cliente in Italia.
Sezione 1: Le Radici della Riforma: Dalle Denunce dei Cittadini all’Iniziativa Parlamentare
1.1 L’Inclusione Finanziaria: Un Diritto Fondamentale nell’Economia Moderna
Il concetto di inclusione finanziaria si riferisce alla possibilità per ogni individuo e impresa di accedere e utilizzare servizi finanziari formali, sicuri e convenienti. In un’economia moderna, sempre più digitalizzata e dematerializzata, l’accesso a un conto corrente ha smesso di essere un’opzione per diventare una necessità infrastrutturale. L’esclusione da questo servizio non è più solo un disagio, ma una barriera che può portare a forme più ampie di emarginazione sociale e lavorativa.
Il conto corrente è oggi lo strumento indispensabile per esercitare quella che può essere definita una vera e propria “cittadinanza economica”. È il canale attraverso cui transitano stipendi e pensioni, si pagano utenze e tributi, si ricevono bonus e sussidi statali, e si partecipa al commercio elettronico. La sua importanza è tale che la stessa Banca d’Italia, in documenti sull’educazione finanziaria, paragona la competenza nella scelta e gestione di un conto a capacità fondamentali come saper usare internet o guidare un’automobile. A livello globale, la Banca Mondiale identifica l’inclusione finanziaria come un “fattore chiave” per la riduzione della povertà e la promozione di una prosperità condivisa. La negazione di questo strumento, quindi, non è più una semplice questione commerciale, ma un atto che incide profondamente sui diritti civili ed economici della persona.
1.2 Il Fenomeno delle Chiusure Unilaterali: Storie, Prassi e Denunce
Negli ultimi anni, si è assistito a un aumento delle segnalazioni relative a chiusure unilaterali di conti correnti da parte delle banche. Questa pratica, formalmente legittimata dalla facoltà di recesso unilaterale prevista nei contratti, è stata spesso percepita come arbitraria e ingiustificata. Le motivazioni addotte dagli istituti, quando fornite, sono state frequentemente vaghe, riconducibili a generiche “valutazioni di rischio” o a “gestione anomala” del rapporto, anche in presenza di saldi ampiamente positivi e di una condotta ineccepibile del cliente.
Le associazioni dei consumatori hanno raccolto e amplificato queste denunce. Federconsumatori, ad esempio, ha segnalato la pratica di alcuni istituti di chiudere conti con liquidità superiore a 100.000 euro ma privi di prodotti di investimento collegati, una mossa definita “arbitraria” e “scorretta”.13 Altre associazioni come Codacons e Adusbef hanno evidenziato come queste chiusure, spesso immotivate, privino i cittadini di un’infrastruttura di pagamento essenziale, con gravi conseguenze sulla loro capacità di condurre una normale attività economica.7 Le storie raccolte da queste organizzazioni, e quelle emerse in forum e ricorsi, dipingono un quadro di profonda frustrazione per i clienti, che si trovano improvvisamente esclusi dal sistema finanziario e segnalati nel circuito interbancario, con difficoltà ad aprire nuovi rapporti.10 Questa dinamica ha generato un crescente dibattito sulla possibilità che tale esercizio del diritto di recesso potesse configurare un vero e proprio “abuso del diritto”.16
1.3 La Genesi del Ddl: Un Percorso Bipartisan verso un Diritto Universale
È in questo clima di diffuso malcontento che ha preso forma l’iniziativa parlamentare. La risposta legislativa è maturata attraverso la convergenza di due distinte proposte di legge, presentate nel corso del 2023: la C. 1091, a prima firma dell’On. Francesco Saverio Romano (Noi Moderati), e la C. 1240, a prima firma dell’On. Alberto Bagnai (Lega).17 La sostanziale equivalenza degli obiettivi ha portato la VI Commissione Finanze della Camera a unificarle in un unico testo, che ha concluso il suo esame il 16 luglio 2025.
L’iniziativa ha raccolto un consenso bipartisan, interpretando un’esigenza avvertita trasversalmente. Come sottolineato dai promotori, l’obiettivo era “sanare uno sbilanciamento tra dovere e diritto”: se lo Stato, di fatto, obbliga i cittadini a possedere un conto corrente per innumerevoli adempimenti, deve anche garantire il diritto ad averlo. Questo percorso legislativo non nasce dal nulla, ma si ricollega a un precedente tentativo del 2020 (disegno di legge AS 1712), che già conteneva principi simili ma non aveva completato il suo iter. La riproposizione e la rapida approvazione alla Camera dimostrano come il problema abbia raggiunto una massa critica tale da non poter essere più ignorato.
Il passaggio da una semplice logica di tutela del consumatore, inteso come parte debole di un contratto, a una visione più ampia che garantisce la “cittadinanza economica”, segna il vero salto di qualità concettuale della riforma. Il Ddl non si limita a correggere una prassi commerciale scorretta, ma eleva il conto corrente da prodotto finanziario a infrastruttura di base per l’esercizio dei diritti, estendendo la sua protezione anche a soggetti non consumatori come le piccole imprese, anch’esse vittime del fenomeno.
Sezione 2: Analisi Giuridica del Testo Unificato: Cosa Cambia nel Codice Civile e nel Codice del Consumo
Il cuore della riforma risiede in un unico, denso articolo di legge che interviene su due testi normativi fondamentali: il Codice Civile e il Codice del Consumo. Le modifiche, sebbene tecnicamente circoscritte, sono destinate a ridisegnare l’equilibrio di potere nel rapporto banca-cliente.
2.1 L’Introduzione dell’Art. 1857-bis c.c.: L’Obbligo a Contrarre
La novità più dirompente è l’introduzione nel Codice Civile dell’articolo 1857-bis, rubricato “Apertura e chiusura di un rapporto di conto corrente”. La prima parte di questo articolo stabilisce un
obbligo per la banca di stipulare un contratto di conto corrente con chiunque ne faccia richiesta. Questo principio scardina uno dei cardini del diritto privato, la libertà contrattuale, secondo cui ogni soggetto è libero di scegliere la propria controparte economica. Fino ad oggi, una banca poteva legittimamente rifiutare l’apertura di un conto sulla base di proprie politiche commerciali e di valutazione del rischio, senza un obbligo generalizzato di motivazione.
L’unica eccezione a questo nuovo obbligo è chiaramente definita: il diniego è legittimo solo se necessario per assicurare il rispetto delle disposizioni nazionali ed europee in materia di contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo (AML/CFT). In sostanza, la banca può e deve rifiutare di aprire un conto se ciò comportasse una violazione delle norme antiriciclaggio, ad esempio in caso di impossibilità di identificare adeguatamente il cliente o il titolare effettivo.
2.2 Il Divieto di Recesso e la Modifica Epocale al Codice del Consumo
La seconda parte dell’articolo 1857-bis affronta il tema del recesso. La norma stabilisce che la banca non può recedere da un contratto di conto corrente, sia a tempo determinato che indeterminato, “quando i saldi siano in attivo”. Anche in questo caso, l’unica deroga ammessa è quella legata al rispetto della normativa AML/CFT. Questa disposizione pone fine alla prassi delle chiusure immotivate di conti capienti, che aveva generato le maggiori proteste.
A questa modifica si affianca un intervento chirurgico ma di enorme portata sul Codice del Consumo: l’abrogazione dell’articolo 33, comma 3, lettera a). Questa norma, fino ad oggi, rappresentava un’eccezione specifica per i servizi finanziari. In generale, l’articolo 33 del Codice del Consumo presume come “vessatoria” (e quindi nulla) una clausola che consente al professionista di recedere senza preavviso da un contratto a tempo indeterminato. La lettera a) del comma , tuttavia, stabiliva che questa presunzione non si applicava ai contratti di servizi finanziari, per i quali era ammessa una clausola che consentisse il recesso “senza preavviso in caso di giustificato motivo”.
L’abrogazione di questa deroga ha una conseguenza giuridica potentissima: d’ora in poi, qualsiasi clausola che attribuisca alla banca la facoltà di recesso unilaterale da un contratto a tempo indeterminato con un consumatore si presumerà vessatoria fino a prova contraria. Per la banca, superare questa presunzione sarà estremamente difficile: dovrà dimostrare o una “giusta causa” oggettiva e verificabile per il recesso, o che la clausola è stata oggetto di una specifica e individuale trattativa con il cliente, un onere probatorio quasi proibitivo nella contrattualistica di massa.
2.3 Nuovi Obblighi di Trasparenza: La Motivazione Scritta
Infine, il Ddl introduce un nuovo e importante obbligo procedurale a carico della banca. In caso di diniego all’apertura di un conto corrente motivato da ragioni di conformità alla normativa antiriciclaggio, l’istituto di credito è tenuto a comunicare per iscritto le motivazioni del diniego entro dieci giorni dalla richiesta del cliente. Questo obbligo di trasparenza mira a contrastare i rifiuti generici e non documentati, fornendo al cittadino un riscontro formale. Tuttavia, come si vedrà, questo specifico punto crea un notevole cortocircuito normativo con gli obblighi di riservatezza imposti dalla stessa disciplina antiriciclaggio.
Aspetto | Disciplina Precedente | Nuova Disciplina (Ddl AC 1091-1240) |
Apertura Conto | Discrezionalità della banca basata su politiche interne e libertà contrattuale. Obbligo limitato al “Conto di Base” (D.Lgs 37/2017). | Obbligo generalizzato a contrarre (Art. 1857-bis c.c.), salvo comprovate ragioni AML/CFT. |
Recesso della Banca | Facoltà di recesso unilaterale (recesso ad nutum) per contratti a tempo indeterminato con preavviso (Art. 1833 c.c.). Per i consumatori, recesso senza preavviso per “giustificato motivo” (Art. 33 Cod. Consumo). | Divieto di recesso per conti (determinati e indeterminati) con saldo attivo. Abrogazione deroga per “giustificato motivo” nei servizi finanziari, rendendo la clausola di recesso unilaterale presumibilmente vessatoria. |
Motivazione del Rifiuto | Nessun obbligo generalizzato di motivazione, salvo per il “Conto di Base”. Obblighi AML/CFT imponevano di non informare il cliente (“divieto di tipping-off”). | Obbligo di comunicare per iscritto e motivare il diniego entro 10 giorni se basato su norme AML/CFT. |
Tutela del Cliente | Affidata ai principi generali di correttezza e buona fede, e ai meccanismi di ricorso (es. ABF). | Diritto soggettivo al conto corrente rafforzato. Inversione dell’onere probatorio sulla banca per giustificare il recesso. |
Il nuovo quadro normativo genera un interessante paradosso, in particolare per quanto riguarda l’obbligo di motivazione. Da un lato, la legge impone alla banca di esplicitare per iscritto le ragioni AML/CFT che portano al diniego di apertura di un conto, in nome della trasparenza verso il cittadino. Dall’altro, la stessa normativa antiriciclaggio, come sottolineato nelle audizioni parlamentari, impone un rigorosodivieto di “tipping-off”: la banca non può in alcun modo informare il cliente che è oggetto di una Segnalazione di Operazione Sospetta (SOS) o di altre valutazioni di rischio riciclaggio, per non pregiudicare l’efficacia di eventuali indagini. Queste due norme appaiono in rotta di collisione. Come può una banca motivare il rifiuto senza violare l’obbligo di segretezza? Questa contraddizione legale pone gli istituti di credito in una posizione difficile, un “catch-22” giuridico. È probabile che, per conformarsi a entrambi gli obblighi, le banche adotteranno formule di motivazione standardizzate e generiche, che rispettino l’obbligo formale di risposta scritta senza però rivelare i dettagli della valutazione di rischio. Una soluzione di questo tipo, tuttavia, finirebbe per vanificare lo spirito di trasparenza che anima la legge, lasciando il cittadino con una risposta formale ma priva di contenuto sostanziale. Questo nodo irrisolto diventerà quasi certamente terreno di contenzioso e richiederà un intervento interpretativo da parte delle autorità di vigilanza per definire i confini di una “motivazione” lecita.
Sezione 3: Il Dibattito Istituzionale: Le Preoccupazioni di Banca d’Italia e ABI
L’iter di approvazione del Ddl è stato accompagnato da un intenso dibattito che ha visto le istituzioni del mondo bancario, in particolare la Banca d’Italia e l’Associazione Bancaria Italiana (ABI), esprimere significative perplessità. Le loro posizioni, articolate durante le audizioni parlamentari, non rappresentano un’opposizione frontale al principio dell’inclusione finanziaria, ma sollevano questioni cruciali sull’equilibrio normativo e sulla sostenibilità operativa del nuovo impianto.
3.1 La Difesa della Libertà Contrattuale e dell’Autonomia d’Impresa
Il primo e più fondamentale rilievo mosso sia da Bankitalia che dall’ABI riguarda la forte compressione della libertà contrattuale. L’obbligo generalizzato a contrarre viene visto come una deroga significativa al principio della libertà di iniziativa economica, che ha come corollario la libertà per un’impresa di scegliere le proprie controparti. Secondo questa visione, il diritto di recesso non è uno strumento di arbitrio, ma una tutela da riconoscere a entrambe le parti di un rapporto di durata. L’ABI ha sottolineato che l’esercizio di tale diritto è già vincolato al rispetto dei principi di correttezza e buona fede, la cui violazione può essere sanzionata in sede giudiziaria o tramite l’Arbitro Bancario Finanziario.11 Imporre un divieto quasi assoluto di recesso, specialmente in presenza di saldi attivi, viene quindi percepito come uno sbilanciamento eccessivo a favore del cliente.
3.2 Il Nodo dell’Antiriciclaggio: Un Obbligo di Motivazione “Impossibile”?
La critica più tecnica e circostanziata si concentra sul già citato conflitto tra il nuovo obbligo di motivazione e la normativa antiriciclaggio. L’ABI ha chiarito che le direttive AML/CFT impongono agli intermediari non solo di segnalare le operazioni sospette, ma anche di astenersi dall’avviare o proseguire un rapporto quando non siano in grado di adempiere pienamente agli obblighi di adeguata verifica della clientela. In questo contesto, l’obbligo di motivare per iscritto il diniego entro dieci giorni “non tiene correttamente in considerazione tutti gli interessi meritevoli di protezione”, in primis quello alla riservatezza delle indagini. La Banca d’Italia ha fatto eco a questa preoccupazione, evidenziando come la normativa antiriciclaggio, per sua natura, imponga un dovere di non comunicazione (“divieto di tipping-off”) che appare inconciliabile con un obbligo di trasparenza così esplicito.
3.3 Rischio di Distorsione del Mercato e Discriminazione alla Rovescia
Un’ulteriore preoccupazione, sollevata con forza dall’ABI, riguarda il perimetro di applicazione della norma. Il testo di legge sembra riferirsi specificamente alle “banche”, lasciando potenzialmente esclusi altri operatori che offrono servizi di pagamento e conti correnti, come Poste Italiane o gli Istituti di Pagamento e di Moneta Elettronica (IP e IMEL). Se così fosse, si creerebbe una significativa distorsione della concorrenza: solo una parte degli operatori di mercato sarebbe soggetta a questi nuovi e onerosi vincoli, mentre altri potrebbero continuare a operare con maggiore discrezionalità. L’ABI ha definito questo approccio potenzialmente “discriminatorio”, in quanto creerebbe un precedente di “imposizione di comportamenti forzosi” solo per un determinato settore privato.
L’analisi delle posizioni istituzionali rivela una tensione fondamentale tra due logiche differenti. Da un lato, il legislatore si muove in un’ottica di micro-giustizia, focalizzata sulla tutela del singolo cittadino o della singola impresa vittima di un’ingiustizia palese come la chiusura immotivata del conto [Query]. Dall’altro, le autorità di vigilanza e le associazioni di categoria operano secondo una logica macro-prudenziale, il cui obiettivo primario è garantire la stabilità, la sicurezza e la sana gestione dell’intero sistema finanziario. In questa visione, pratiche come il “de-risking”, pur potendo apparire inique nel caso specifico, sono strumenti per gestire il rischio aggregato e prevenire l’infiltrazione di capitali illeciti nel sistema. Il Ddl, quindi, non si limita a introdurre nuove regole, ma sposta l’asse dell’equilibrio dal primato della gestione del rischio collettivo a quello del diritto individuale all’inclusione. La disponibilità espressa dalla Banca d’Italia a “contribuire alle riflessioni in corso per l’individuazione di una soluzione” 19 suggerisce la consapevolezza che, sebbene il fine sia condivisibile, l’implementazione della legge richiederà un attento lavoro di bilanciamento per evitare che la tutela del singolo generi effetti collaterali indesiderati sulla capacità del sistema di proteggersi da minacce sistemiche.
Sezione 4: La Prospettiva Europea e il Diritto Esistente
La nuova normativa italiana non nasce in un vuoto giuridico, ma si inserisce in un contesto europeo che da anni si interroga sul tema dell’inclusione finanziaria. Tuttavia, l’approccio scelto dal legislatore italiano appare decisamente più ambizioso rispetto agli standard minimi definiti a livello comunitario.
4.1 Oltre il “Conto di Base”: Come il Ddl Supera la Direttiva UE 2014/92
Il punto di riferimento europeo in materia è la Direttiva sui Conti di Pagamento (PAD) 2014/92/UE, che ha introdotto per la prima volta un “diritto di accesso a un conto di pagamento con caratteristiche di base”.18 L’Italia ha recepito questa direttiva con il Decreto Legislativo 37/2017, istituendo il cosiddetto “Conto di Base”: un prodotto che garantisce l’accesso a un paniere di servizi essenziali (prelievi, bonifici, pagamenti con carta) a costi contenuti o, per le fasce socialmente svantaggiate, a titolo gratuito.18
Il nuovo Ddl italiano, però, va ben oltre. Mentre la direttiva europea e la normativa italiana di recepimento si concentrano su un prodotto specifico e “basilare”, destinato principalmente ai “consumatori” per favorirne l’inclusione, la nuova legge stabilisce un obbligo generalizzato che riguarda i conti correnti ordinari e, soprattutto, estende la sua tutela anche a soggetti non consumatori, come imprese e professionisti.19 Questa è una differenza cruciale, poiché proprio le piccole e medie imprese erano tra le categorie più colpite dalle chiusure unilaterali, spesso per ragioni legate a valutazioni di rischio reputazionale o settoriale. La legge italiana, quindi, non si limita a garantire un accesso minimo ai servizi finanziari, ma mira a normalizzare il rapporto con la banca per la totalità dei clienti, riconoscendo il conto corrente come uno strumento di lavoro e non solo di consumo.
4.2 Uno Sguardo Comparato: Il Diritto al Conto in Francia e Germania
L’idea di un “diritto al conto” non è un’esclusiva italiana. Altri Paesi europei hanno da tempo implementato meccanismi simili, sebbene con approcci differenti. La Francia, ad esempio, è spesso citata come un modello, avendo introdotto già da anni nel suo Codice monetario e finanziario un vero e proprio droit au compte. In caso di rifiuto da parte di una banca, il cittadino può rivolgersi alla Banque de France, la quale designa d’ufficio un istituto di credito obbligato a fornire un conto di base. Anche la
Germania prevede un diritto all’apertura di un Basiskonto per chiunque risieda legalmente nell’Unione Europea.
In generale, il quadro europeo garantisce a ogni residente legale il diritto di aprire un conto di base in qualsiasi Paese dell’UE, ma consente alle banche di respingere la richiesta se non vengono rispettate le norme antiriciclaggio o se il richiedente possiede già un conto simile nello stesso Paese.29 L’approccio italiano delineato dal Ddl appare più radicale perché non si limita al conto “di base” e impone un divieto di recesso legato alla positività del saldo, una condizione non presente in modo così esplicito in altre legislazioni.
La scelta dell’Italia di andare oltre gli standard minimi della Direttiva UE la posiziona come un potenziale “apripista” nella tutela dei diritti finanziari dei cittadini. Questa mossa, da un lato, può essere vista come un atto di “civiltà finanziaria” , un modello di legislazione proattiva che potrebbe ispirare altri Stati membri a rafforzare le tutele. Dall’altro lato, però, solleva interrogativi sulla sua sostenibilità all’interno di un mercato unico europeo. L’imposizione di vincoli più stringenti alle sole banche operanti in Italia potrebbe creare un fenomeno di
gold plating normativo, ovvero una sovra-regolamentazione nazionale che pone gli operatori locali in una posizione di svantaggio competitivo rispetto ai concorrenti europei. Sebbene lodevole negli intenti sociali, la legge potrebbe essere criticata per il suo potenziale impatto distorsivo sulla concorrenza e sollevare dubbi sulla sua piena compatibilità con l’obiettivo di un sistema finanziario europeo sempre più integrato e armonizzato.
Sezione 5: Impatto su Risparmiatori e Imprese: Diritti, Tutele e Potenziali Costi
La nuova legge, una volta entrata in vigore, avrà un impatto diretto e tangibile sulla vita di milioni di risparmiatori e imprese. Se da un lato promette tutele inedite, dall’altro solleva interrogativi sui possibili costi indiretti che potrebbero ricadere sugli stessi clienti.
5.1 I Vantaggi per i Clienti: La Fine dell’Arbitrio Bancario
Il beneficio più evidente e immediato per cittadini e aziende è la fine dell’incertezza e dell’arbitrio legati alla discrezionalità delle banche. La garanzia di poter aprire e, soprattutto, mantenere un conto corrente attivo rappresenta una conquista fondamentale per la stabilità economica e la pianificazione finanziaria.4 Le associazioni dei consumatori hanno accolto con grande favore questo aspetto. Il Codacons ha definito “giusto garantire il diritto al conto corrente a tutti i cittadini, senza discriminazioni” 31, mentre Adusbef ha parlato di una modifica “favorevole” che interviene su aspetti cruciali del rapporto con la banca, ponendo fine a una situazione in cui i cittadini venivano privati di un’infrastruttura di pagamento essenziale.7 Per le vittime di usura, ad esempio, il diritto al conto può rappresentare la differenza tra l’esclusione e la possibilità di tornare a operare nel circuito legale dell’economia.
5.2 I Rischi per i Clienti: L’Allarme sui Costi
Accanto ai benefici, emerge un rischio concreto, segnalato con preoccupazione dalle stesse associazioni dei consumatori: l’aumento dei costi di gestione dei conti correnti. Il Codacons ha lanciato un allarme esplicito, avvertendo che i nuovi obblighi e i maggiori rischi operativi per le banche potrebbero tradursi in “rincari e balzelli a danno dei cittadini”. Il ragionamento è semplice: se una banca è obbligata ad accettare e mantenere clienti che prima avrebbe rifiutato per il loro profilo di rischio (non necessariamente legato al riciclaggio, ma anche a fattori commerciali o di redditività), cercherà di coprire i costi e i rischi associati attraverso altri strumenti. Non potendo più agire sulla leva della selezione all’ingresso, è probabile che agisca sulla leva del prezzo, aumentando i canoni fissi o le commissioni per tutti i clienti.
Questa dinamica illustra un principio economico fondamentale: i rischi e i costi, in un sistema di mercato, non scompaiono, ma vengono riallocati. La legge sposta il potere legale dal lato della banca a quello del cliente, ma il rischio economico associato a una clientela più eterogenea e potenzialmente meno profittevole rimane. La vittoria sul piano dei diritti potrebbe quindi avere un costo sul piano economico. L’efficacia reale della riforma si misurerà non solo sul numero di conti aperti e mantenuti, ma anche sull’andamento dei costi medi di gestione nei prossimi anni. Sarà cruciale un’attenta vigilanza da parte delle autorità competenti (Banca d’Italia e AGCM) per assicurare che questa riallocazione dei costi non si traduca in pratiche commercialmente scorrette o in accordi restrittivi della concorrenza.
5.3 Gli Strumenti di Tutela: Cosa Fare in Caso di Controversia
Anche con la nuova legge, le controversie non spariranno. È quindi fondamentale che i clienti conoscano gli strumenti a loro disposizione.
- Il Reclamo Scritto: Il primo passo, obbligatorio prima di adire altre vie, è presentare un reclamo formale per iscritto (via PEC o raccomandata A/R) alla banca. L’istituto ha un termine definito (solitamente 60 giorni per le questioni bancarie) per rispondere.
- L’Arbitro Bancario Finanziario (ABF): Se la risposta della banca è insoddisfacente o non perviene nei termini, il cliente può rivolgersi all’ABF. Si tratta di un sistema di risoluzione alternativa delle controversie (ADR) gestito dalla Banca d’Italia, noto per essere rapido, economico e accessibile (non richiede l’assistenza di un avvocato). In passato, pur operando nel quadro normativo precedente, l’ABF ha spesso tutelato i clienti valutando l’operato delle banche alla luce dei principi di correttezza e buona fede, ad esempio censurando preavvisi di recesso troppo brevi o riconoscendo il diritto del cliente a conoscere le motivazioni della chiusura. Con la nuova legge, il potere di tutela dell’ABF risulterà ulteriormente rafforzato.
- La Via Giudiziaria: Qualora la decisione dell’ABF non fosse soddisfacente o la controversia non rientrasse nelle sue competenze, rimane sempre la possibilità di ricorrere al Tribunale ordinario.
Sezione 6: L’Iter Futuro e le Questioni Aperte
Con l’approvazione alla Camera, il Ddl ha superato un traguardo importante, ma il suo percorso non è ancora concluso. Diverse questioni cruciali rimangono aperte e determineranno la reale efficacia della futura legge.
6.1 Il Passaggio al Senato: Prossimi Passi e Tempistiche
Dopo il voto favorevole dell’Aula di Montecitorio, avvenuto nella settimana del 21-25 luglio 2025, il testo unificato (identificato come A.C. 1091-1240-A) è stato trasmesso all’altro ramo del Parlamento.38 Per diventare legge a tutti gli effetti, il Ddl necessita ora dell’approvazione del Senato della Repubblica nello stesso identico testo Un’analisi dei calendari dei lavori parlamentari disponibili indica che, al momento, il provvedimento non è ancora stato calendarizzato per la discussione a Palazzo Madama. Ciò suggerisce che i tempi per l’approvazione finale non saranno immediati e dipenderanno dalle priorità politiche che emergeranno nelle prossime settimane.
6.2 Il Nodo Irrisolto delle Sanzioni: Un Obbligo Senza “Pena”?
Una delle lacune più evidenti e significative del testo approvato alla Camera è la mancanza di un regime sanzionatorio esplicito per la violazione dei nuovi obblighi. Mentre per molte altre infrazioni alla normativa bancaria il Testo Unico Bancario (TUB) prevede sanzioni amministrative pecuniarie specifiche, spesso attraverso un rinvio all’articolo 144, il Ddl sui conti correnti appare silente su questo punto.45 L’analisi del testo unificato non rivela alcun riferimento a sanzioni dirette irrogabili dall’autorità di vigilanza in caso di mancato rispetto dell’obbligo a contrarre o del divieto di recesso.
Questa assenza potrebbe rendere l’obbligo giuridicamente “spuntato”, affidando la sua applicazione non a un potere di enforcement diretto e dissuasivo della Banca d’Italia, ma esclusivamente alle iniziative legali dei singoli cittadini danneggiati. La questione cruciale è se questa lacuna sarà colmata durante l’esame al Senato. L’introduzione di sanzioni specifiche rafforzerebbe enormemente la portata della legge; la sua persistente assenza potrebbe essere interpretata come il risultato di un compromesso politico. In uno scenario di forte consenso bipartisan sulla legge ma di altrettanto forti perplessità da parte del sistema bancario , il silenzio sulle sanzioni potrebbe rappresentare il punto di equilibrio: una vittoria di principio per i consumatori e i partiti politici, bilanciata da una concessione al mondo bancario, che evita, per ora, l’introduzione di un nuovo, pesante apparato sanzionatorio.
6.3 Questioni di Compatibilità e Sostenibilità a Lungo Termine
Infine, rimangono sul tavolo i dubbi più generali sulla compatibilità della norma con l’ordinamento più ampio, sia nazionale che europeo. La forte limitazione della libertà di iniziativa economica potrebbe essere oggetto di futuri contenziosi costituzionali. Sarà inoltre fondamentale trovare un equilibrio sostenibile che, pur garantendo il diritto al conto, non comprometta i principi di sana e prudente gestione degli istituti di credito, un aspetto fondamentale per la stabilità dell’intero sistema. La sfida sarà trasformare un principio giusto in una pratica sostenibile.
Verso una Nuova Frontiera nel Rapporto Banca-Cliente
Il Disegno di Legge sull’obbligo a contrarre e sul recesso nei rapporti di conto corrente, approvato dalla Camera, rappresenta senza dubbio uno dei più significativi interventi normativi degli ultimi anni nel settore bancario italiano. Se dovesse completare con successo il suo iter parlamentare, segnerebbe un autentico cambio di paradigma, trasformando il conto corrente da servizio concesso su base discrezionale a diritto fondamentale, esigibile e protetto per cittadini e imprese.
La riforma nasce da un’esigenza sociale concreta e diffusa: porre fine a pratiche di esclusione finanziaria percepite come arbitrarie, che in un’economia digitalizzata equivalgono a una forma di emarginazione civile. In questo senso, il Ddl è espressione di una visione politica che pone l’inclusione e la cittadinanza economica al centro della tutela.
Tuttavia, l’analisi approfondita ha messo in luce una serie di tensioni e criticità che ne accompagneranno l’implementazione. La principale è quella tra la giusta tutela del singolo (micro-giustizia) e le esigenze di stabilità e sicurezza dell’intero sistema (macro-prudenza). Le preoccupazioni sollevate da Banca d’Italia e ABI riguardo al conflitto con la normativa antiriciclaggio, alla libertà contrattuale e alle possibili distorsioni del mercato non sono mere resistenze corporative, ma riflessioni fondate che evidenziano la complessità della materia.
La legge sposta l’equilibrio di potere verso il cliente, ma il rischio economico non viene annullato, bensì riallocato. La possibilità che la garanzia di accesso si traduca in un aumento generalizzato dei costi per tutti i correntisti è un’ipotesi concreta che richiederà un’attenta vigilanza. Allo stesso modo, il silenzio del legislatore sul fronte sanzionatorio lascia un’incognita fondamentale sulla reale capacità di enforcement della norma.
In definitiva, il Ddl apre una nuova frontiera nel rapporto tra banca e cliente in Italia. La sua efficacia non si misurerà solo sulla base del testo scritto, ma sulla capacità che tutti gli attori del sistema – banche, autorità di vigilanza, magistratura e gli stessi consumatori – dimostreranno nell’interpretarlo e applicarlo secondo un principio di ragionevolezza e di equilibrio. L’obiettivo finale è ambizioso e condivisibile: costruire una vera cittadinanza economica, garantendo l’accesso a strumenti indispensabili senza, però, minare la solidità e la sicurezza delle fondamenta del sistema finanziario che tale cittadinanza dovrebbe sostenere.