Pignoramento del Conto Corrente (e Cointestato) cose da sapere

Quando siamo arrivati al punto che qualcuno ci pignora il conto corrente, significa che non abbiamo pagato dei debiti e che questa situazione si è protratta per parecchio tempo.

Non tutti conoscono i diritti ed i doveri di chi ha un conto corrente pignorato e come vedrete ci sono cose molto diverse da quelle che pensavate.

Cos’è il pignoramento del conto corrente

Il pignoramento del conto corrente è un atto legale di espropriazione forzata regolamentato dal Codice di procedura civile. Secondo l’articolo 543 di tale codice, un creditore può avvalersi di questo procedimento per recuperare un credito, rappresentato da una somma di denaro, che il debitore non è in grado di saldare.

Questa misura è stata semplificata e resa più immediata negli ultimi anni per agevolare coloro che hanno diritto a ricevere pagamenti legittimi e rischiano di non ottenerli, nonostante il debitore disponga di liquidità sufficiente per effettuare il pagamento.

Il processo di pignoramento del conto corrente offre un meccanismo efficace per garantire che i creditori possano recuperare i loro crediti in presenza di un debito non pagato, anche quando il debitore ha la capacità finanziaria di adempiere.

Tale semplificazione mira a proteggere coloro che hanno diritto a ricevere somme di denaro legittime, offrendo loro un mezzo più rapido ed efficiente per ottenere il pagamento che spetta loro.

Il pignoramento del conto corrente è un procedimento legale attraverso il quale un creditore può recuperare i fondi dovuti da un debitore che non è in grado di saldare il debito autonomamente.

Dopo aver ottenuto un titolo esecutivo, come una sentenza o un decreto ingiuntivo, il creditore può richiedere l’intervento dell’ufficiale giudiziario per prelevare dalla conto corrente del debitore la somma dovuta.

Questo processo avviene in diverse fasi, inizialmente con la notifica alla banca da parte dell’ufficiale giudiziario per bloccare una somma pari al debito.

La legge italiana, tuttavia, prevede che una quota del reddito del debitore sia “impignorabile” per garantire un tenore di vita dignitoso. Il pignoramento non comporta l’azzeramento totale del saldo, ma riduce il saldo disponibile per soddisfare il creditore.

Quando un debitore non paga e non si raggiunge un accordo per il pagamento del debito, il creditore può richiedere un pignoramento con un titolo esecutivo, che è un documento ufficiale che attesta l’esistenza e l’entità del credito.

Questo può includere sentenze di condanna, decreti ingiuntivi, cambiali, assegni, contratti di mutuo e altri documenti legali.

Chi possiede un titolo esecutivo può procedere con tre diverse forme di pignoramento: immobiliare, mobiliare o presso terzi. Il pignoramento presso terzi coinvolge l’espropriazione delle somme dovute da terzi al debitore, come banche, società finanziarie o datori di lavoro, comprendendo il pignoramento di conti correnti, pensioni, conti deposito, TFR e altro.

Pignoramento del Conto Corrente (e Cointestato) cose da sapere

Tipi di pignoramento secondo la legge italiana

In Italia, l’attuale ordinamento prevede tre tipologie di sequestri, ciascuna corrispondente a specifiche categorie di beni, come delineato nella tabella fornita. Nonostante queste disposizioni, la Corte di Cassazione ha ritenuto che il congelamento e il prelievo di fondi da un conto corrente siano considerati “illegittimi” se le ragioni esposte nella notifica appaiono eccessivamente generiche.

Di conseguenza, la Corte Suprema impone una delucidazione chiara e precisa della logica alla base di qualsiasi misura di sequestro. In particolare, dal 2022 la Corte di Cassazione ha ampliato il perimetro dei soggetti soggetti a sequestro, includendo ora consumatori, startup, professionisti e imprenditori agricoli. Tuttavia, a partire dal 2023, esistono vincoli legali sui pignoramenti per garantire ai debitori il mantenimento di un tenore di vita minimo, denominato reddito mensile “minimo vitale”, fissato al doppio dell’assegno sociale, pari a 1.006,54 euro.

Tale determinazione si basa sull’assegno sociale 2023 fissato a 503,27 euro per 13 mesi. Inoltre, il limite massimo di pignoramento degli stipendi o delle pensioni già accreditate sul conto corrente è stabilito in base all’assegno sociale, consentendo il pignoramento solo per importi superiori a 1.509,81 euro, pari al triplo dell’assegno sociale.

Cosa succede quando l’ufficiale giudiziario decide di pignorarti il conto corrente

Il pignoramento del conto corrente comporta diversi effetti diretti sul conto del debitore. In primo luogo, al ricevere l’ordine di pignoramento da parte dell’ufficiale giudiziario, la banca procede al blocco dei fondi corrispondenti alla somma dovuta o a una sua quota, come indicato nel titolo esecutivo. Di conseguenza, il debitore perde l’accesso a quella parte di fondi, che rimarrà bloccata fino all’estinzione del debito. In secondo luogo, il pignoramento implica limitazioni nell’utilizzo del conto corrente, andando oltre la semplice impossibilità di disporre della somma pignorata.

A seconda delle circostanze, il debitore potrebbe incontrare difficoltà nelle operazioni bancarie quotidiane, come prelevamenti, pagamenti e bonifici. In casi di pignoramenti ripetuti e di importi rilevanti, la banca potrebbe anche decidere di chiudere il conto corrente del debitore, anche se questa decisione non è automatica e dipende dalla politica specifica della banca.

Il pignoramento del conto corrente non è un procedimento arbitrario, ma deve seguire precisi requisiti e limiti stabiliti dalla legge. È essenziale la presenza di un titolo esecutivo, come una sentenza o un decreto ingiuntivo, e la somma pignorata non può ridurre il saldo del conto al di sotto del “minimo vitale” previsto dalla legge per garantire la sussistenza del debitore.

In sintesi, il pignoramento del conto corrente si traduce in un blocco dei fondi, limitazioni nelle transazioni quotidiane e, in casi gravi, la possibilità di chiusura del conto corrente da parte della banca, tutto nel rispetto delle normative legali e delle politiche bancarie specifiche

Cosa dice la legge

Il pignoramento del conto corrente è soggetto a specifici requisiti legali prima di poter essere eseguito. Inizialmente, è fondamentale possedere un titolo esecutivo, come una sentenza, un decreto ingiuntivo o un atto notarile, che documenti legalmente l’esistenza di un debito. Una formale intimazione di pagamento deve essere stata inviata al debitore, confermando il debito e la volontà del creditore di avviare l’esecuzione forzata. Se il debitore non risponde entro il termine indicato, il creditore può avviare il processo di pignoramento del conto corrente.

La legge impone limiti precisi sulle somme che possono essere pignorate da un conto corrente, stabilendo generalmente una percentuale massima del reddito mensile del debitore. Inoltre, il saldo del conto non può essere ridotto al di sotto del “minimo vitale,” pari al doppio dell’assegno sociale, che corrisponde a 1.006,54 euro nel 2023. Questi parametri legali mirano a garantire una certa protezione finanziaria al debitore durante il processo di esecuzione forzata.

Quanti soldi ti possono pignorare? 

Ci sono  dei limiti percentuali per il pignoramento di un conto corrente in base al reddito mensile, distinguendo tra creditori privati ​​e Agenzia delle Entrate.

  • Per un reddito mensile fino a 2.500 euro il limite di pignoramento è del 20% per i creditori privati ​​e di 1/10 per l’Agenzia delle Entrate.
  • Nella fascia di reddito compresa tra 2.501 e 5.000 euro i limiti sono del 20% per i creditori privati ​​e di circa il 14,3% (1/7) per l’agenzia delle entrate.
  • Oltre i 5.000 euro, sia i creditori privati ​​che l’agenzia delle entrate hanno un limite di pignoramento del 20%, con l’agenzia delle entrate che ha diritto a 1/5 dell’importo.

Sono tuttavia riconosciute eccezioni e situazioni specifiche, tra cui un limite massimo di pignoramento di 1.509,81 euro e la garanzia di un “minimo vitale” di 1.006,54 euro in caso di pignoramento dello stipendio o della pensione. Inoltre, per la procedura di pignoramento è necessaria l’autorizzazione del tribunale, a meno che il debitore non debba dei soldi all’agenzia delle entrate.

Inoltre, in alcune circostanze, come la possibilità per l’Agenzia delle Entrate di pignorare un conto corrente o di riscuotere il quinto dello stipendio o della pensione senza l’approvazione del giudice per saldare i debiti con il fisco.

I limiti per il pignoramento di un conto cointestato si applicano solo alla metà del saldo.

L’entità del pignoramento dello stipendio o della pensione varia a seconda della natura dei debiti, con

  • un massimo di 1/5 per debiti legati al lavoro o imposte locali,
  • 1/3 per gli alimenti e
  • fino alla metà della base pignorabile per pignoramenti simultanei da parte di cause diverse.

Sono previste specifiche percentuali per l’Agenzia delle Entrate in base all’importo della retribuzione, che vanno da 1/5 per importi superiori a 5.000 euro a 1/10 per importi inferiori a 2.500 euro.

Come avviene – nella pratica – il pignoramento del C/C

Il processo di pignoramento conto corrente prevede diverse fasi, avviate quando un debitore non effettua un pagamento o si rifiuta di saldare un debito. Per avviare la procedura il creditore deve possedere un titolo esecutivo valido, ad esempio una sentenza del tribunale.

Tale titolo deve specificare inequivocabilmente l’importo dovuto. Successivamente il creditore, tramite il proprio avvocato, deposita in cancelleria un “atto di pignoramento” che viene poi notificato sia al debitore che alla banca che detiene i fondi. Dopo aver ricevuto l’atto di pignoramento, la banca è obbligata a congelare i fondi sul conto del debitore fino all’importo specificato e a fornire una dichiarazione al creditore e al tribunale con i dettagli della somma bloccata.

Il debitore conserva il diritto di impugnare il pignoramento entro 20 giorni dalla notifica, adducendo motivi quali l’inesistenza del debito o l’invalidità dell’atto di pignoramento.

Se l’opposizione viene accolta dal giudice, il sequestro viene revocato e i fondi congelati vengono liberati. In assenza di opposizione o in caso di esito negativo dell’opposizione, la somma pignorata viene assegnata al creditore a parziale soddisfazione del debito.

L’intero processo prevede ruoli significativi per la banca, debitore e creditore, con la banca che agisce come terzo responsabile della cooperazione nel processo di pignoramento, il debitore che ha il diritto di contestare il pignoramento e il creditore che avvia la procedura per recuperare il creditore. fondi dovuti.

Fase successiva al pignoramento

In caso di sequestro privato non tutti i fondi presenti sul conto corrente vengono necessariamente sequestrati; solo quelli corrispondenti al debito vengono generalmente colpiti se il saldo del conto supera l’importo dovuto. Non esiste una soglia minima di debito per il pignoramento del conto corrente, poiché la decisione è a discrezione del creditore.

Il creditore ha la facoltà di pignorare una somma non solo pari al suo credito ma maggiorata della metà per coprire le spese della procedura e gli interessi.

Ad esempio, se il creditore richiede 5.000 euro e il debitore ha 20.000 euro sul conto, l’importo potenziale del pignoramento è di 7.500 euro, lasciando al debitore l’accesso ai restanti 12.500 euro.

A seguito del pignoramento non vi è alcun trasferimento automatico della somma bloccata al creditore; il procedimento prevede invece la citazione a comparire in tribunale in una data prestabilita e indicata nell’atto di sequestro. Se il debitore non contesta il pignoramento, il giudice dell’udienza attribuisce la somma pignorata al creditore.

Tuttavia, sia il creditore che il debitore possono comunque raggiungere un accordo anche dopo l’inizio del processo di pignoramento.

È importante notare che il debitore può contestare il pignoramento proponendo opposizione all’esecuzione se ha la prova che il creditore non ha diritto di pignoramento o presentando opposizione al procedimento di esecuzione se ritiene che la procedura sia stata irregolare. La Corte esaminerà queste obiezioni durante l’udienza fissata.

Nonostante il procedimento legale, nulla impedisce al creditore e al debitore di raggiungere un accordo reciproco, anche dopo l’inizio del pignoramento.

Come NON FARSI PIGNORARE il conto corrente

 

Per difendersi dal pignoramento del conto corrente, i debitori possono adottare diverse strategie. La soluzione più diretta è il pagamento tempestivo dei debiti per evitare il pignoramento.

In situazioni finanziarie difficili, la negoziazione con i creditori per modificare i termini del debito o elaborare un piano di pagamento può essere utile.

Un’alternativa è la stipula di un accordo di ristrutturazione del debito con i creditori, che potrebbe comportare la riduzione del debito o l’estensione dei tempi di rimborso.

Consultare un avvocato o un consulente finanziario è consigliato per esplorare opzioni legali per proteggere i beni da un pignoramento, come la conversione in asset protetti o il trasferimento in un trust.

Nel caso in cui il pignoramento sia già in atto, è possibile opporsi entro un periodo specifico presentando argomentazioni davanti a un giudice. Inoltre, è consigliabile verificare le esenzioni per determinati tipi di beni o importi di denaro, consultando un avvocato per comprendere quali esenzioni possano essere applicabili.

Altri suggerimenti includono il monitoraggio regolare del saldo e degli estratti conto per individuare tempestivamente operazioni inattese, informarsi sui diritti e le protezioni legali offerte dalla legge per i depositi bancari e, se necessario, valutare l’opzione di aprire un conto presso un’altra banca, ma facendo attenzione a non violare leggi o ordinanze in vigore.

Come si può sbloccare un conto pignorato

In caso di pignoramento del conto, lo sblocco del conto corrente richiede o un provvedimento del tribunale o il ritiro del creditore dalla procedura. Per ottenere un provvedimento del tribunale, è necessario presentare un’opposizione, chiedendo al tribunale di valutare la validità dell’opposizione e determinare se la sospensione del sequestro è giustificata.

Il creditore, invece, può scegliere di sbloccare il conto rinunciando formalmente alla procedura attraverso una dichiarazione di recesso presentata al tribunale.

Il processo prevede la navigazione in canali legali, con la persona che si trova ad affrontare il sequestro che deve contestarlo attivamente attraverso un’opposizione del tribunale per la possibilità di un intervento giudiziario.

In alternativa, la risoluzione può essere raggiunta attraverso la negoziazione e l’accordo tra debitore e creditore, dove quest’ultimo rinuncia formalmente al pignoramento presentando una dichiarazione di recesso al tribunale.

Pignoramento del C/C da parte dell’Agenzia delle Entrate:

Il pignoramento del conto corrente da parte dell’Agenzia delle Entrate è regolato da normative diverse rispetto al pignoramento per conto di privati.

In questo caso, l’atto di pignoramento funge già da ordine alla banca per trasferire le somme pignorate direttamente all’Agente delle Entrate, eliminando la necessità di un’udienza giudiziaria.

Il debitore ha un periodo di 60 giorni per effettuare il pagamento prima che le somme siano accreditate all’esattore.

Nel caso in cui il debitore richieda e ottenga una rateazione del debito presso l’Agenzia delle Entrate, sarà sufficiente dimostrare il versamento della prima rata per sbloccare il conto.

La Manovra finanziaria 2024 introduce potenziali cambiamenti nella pignorabilità del conto corrente, consentendo all’Agenzia delle Entrate di effettuare una verifica preliminare della situazione economica del conto in via telematica.

Tuttavia, i dettagli tecnici di questa procedura saranno definiti successivamente tramite un decreto specifico, con particolare attenzione alla tutela della privacy dei dati personali. È importante notare che il debitore deve ricevere l’avviso entro 30 giorni dalla comunicazione alla banca della notifica di pagamento, altrimenti l’atto potrebbe essere annullato.

Fine del pignoramento

Il processo di pignoramento del conto corrente si conclude quando le somme pignorate vengono assegnate al creditore o quando l’importo nel conto è insufficiente per soddisfare il creditore.

Una volta assegnate le somme pignorate o se il saldo è zero, il conto corrente viene sbloccato e il debitore può riprendere il controllo completo del conto dal giorno successivo.

Tuttavia, esiste un’eccezione per i conti correnti utilizzati per l’accredito di pensioni o stipendi: se il pignoramento è eseguito da un privato, il giudice può ordinare alla banca di trattenere un quinto di tali versamenti per consegnarlo al creditore fino a che il debito sia completamente soddisfatto.

Nel caso in cui l’Agenzia delle Entrate esegua il pignoramento, essa può ordinare direttamente alla banca di accreditare le somme indicate. Infine, se il saldo del conto non è sufficiente per estinguere il debito, i bonifici accreditati sul conto durante il periodo precedente all’udienza sono bloccati.

Casi in cui non è possibile pignorare soldi dal C/C

Nella situazione in cui il conto corrente non può essere pignorato, è essenziale considerare le circostanze in cui il creditore non ha il diritto di pignorare integralmente o può farlo solo entro determinati limiti.

Uno di questi casi riguarda il conto cointestato, che è soggetto a pignoramento solo nella misura della metà del saldo. Ad esempio, se un creditore ha un credito di 5.000 euro su un conto cointestato con un saldo di 3.000 euro, può pignorare solo 1.500 euro. I conti correnti utilizzati per lo stipendio hanno regole specifiche: le somme presenti al momento del pignoramento sono pignorabili solo per la parte che supera il triplo dell’assegno sociale (448,07 euro), cioè 1.344,21 euro. Le somme successive possono essere pignorate fino a 1/5, salvo le eccezioni in caso di pignoramento da parte dell’Agenzia delle Entrate, che segue regole diverse in base all’ammontare dello stipendio.

Per quanto riguarda i conti correnti legati al Trattamento di Fine Rapporto (TFR) o alle pensioni, le regole sono analoghe a quelle dei conti stipendiali.

Il TFR è pignorabile fino a 1/5 se il conto è stato pignorato prima del suo accredito; altrimenti, la pignorabilità si applica solo alla parte che eccede 1.344,21 euro. Per i conti pensionistici, la parte già depositata prima del procedimento può essere pignorata solo per l’importo che supera 1.344,21 euro, mentre gli emolumenti successivi possono essere pignorati fino a un massimo del 1/5.

Alcuni conti, come quelli in rosso o con unico reddito proveniente da pensioni di invalidità, assegni di accompagnamento per disabili, rendite di assicurazioni sulla vita e conti correnti affidati, non possono essere pignorati.

D’altro canto, sono soggetti a pignoramento senza restrizioni i conti esteri, i conti PayPal, le carte di credito, le carte prepagate e i depositi a nome del debitore.

Risorse Utili

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