Il cloud computing è diventato il motore portante dell’industria tecnologica moderna, offrendo alle aziende infrastrutture, piattaforme e software accessibili via internet su scala globale. Questo modello ha rivoluzionato l’IT abbattendo i costi iniziali e aumentando la flessibilità: invece di investire in costosi data center interni, le imprese possono affittare capacità di calcolo, archiviazione e servizi on-demand dai provider cloud. I numeri confermano l’ascesa travolgente del settore: il mercato mondiale del cloud computing valeva circa 753 miliardi di dollari nel 2024 e potrebbe superare i 5.150 miliardi di dollari entro il 2034, stando alle proiezioni decennali. In altri termini, il cloud non solo è già oggi uno dei pilastri dell’economia digitale, ma è destinato a crescere di oltre sei volte nel prossimo decennio. Questa crescita è alimentata da una migrazione sempre più massiccia di applicazioni e dati “sulla nuvola” e dall’avvento di nuove tecnologie come l’Intelligenza Artificiale generativa (GenAI), che sta spingendo la domanda di servizi cloud a tassi annui superiori al 20% nelle previsioni per i prossimi 5 anni. I vantaggi sono evidenti: il cloud consente scalabilità globale, aggiornamenti continui, elevata affidabilità e nuovi modelli di business basati sull’analisi di grandi moli di dati, impossibili da gestire con le sole risorse locali.
Dal punto di vista degli attori di mercato, il cloud computing è dominato da pochi giganti globali (i cosiddetti hyperscaler), affiancati da vari player specializzati. Amazon, Microsoft e Google – tramite le rispettive divisioni Amazon Web Services (AWS), Azure e Google Cloud Platform (GCP) – controllano insieme circa due terzi del mercato mondiale dell’infrastruttura cloud. Accanto a loro si collocano altri importanti fornitori internazionali come Alibaba Cloud (leader in Cina e Asia) e IBM Cloud, oltre a una miriade di aziende focalizzate su settori specifici (dalle soluzioni Software-as-a-Service come Salesforce, ai servizi di sicurezza cloud, data analytics, ecc.). Queste società investono somme colossali per costruire e ampliare continuamente la propria rete di data center: basti pensare che AWS, Azure e Google Cloud hanno speso complessivamente circa 78 miliardi di dollari in CAPEX nel solo secondo trimestre 2025, finanziando la costruzione di nuovi mega-data center, l’acquisto di server avanzati (in particolare GPU per l’AI) e l’espansione della capacità di rete. In parallelo, la scala dell’infrastruttura raggiunta da questi hyperscaler è impressionante: si stima che ciascuno di essi gestisca ormai milioni di server sparsi in data center in tutto il mondo, con decine di regioni geografiche coperte (AWS conta 38 regioni attive con 120 “zone di disponibilità”, mentre Microsoft Azure addirittura oltre 60 regioni annunciate). In termini di investimenti futuri, Amazon ha annunciato che i suoi investimenti di capitale totali nel 2025 supereranno i 100 miliardi di dollari annui (inclusi anche magazzini e uffici, ma con la maggior parte destinata ad AWS), in forte aumento rispetto agli ~$83 mld del 2024. Analogamente Microsoft ha pianificato circa $80 miliardi di capex per il 2025, e Google ha innalzato la sua previsione annuale a circa $85 miliardi per potenziare i data center e la rete al servizio di Google Cloud. Queste cifre danno il senso di “chi investe di più”: l’asticella degli investimenti è guidata da Amazon (seguita non lontano da Microsoft e Google), coerentemente con la leadership di AWS in termini di quota di mercato.
Un altro aspetto cruciale è chi cresce più rapidamente: tra i big del cloud i tassi di crescita più elevati appartengono ad Azure di Microsoft (+39% annuo al Q2 2025) e a Google Cloud (+32% annuo), spinte dall’adozione di servizi AI su larga scala, mentre AWS – pur aumentando robustamente (+17,5% annuo al Q2) – mostra una percentuale inferiore a causa della già ampissima base di clienti. Tuttavia, anche provider più piccoli o specializzati registrano crescite notevoli: ad esempio, Oracle Cloud (OCI) sta avendo un’espansione accelerata grazie ai servizi cloud database e al traino dell’AI – come vedremo, Oracle prevede addirittura di aumentare i ricavi cloud di oltre il 40% nel prossimo anno fiscale – mentre aziende cloud-native focalizzate su settori come l’analisi dati (Snowflake) o la sicurezza (Zscaler, Cloudflare) continuano a crescere a tassi elevati (tipicamente +20-30% annuo), beneficiando della domanda di servizi digitali sempre più sofisticati. In sintesi, il panorama del cloud computing vede pochi grandi attori generali in testa e una costellazione di società specializzate, tutte accomunate da un trend di crescita sostenuto. Di seguito analizziamo le 15 migliori azioni legate al cloud computing – inclusi sia i colossi globali (anche conglomerati con divisioni cloud) sia aziende pure-play più settoriali – evidenziando la situazione attuale e le prospettive per i prossimi anni di ciascuna. Nella parte finale, esamineremo inoltre i 3 migliori ETF dedicati al cloud computing, utili per chi preferisce un investimento diversificato sul settore.
Confronto dei principali provider cloud (dimensioni e investimenti)
Per contestualizzare la leadership dei grandi hyperscaler, la tabella seguente riassume alcuni indicatori chiave dei principali provider di infrastruttura cloud al Q2 2025 – in termini di ricavi trimestrali da servizi cloud, tasso di crescita, quota di mercato stimata e investimenti annuali in infrastrutture:
Provider Cloud | Ricavi Cloud trimestrali (Q2 2025) | Crescita YoY | Quota di mercato (stima globale) | Capex annuo 2025 (stima) |
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Amazon Web Services (AWS) | $30,9 miliardi | +17,5% | ~32% del mercato | >$100 miliardi (di cui la maggioranza su AWS) |
Microsoft Azure | ~$18–20 miliardi | +39% | ~23% del mercato | ~$80 miliardi |
Google Cloud (GCP) | $13,6 miliardi | +32% | ~10% del mercato | ~$85 miliardi |
Alibaba Cloud | ~$4,2 miliardi (stima) | +18% | ~5% globale / 33% del mercato cinese | ~$17 miliardi in 3 anni (piano Cina) |
Fonte: dati societari ed elaborazioni di analisti per Q2 2025. AWS include solo i servizi cloud di Amazon; Azure e GCP sono stime, poiché Microsoft e Google non riportano separatamente il fatturato esatto di Azure/GCP nelle trimestrali (ma fornendo crescite e run-rate annuali). Alibaba Cloud è il leader nei paesi asiatici emergenti e in Cina (dove detiene circa un terzo del mercato domestico).
Come si nota, AWS resta il maggiore fornitore per volumi assoluti, ma Azure e Google Cloud crescono più rapidamente e continuano a guadagnare quota. Amazon, Microsoft e Google investono cifre analoghe (>50-80+ miliardi all’anno ciascuno) per espandere la capacità: ciò indica che la corsa al cloud prosegue intensa e richiede risorse enormi, con progetti di data center sempre più grandi e avanzati (si pensi ai cluster di GPU per l’AI generativa, che hanno costi elevatissimi). Anche Alibaba, pur operando principalmente in Cina, rientra tra i top spender globali nel cloud con investimenti pluriennali da decine di miliardi per tenere il passo tecnologico.
Dopo questa panoramica generale, passiamo ora all’analisi delle 15 azioni cloud computing più rilevanti del momento, ciascuna accompagnata da una descrizione del business cloud, indicatori finanziari essenziali (come P/E, margini e flussi di cassa) e le prospettive di crescita future.
1. Amazon.com (NASDAQ: AMZN) – Amazon Web Services (AWS)
Amazon è stato il pioniere del cloud computing moderno: la sua divisione AWS, lanciata nel 2006, è oggi la piattaforma di cloud pubblico più diffusa al mondo. AWS offre un vastissimo ecosistema di servizi – potenza di calcolo (EC2), storage (S3), database, machine learning, IoT e molto altro – utilizzati da milioni di clienti, dalle startup alle grandi multinazionali. Questo segmento ha trainato la redditività di Amazon negli ultimi anni, grazie ai suoi elevati margini operativi. Nel 2024 AWS ha superato i $100 miliardi di ricavi annuali (circa $107,6 mld, +19%), e la crescita continua: nel Q2 2025 ha fatturato $30,9 miliardi (+17,5% anno su anno), mantenendo la leadership con circa un terzo del mercato infrastrutturale globale. Nonostante la leggera decelerazione rispetto ai concorrenti (dovuta in parte alla base già enorme), AWS sta beneficiando di nuovi trend come l’AI generativa: offre infatti servizi dedicati (es. piattaforma Bedrock e chip proprietari Trainium e Inferentia) per supportare i clienti nelle applicazioni di intelligenza artificiale.
Dal punto di vista finanziario, Amazon Web Services presenta margini elevati e un flusso di cassa robusto. Nel Q2 2025 AWS ha generato un utile operativo di $10,2 miliardi, con un margine operativo intorno al 33% nonostante gli ingenti ammortamenti legati alle nuove infrastrutture. Amazon complessivamente ha visto il suo free cash flow su 12 mesi attestarsi a circa $18,2 miliardi al giugno 2025 – in calo rispetto all’anno precedente a causa soprattutto dell’aumento degli investimenti in data center (capex). L’azienda infatti reinveste massicciamente nel cloud: come detto, per il 2025 Amazon ha preventivato oltre $100 miliardi di spese in conto capitale, gran parte dei quali destinati ad AWS (costruzione di server farm, acquisto di semiconduttori avanzati, espansione della rete globale). Questo rende Amazon il player che “investe di più” in assoluto nel cloud. Tale impegno è giustificato da una domanda in continua espansione: il backlog ordini di AWS (impegni contrattuali pluriennali) ha raggiunto $195 miliardi nel Q2 2025, in crescita del +25% YoY, segno che grandi clienti si stanno impegnando sul lungo termine.
Prospettive: Amazon prevede che la crescita di AWS possa addirittura accelerare nei prossimi trimestri man mano che si alleviano alcuni colli di bottiglia di capacità (limiti di fornitura di chip AI, disponibilità di energia elettrica per i data center, ecc.). Il CEO Andy Jassy ha spiegato che la domanda potenziale supera l’attuale capacità in alcune aree, ma dal 2025 in poi le nuove installazioni dovrebbero consentire di colmare il gap e rispondere più rapidamente alle esigenze dei clienti. Inoltre, AWS punta ad estendere la propria leadership nell’AI enterprise: ha investito miliardi (anche in partnership, ad es. con la startup Anthropic) per offrire una piattaforma AI completa nel cloud e competere con soluzioni rivali (Google Vertex AI, Azure OpenAI Services). Nei prossimi 1-2 anni ci si attende dunque che AWS mantenga una crescita solida a doppia cifra, con possibili rimbalzi se gli ostacoli di fornitura si risolvono, e che continui a rappresentare il “polmone” dei profitti di Amazon. Gli analisti stimano un’espansione media annua dei ricavi AWS attorno al +15-20% nel prossimo biennio, sostenuta dalla tendenza di lungo periodo che vede l’85-90% della spesa IT ancora on-premise passare gradualmente al cloud (una migrazione che Jassy prevede durerà almeno un decennio). Amazon resta dunque una scommessa di primo piano sul cloud, con valutazioni attuali riflettenti un P/E di circa 34 (TTM) e un forward P/E intorno a 30 – multipli elevati ma supportati dalla crescita e dal ruolo dominante di AWS che garantisce margini superiori al retail tradizionale.
2. Microsoft (NASDAQ: MSFT) – Intelligent Cloud (Azure)
Microsoft è emersa come il principale inseguitore di AWS nel cloud pubblico grazie alla piattaforma Azure, lanciata nel 2010 e cresciuta rapidamente sfruttando la vasta base enterprise dell’azienda. Oggi Azure offre servizi comparabili a quelli di AWS (VM, storage, database, analytics, AI, ecc.) ed è integrato con l’ecosistema Microsoft (sistemi operativi, software enterprise, suite Office 365). Nel 2025 Azure rappresenta la seconda più grande infrastruttura cloud al mondo, con ricavi stimati intorno a ~$75 miliardi annui. Microsoft non divulga il fatturato esatto di Azure, ma ha indicato che nel FY2025 il business “Intelligent Cloud” (che include Azure e altri prodotti server) ha raggiunto $110,4 miliardi (+19%) e che Azure da solo ha un run-rate di circa $75 miliardi/anno. Nel Q2 2025 Azure e i servizi cloud associati sono cresciuti di un impressionante +39% anno su anno – il tasso più alto tra i big del cloud – consentendo a Microsoft di aumentare leggermente la propria quota di mercato globale (attorno al 20-23%). Microsoft sta ottenendo particolare slancio grazie all’AI generativa: la partnership con OpenAI (che fornisce le tecnologie GPT integrate in Azure) ha attirato molti clienti verso Azure per sviluppare applicazioni di intelligenza artificiale. Anche la posizione consolidata di Microsoft nelle grandi aziende (per via di Windows, Office e Dynamics) facilita vendite incrociate di Azure come piattaforma cloud preferenziale per la trasformazione digitale e la migrazione di applicazioni legacy.
Sul fronte finanziario, Microsoft presenta una solidità eccezionale: la società nel suo complesso ha un margine operativo intorno al 45% e un margine netto sopra il 30%, tra i più alti del settore. Il segmento Intelligent Cloud contribuisce in modo significativo a questi margini. Nonostante gli ingenti investimenti in data center, Microsoft genera enormi flussi di cassa: nell’anno fiscale 2024 ha riportato $89 miliardi di free cash flow (in crescita), e ha aumentato ulteriormente tale valore nel 2025. Questi cash flow vengono in buona parte restituiti agli azionisti via dividendi e buyback, ma anche re-investiti: Microsoft sta incrementando il CAPEX fino a circa $80 miliardi nel 2025 per supportare la crescita di Azure (oltre che i data center di AI e i dispositivi hardware). L’azienda mantiene comunque una posizione finanziaria solida, con un basso indebitamento relativo e rating creditizi elevati, il che le consente di finanziare l’espansione cloud senza intoppi. In termini di valutazione azionaria, Microsoft scambia attualmente con un P/E TTM intorno a 36-37 e un forward P/E sui 30 – multipli giustificati dalla crescita costante e dall’elevata redditività.
Outlook: Microsoft è ben posizionata per continuare la crescita robusta di Azure nei prossimi anni. La domanda di servizi cloud rimane forte e Microsoft sta capitalizzando sul trend AI: l’offerta Azure OpenAI (che include accesso ai modelli GPT-4, Codex, DALL-E ecc. attraverso Azure) ha attirato oltre 11.000 clienti enterprise in meno di un anno dal lancio. Inoltre, Microsoft integra funzionalità AI (“Copilot”) in prodotti come GitHub, Office e Dynamics, creando un forte incentivo all’uso di Azure come backend di tali servizi. Gli analisti stimano che Azure possa mantenere crescite annuali nell’ordine del +25-30% nel prossimo biennio, contribuendo a fare di Microsoft una delle prime aziende al mondo a superare i $300 miliardi di ricavi totali annui. Un indicatore delle aspettative ottimistiche è la recente guidance di Microsoft stessa: per l’anno fiscale 2026 ha previsto un ulteriore aumento a doppia cifra delle vendite cloud, con margini operativi stabili o in lieve espansione nonostante la concorrenza. Una sfida potrebbe venire dai costi: l’espansione aggressiva delle infrastrutture (in particolare l’acquisto di GPU Nvidia A/H100 per i cluster AI) e l’aumento degli ammortamenti potrebbero pesare sui margini Azure nel breve termine. In effetti Microsoft ha visto il CAPEX trimestrale superare i $24 miliardi nel 2025, un livello mai visto prima, proprio per sostenere la costruzione di nuova capacità cloud. Ciononostante, il management resta fiducioso che queste spese porteranno ritorni significativi: la domanda per Azure continua ad eccedere l’offerta in alcuni servizi avanzati e si prevede che i colli di bottiglia (ad es. disponibilità di chip AI) si attenueranno entro fine 2025, consentendo a più clienti di adottare i servizi Azure senza limitazioni. In conclusione, Microsoft rimane una delle azioni più solide del settore tech e un pilastro del cloud: la combinazione di crescita di Azure, amplissimi margini e posizione finanziaria forte fa sì che molti investitori la considerino un investimento quasi “difensivo” nell’ambito tecnologico, pur beneficiando dei trend secolari di crescita del cloud.
3. Alphabet (NASDAQ: GOOGL) – Google Cloud
Alphabet, attraverso la controllata Google Cloud, è il terzo grande provider globale di servizi cloud. Google Cloud comprende la piattaforma GCP (Google Cloud Platform) – con servizi infrastrutturali e di piattaforma simili a AWS/Azure – e la suite Google Workspace (ex G Suite) offerta in modalità SaaS. Negli ultimi anni Google ha investito pesantemente per recuperare terreno sui concorrenti, puntando sulle proprie competenze in ambito dati, intelligenza artificiale e sviluppo software. Questi sforzi stanno dando risultati: nel Q2 2025 Google Cloud ha registrato ricavi per $13,6 miliardi (+32% YoY), consolidando una quota di mercato intorno al 10%. Importante, Google Cloud è passato in utile di recente – registrando un utile operativo di $2,8 miliardi nel trimestre – dopo anni in perdita, segno che il business sta raggiungendo economie di scala. Il CEO Thomas Kurian ha riferito che il tasso di run-rate annuale di Google Cloud ora supera i $50 miliardi, e il backlog (ordinativi cloud futuri) è salito a $106 miliardi (+38% YoY), indicando una forte domanda a lungo termine. Google eccelle in particolare nei servizi di data analytics e machine learning: la sua piattaforma BigQuery e i tool di AI su GCP sono considerati tra i migliori sul mercato. Inoltre, con l’esplosione dell’AI generativa, Google ha rapidamente lanciato la suite Vertex AI e ha reso disponibili i propri modelli (PaLM 2, Imagen, ecc.) e quelli open-source di terze parti su GCP, attirando clienti interessati a sviluppare applicazioni di AI conversazionale e visiva. Un altro punto di forza è l’infrastruttura di rete globale e l’esperienza di Google nella gestione di carichi web immensi (YouTube, Search): ciò ha permesso a GCP di offrire latenze e prestazioni competitive, oltre a soluzioni specializzate ad esempio per media streaming, gaming online e servizi mobili (grazie al cloud di Google, app come Snapchat e Spotify supportano miliardi di utenti).
Dal lato finanziario, Alphabet mantiene un bilancio solido e grande capacità di spesa. Nel 2024 il segmento Google Cloud ha ridotto le perdite e iniziato a contribuire positivamente. La redditività complessiva di Alphabet resta trainata dal core advertising, ma sta migliorando anche nel cloud: il margine operativo di Google Cloud nel Q2 2025 è stato circa 20% (2,8 mld di utile su 13,6 mld ricavi). Alphabet ha flussi di cassa notevoli (oltre $70 miliardi di free cash flow annui) e li sta reinvestendo: per il 2025 la società ha alzato la previsione di spesa in conto capitale a $85 miliardi, principalmente destinati a data center e server per Google Cloud (inclusi investimenti in chip AI TPU di propria progettazione). Da rilevare che Google è all’avanguardia nell’efficienza dei data center, puntando su energie rinnovabili e raffreddamento avanzato per contenere i costi operativi. In Borsa, Alphabet presenta un P/E di circa 22 (tra i più bassi dei giganti tech) grazie agli elevati utili pubblicitari, quindi l’attività cloud in forte crescita è in un certo senso “scontata” a multipli moderati all’interno del titolo.
Prospettive: Google Cloud è considerato il player con maggior potenziale di espansione: sebbene partito in ritardo, sta crescendo più velocemente del mercato e potrebbe avvicinarsi ulteriormente ai concorrenti nei prossimi 1-2 anni. Google sta stringendo accordi strategici con grandi clienti (nel 2023-2024 ha siglato contratti pluriennali del valore di oltre 1 miliardo ciascuno con aziende come Bank of America, Telefónica, Mayo Clinic, etc.) e sfrutta la propria competenza in AI come leva commerciale. Ad esempio, la banca HSBC ha scelto GCP per modernizzare la propria analisi dati sfruttando gli strumenti ML di Google. Kurian ha affermato che la maggior parte dei nuovi contratti cloud include componenti AI, un’area in cui Google intende differenziarsi (anche attraverso chip custom come i nuovi TPU v5 per il training di modelli, e servizi come il Duet AI integrato in Workspace che aumentano l’attrattiva dell’offerta SaaS). Si prevede che Google Cloud possa mantenere tassi di crescita annuali del 25-30% nel breve termine, continuando a guadagnare quote nel mercato enterprise, specialmente in settori come finanza, retail e sanità dove finora la penetrazione di Google era minore rispetto ad AWS/Microsoft. Un ulteriore elemento positivo è che Google Cloud è ormai profittevole, il che riduce la pressione sugli utili consolidati di Alphabet e consente di investire con “meno ansia” nella crescita. Per sostenere il ritmo, Google dovrà comunque tenere sotto controllo i costi: i dirigenti hanno indicato che continueranno ad aumentare la capacità ma con occhio all’efficienza, e che già entro il 2026 contano di beneficiare di costi unitari decrescenti grazie a nuovi data center e supply chain migliorate. In conclusione, Alphabet offre un mix interessante di valutazione moderata e crescita cloud robusta: la sua performance borsistica potrà trarne vantaggio se Google Cloud continuerà a ridurre il gap dai leader e ad espandere i margini, rafforzando il profilo diversificato dell’azienda (meno dipendente soltanto dalla pubblicità online).
4. Alibaba Group (NYSE: BABA) – Alibaba Cloud (Aliyun)
Alibaba, il colosso cinese dell’e-commerce, possiede anche una delle più grandi piattaforme cloud al mondo: Alibaba Cloud (chiamata Aliyun in Cina). Fondata nel 2009, Alibaba Cloud è leader assoluto nel mercato cinese del cloud (con circa 33% di share nazionale) e ha una presenza significativa in Asia Pacifico. Fornisce servizi analoghi agli hyperscaler occidentali – calcolo, storage, database, big data, AI – ed è stata il primo provider a introdurre molte innovazioni in Cina, come l’infrastruttura serverless e soluzioni proprietarie di chip AI (attraverso la controllata Alibaba DAMO Academy). Nel trimestre più recente disponibile, Q1 2025 fiscal (aprile-giugno 2025), Alibaba Cloud ha generato ¥30,4 miliardi di ricavi (circa $4,15 miliardi, +18% YoY), mostrando una ripresa rispetto alla crescita anemica dell’anno precedente. Questo ritmo posiziona Alibaba Cloud come il quarto provider mondiale per fatturato, sebbene ancora lontano dai big USA in valore assoluto. La sua clientela include gran parte delle imprese cinesi (dalle banche statali alle startup tech) e varie organizzazioni governative in Asia. La società sta spingendo molto sull’AI cloud: ha sviluppato un proprio modello linguistico di grandi dimensioni chiamato Tongyi Qianwen (in inglese “Alibaba Cloud Tongyi”) e offre servizi AI-as-a-Service per sviluppatori cinesi analoghi a quelli di OpenAI/Google ma ottimizzati per lingua e mercato locale. Questa strategia ha iniziato a dare frutti, contribuendo all’accelerazione recente: Alibaba ha riportato che nel cloud vi è stata una “espansione a tripla cifra dei carichi AI” e che i prodotti AI (come il modello Qwen-3) hanno trainato la crescita del 18% nei servizi cloud nel 2025.
Dal punto di vista finanziario, Alibaba Cloud è in una fase di transizione. Per anni è stato gestito come una divisione in perdita (subsidizzata dai profitti dell’e-commerce), ma nel 2022 ha raggiunto il break-even e ora oscilla intorno al pareggio operativo, con margini operativi ~15% nel 2025. Questo margine è inferiore a quello dei rivali USA, riflettendo sia prezzi più competitivi sul mercato cinese sia gli investimenti in corso (in particolare in infrastrutture AI e data center domestici). Alibaba ha annunciato un ambizioso piano di investimenti da $28 miliardi in 3 anni (circa ¥200 miliardi) per potenziare il proprio cloud e le capacità AI – un segnale forte della volontà di rimanere all’avanguardia tecnologica. Allo stesso tempo, il management sta valutando una possibile scissione (spin-off) di Alibaba Cloud dal gruppo Alibaba, per darle più autonomia e magari aprire il capitale a investitori o partner strategici. Sul mercato azionario, Alibaba Group al momento ha un P/E ratio intorno a 16 – valutazione compressa a causa di varie sfide (regolamentazioni cinesi, rallentamento dell’e-commerce domestico). Questo significa che il contributo del cloud (potenzialmente molto prezioso) non è pienamente riflesso nel prezzo secondo alcuni analisti: ad esempio, a parità di multipli delle controparti USA, Alibaba Cloud da sola varrebbe decine di miliardi.
Prospettive: Alibaba Cloud affronta un duplice scenario per i prossimi anni. Da un lato, il mercato cinese del cloud ha ancora ampi spazi di crescita: molte aziende tradizionali in Cina stanno solo ora migrando verso il cloud e il governo sta promuovendo la digitalizzazione (favorendo spesso provider domestici per motivi di sovranità tecnologica). Ciò potrebbe sostenere crescite annue elevate per Aliyun, nell’ordine del +20% o più, specialmente se l’economia cinese si riprende post-pandemia. Dall’altro lato, Alibaba Cloud deve fronteggiare concorrenza interna ed esterna: rivali locali come Tencent Cloud e Huawei Cloud stanno guadagnando terreno (pur con quote del 10-20%), e le restrizioni geopolitiche limitano l’espansione internazionale di Alibaba (ad esempio in Europa e USA compete poco). Inoltre, in Cina i margini sono compressi dalle guerre di prezzo e dall’intervento governativo che talvolta scoraggia comportamenti monopolistici. Per far fronte a queste sfide, Alibaba punta sull’innovazione: si sta posizionando come piattaforma cloud specializzata in AI e soluzioni enterprise verticali (finanza, retail, trasporti). Ha di recente lanciato nuovi chip AI proprietari (come la GPU Hanguang) e soluzioni cloud ibride per aziende pubbliche, cercando di differenziarsi in qualità oltre che in prezzo. Gli analisti ritengono che se Alibaba Cloud venisse separata e quotata, potrebbe ottenere maggior indipendenza finanziaria e forse una valutazione più alta (assimilabile alle pure-play cloud). In ogni caso, per Alibaba azionista la divisione cloud resta un asset strategico: continuerà a investire pesantemente (anche a scapito dei margini a breve termine) per mantenere la leadership in Cina e cogliere opportunità nell’Asia emergente. Per gli investitori internazionali, Alibaba offre quindi un’esposizione indiretta al cloud cinese – un mercato in crescita ma legato a dinamiche politico-economiche diverse – combinato però con l’andamento del core commerce. In definitiva, se il governo cinese favorirà lo sviluppo interno del cloud (anche limitando la presenza di AWS/Azure nel Paese), Alibaba Cloud potrebbe essere uno dei maggiori beneficiari e vedere i propri ricavi crescere vigorosamente, migliorando nel contempo la redditività grazie alle economie di scala e alla maggiore incidenza di servizi ad alto margine (AI, data analytics) già in corso.
5. Oracle Corporation (NYSE: ORCL) – Oracle Cloud (OCI)
Oracle è un nome storico nel settore enterprise IT, noto per i suoi database e software gestionali. Negli ultimi anni l’azienda ha effettuato una trasformazione decisa verso il cloud, sviluppando la piattaforma Oracle Cloud Infrastructure (OCI) e offrendo le proprie soluzioni in modalità SaaS e PaaS. Pur non avendo la scala degli hyperscaler principali, Oracle si sta ritagliando una nicchia importante: fornisce cloud pubblico e cloud ibrido con un forte focus su database enterprise, applicazioni mission-critical e settori regolamentati (come finanza e pubblica amministrazione) dove Oracle ha da decenni clienti fedeli. Questo posizionamento in parte diverso le ha permesso di crescere rapidamente da una base iniziale piccola. Nel FY2025 (chiuso a maggio 2025), i ricavi Cloud di Oracle – includendo IaaS e SaaS – hanno raggiunto $44 miliardi (+12%). In particolare, la componente Cloud Infrastructure (IaaS) è cresciuta del +52% YoY nel Q4 2025, segno di un’accelerazione notevole. Anche le applicazioni cloud (SaaS, come il software ERP Fusion e NetSuite) sono in aumento a doppia cifra. Oracle ha riportato che il suo backlog (Remaining Performance Obligations) è salito a $138 miliardi (+41%), indicando contratti cloud pluriennali in forte espansione. Questi numeri mostrano come Oracle, partita in ritardo sul cloud, stia recuperando velocemente grazie alla domanda di soluzioni cloud database (agevolata anche dalla collaborazione con Microsoft: es. servizio Oracle Database su Azure) e all’interesse verso il suo approccio multi-cloud.
Sul piano finanziario, Oracle coniuga crescita cloud e redditività elevata. Nel FY2025 ha riportato un utile netto GAAP di $12,4 miliardi, con un margine netto ~22%. Sebbene i margini cloud specifici non siano divulgati, Oracle storicamente opera con margini alti nei software – e sta riuscendo a mantenere buoni profitti anche nel cloud nonostante gli investimenti. C’è da dire che tali investimenti sono significativi: Oracle ha aumentato enormemente la spesa in CAPEX, tant’è che il free cash flow del 2025 è risultato circa in pareggio (negli ultimi 12 mesi, FCF ~$0) a causa del grande esborso in costruzione di data center. Nel Q2 2025 ad esempio Oracle ha speso $2,4 miliardi in CAPEX, spingendo i cash flow operativi verso nuovi data center e apparecchiature. Questo però prepara il terreno alla crescita futura. Un altro dato notevole è che Oracle ha incrementato la capacità produttiva di server quasi al limite: nel Q4 2025 ha evidenziato situazioni di sold-out in alcuni servizi cloud e constraint di fornitura (un fenomeno simile a AWS/Azure) – il che spiega la corsa a investire per raddoppiare la rete di data center OCI (attualmente Oracle ha 23 regioni pubbliche live e sta costruendo altre 47 nei prossimi 12 mesi). In borsa, il titolo Oracle ha avuto un forte rialzo di recente, riflettendo l’entusiasmo per la sua svolta cloud: il P/E è salito oltre 50x utili TTM (forward P/E ~33), valutazione più elevata rispetto alla media storica di Oracle, proprio perché il mercato prezza alte aspettative sulla crescita futura del cloud Oracle.
Crescita attesa: Il management di Oracle è estremamente ottimista: per l’anno fiscale 2026 ha fornito una guidance audace, prevedendo che i ricavi totali cresceranno di oltre il +16% e soprattutto che i ricavi Cloud (IaaS + SaaS) accelereranno a oltre +40%. In particolare, Oracle si aspetta che OCI (infrastruttura cloud) cresca di oltre il +70% nel prossimo anno, un ritmo straordinario, grazie alla piena entrata in servizio dei nuovi data center e alla domanda generata dall’AI. Oracle infatti sta puntando molto a diventare la piattaforma preferita per carichi AI ad alta intensità di dati: ha stretto accordi con NVIDIA per offrire migliaia di GPU in cloud e vanta alcuni clienti di prestigio (ad esempio Zoom ha scelto Oracle Cloud per parte del suo backend, e società di AI come Cohere usano OCI per addestrare modelli linguistici). Inoltre, Oracle beneficia del fatto che molte aziende già usano i suoi database: con il nuovo servizio Oracle Database@Azure in partnership con Microsoft, può migrare workload di database su cloud mantenendo le performance e ottenendo il meglio di OCI e Azure insieme. Se queste strategie avranno successo, Oracle potrebbe riuscire nell’intento di affermarsi come quarto hyperscaler di fatto, specializzato su dati enterprise. Ovviamente, c’è un elemento di rischio in previsioni così aggressive: Oracle dovrà mantenere altissima la spesa capitalizzando su ogni opportunità di mercato, e convinvere i clienti della qualità della sua infrastruttura rispetto ad AWS/Azure. La concorrenza non starà ferma – AWS e Azure offrono anch’essi soluzioni per database Oracle (es. Amazon ha servizi di migrazione Aurora) e corteggiano gli stessi clienti enterprise. Tuttavia, Oracle parte con la leva di decenni di relazione con i dipartimenti IT di mezzo mondo e con prodotti gestionali ancora molto diffusi (ERP, supply chain, ecc. che ora vende in versione cloud). In definitiva, gli investitori hanno riscoperto Oracle come una storia di trasformazione di successo verso il cloud: il titolo ha toccato nuovi massimi nel 2023-2024, e se i target di crescita verranno confermati nei prossimi trimestri, ciò potrebbe consolidare multipli elevati. Per chi investe sul lungo termine, Oracle rappresenta una scommessa su un “outsider” del cloud che sta chiudendo il gap e che potrebbe offrire un mix di crescita (in passato insolita per Oracle) e redditività tipica delle aziende mature, il tutto con un dividendo modesto ma in crescita e un consistente programma di buyback.
6. IBM (NYSE: IBM) – IBM Cloud e Hybrid Cloud (Red Hat)
IBM è un altro protagonista storico dell’IT che sta reinventandosi nell’era del cloud. La strategia di IBM punta sull’Hybrid Cloud: invece di competere testa a testa con AWS/Azure sui servizi pubblici generici, IBM offre una combinazione di soluzioni cloud private, infrastrutture ibride e servizi software aperti orchestrati con la piattaforma Red Hat. L’acquisizione di Red Hat nel 2019 (per $34 miliardi) è stato il fulcro di questa trasformazione: Red Hat OpenShift è diventato il tessuto connettivo del cloud ibrido IBM, consentendo alle aziende di eseguire applicazioni containerizzate on-premise e su cloud pubblici diversi con coerenza. IBM fornisce dunque sia il proprio IBM Cloud pubblico (specialmente apprezzato in settori come banche, dove offre elevata sicurezza e conformità), sia – soprattutto – servizi di integrazione e software per gestire ambienti multi-cloud. A ciò si aggiunge l’expertise nei servizi di consulenza cloud (IBM Consulting) che aiutano i clienti nella migrazione e gestione. Nel 2024 la strategia ha iniziato a pagare: i ricavi cloud ibrido di IBM hanno raggiunto $22,2 miliardi (+11% YoY), con Red Hat in crescita robusta (+17% a cambi costanti nel Q2 2025). Inoltre, IBM sta investendo nell’AI enterprise strettamente legata al cloud: ha lanciato la piattaforma watsonx (erede di Watson) che consente di addestrare e usare modelli AI su scala aziendale, integrata nativamente in ambienti hybrid cloud.
Dal punto di vista finanziario, IBM continua ad essere un’azienda solida ma a crescita lenta. Nel 2024 ha generato $62,8 miliardi di ricavi totali (+1%), riflettendo il declino di attività legacy compensato dall’incremento nel cloud. La redditività rimane buona: margine operativo ~17-18% e margine netto intorno al 9-10% (escludendo oneri non ricorrenti). IBM produce inoltre cassa consistente: nel 2024 ha realizzato $12,7 miliardi di free cash flow, e ha alzato la guidance a >$13,5 mld per il 2025. Questi flussi finanziano il suo generoso dividendo (yield ~4-5%) e permettono di sostenere investimenti inorganici se necessario. A differenza di altri, IBM mantiene un approccio disciplinato al CAPEX: investe sui $4-5 miliardi l’anno in data center (molto meno dei colossi cloud), affidandosi anche a partnership. Questo rispecchia la sua focalizzazione su cloud ibrido (spesso usando infrastrutture del cliente stesso o di terzi, orchestrate con Red Hat). Il titolo IBM tratta a multipli relativamente bassi rispetto al settore tech (P/E forward ~15-20), riflettendo il modesto outlook di crescita. Tuttavia, la componente cloud sta lentamente aumentando il proprio peso sui ricavi e sui margini.
Prospettive: IBM prevede per il 2025 una crescita costante ma non esplosiva – ha comunicato un obiettivo di +3-5% annuo dei ricavi totali a cambi costanti, segno che confida nel cloud ibrido e nell’AI per bilanciare la contrazione di alcune linee legacy (ad esempio l’hardware mainframe tende a calare negli anni senza nuovi cicli). Red Hat continuerà ad essere il baricentro: la sua suite open-source (Linux, OpenShift, Ansible) è oggi integrata in praticamente tutte le offerte IBM e cresce in doppia cifra, fungendo da ponte tra i vari cloud. Un esempio è la collaborazione stretta con AWS e Azure: IBM ha reso disponibile il suo software middleware (WebSphere, Db2, ecc.) tramite Red Hat OpenShift su AWS/Azure, ricavandone sia royalty sia servizi di consulenza per clienti comuni. Sul fronte AI generativa, IBM si sta posizionando come integratore: ha annunciato accordi con Meta (per offrire Llama 2 sulle infrastrutture IBM) e sta sviluppando modelli proprietari ottimizzati per domini specifici (es. il modello Granite per dati finanziari). Queste mosse potrebbero rendere IBM un partner chiave per aziende che vogliono sfruttare l’AI restando in controllo dei propri dati (un tema sensibile che favorisce l’approccio ibrido di IBM). D’altro canto, IBM non tornerà probabilmente ai fasti di crescita di altre tech: il suo mercato di riferimento – grandi imprese tradizionali – è maturo e competitivo (Accenture, Microsoft e altri contendono gli stessi clienti sulla trasformazione digitale). Pertanto, ci si attende che IBM cresca a ritmo moderato, con il cloud ibrido che spinge quel tanto che basta a tenere un segno positivo sui ricavi complessivi. La redditività migliorerà leggermente grazie alle efficienze (IBM ha attuato nel 2022-23 programmi di riduzione costi e tagli di personale in segmenti poco profittevoli, riallocando risorse sul cloud/AI). In sintesi, per gli investitori IBM rappresenta un profilo difensivo nel cloud: meno crescita frenetica ma dividendi alti e stabilità. Se il mercato del cloud ibrido decollerà come previsto (molte stime indicano che la maggior parte delle aziende opterà per configurazioni miste on-prem + multi-cloud), IBM potrebbe trovarsi nella posizione giusta per trarne vantaggio, fungendo da “collante” tra ambienti eterogenei. La società stessa evidenzia come oltre 4.000 clienti abbiano già adottato la piattaforma Red Hat/IBM Cloud Paks e come il valore medio dei contratti hybrid cloud stia aumentando. Nel complesso, quindi, IBM rimane un titolo di transizione, che ha abbracciato il cloud per garantirsi rilevanza futura senza rinnegare le sue tradizionali aree di competenza.
7. Salesforce, Inc. (NYSE: CRM) – Software SaaS nel Cloud
Salesforce è stata una pioniera del modello SaaS (Software-as-a-Service) e oggi è la più grande azienda puramente cloud per capitalizzazione (escludendo i conglomerati tech). La sua piattaforma principale di Customer Relationship Management (CRM), offerta totalmente via cloud, è utilizzata da oltre 150.000 aziende nel mondo per gestire vendite, marketing e assistenza clienti. Negli ultimi anni Salesforce ha ampliato il proprio portafoglio includendo soluzioni cloud per analisi dati (Tableau), integrazione (MuleSoft), e-commerce (Commerce Cloud) e collaborazione (Slack), creando un ecosistema completo chiamato Customer 360. Il modello di business di Salesforce si basa su abbonamenti ricorrenti e aggiornamenti continui, generando un flusso prevedibile di entrate. Nell’anno fiscale terminato a gennaio 2025 (FY2025), Salesforce ha registrato $37,9 miliardi di ricavi (+9% YoY), mantenendo la leadership nel mercato CRM globale con una quota stimata sopra il 20%. Pur con una crescita rallentata rispetto al passato (quando cresceva >20% annuo), l’azienda ha compiuto un notevole sforzo di miglioramento dei margini: il margine operativo GAAP FY2025 ha raggiunto il 19% (rispetto a solo 2% di pochi anni fa), grazie a efficienze e riduzione di costi (inclusi tagli di personale del 10% nel 2023). Questo ha portato Salesforce a generare flussi di cassa record: nel FY2025 ha avuto $13,1 miliardi di operating cash flow (+28%) e $12,4 miliardi di free cash flow (+31%) – un valore di FCF molto elevato, tra i maggiori nel settore software, indice di un business model altamente redditizio e a bassa intensità di capitale (Salesforce spende poco in CAPEX, poiché si appoggia anche su cloud terzi per l’infrastruttura).
Per gli investitori, Salesforce è stata un caso di grande rivalutazione: da crescita senza profitti a mix di crescita moderata ma alta redditività. Il titolo oggi scambia con P/E forward ~22-25 (ben più contenuto rispetto ai >100 di qualche anno fa), riflettendo la nuova attenzione del management alla generazione di utile per azione. La società ha addirittura avviato nel 2022 un programma di buyback azionario – cosa insolita per un’ex “growth company” – restituendo $7,8 miliardi agli azionisti nel FY2025, segno di maturità finanziaria raggiunta.
Prospettive: Salesforce guarda al futuro puntando su due driver principali: espansione internazionale e integrazione dell’AI generativa nei suoi prodotti. Sul primo fronte, l’azienda sta ancora crescendo a doppia cifra in regioni come l’Asia-Pacifico e l’Europa, dove la penetrazione del cloud CRM non è al livello degli USA. Ha anche iniziato a proporre versioni più accessibili delle sue soluzioni per le PMI, ampliando il bacino di clienti potenziali. Ma il vero catalizzatore atteso è l’AI integrata nel CRM: Salesforce ha lanciato la iniziativa Einstein GPT e più recentemente Salesforce AI Cloud, incorporando funzioni di intelligenza artificiale generativa (ad esempio per suggerire risposte automatiche nelle vendite, generare contenuti marketing personalizzati, o scrivere codice su piattaforma con Einstein Copilot). Grazie alla partnership con OpenAI e altre AI, Salesforce può fornire ai clienti modelli GPT addestrati sui loro dati aziendali in modo sicuro (sfruttando l’infrastruttura di partner come AWS e Azure). Marc Benioff, CEO, ha dichiarato che “nessuna azienda è posizionata meglio di Salesforce per guidare i clienti nella rivoluzione della produttività da AI”. Se queste promesse si concretizzeranno, i clienti potrebbero aumentare la spesa sulla piattaforma Salesforce per sfruttare le nuove capacità, fornendo un ulteriore impulso alla crescita dei ricavi nei prossimi anni (alcuni analisti stimano che l’AI generativa potrebbe aggiungere ~1-2 punti percentuali di crescita annuale a Salesforce dal 2024 in poi).
Sul piano finanziario, Salesforce ha fornito guidance FY2026 di +7-8% ricavi – conservativa rispetto al passato, ma che potrebbe rivelarsi prudente se il contesto macro migliora. L’azienda ha inoltre fissato target di margine operativo GAAP ~22% per FY2026, segno che intende continuare la disciplina sui costi. Ciò dovrebbe tradursi in un’ulteriore crescita dell’utile per azione (EPS), che insieme ai buyback potrebbe sostenere il titolo. Certamente, Salesforce opera in un mercato competitivo (i grandi competitor come Microsoft Dynamics 365, Oracle CX e SAP stanno anch’essi incorporando AI e abbassando i prezzi), ma gode ancora di un vantaggio di ecosistema e di scala (tantissimi integratori e sviluppatori conoscono la piattaforma Salesforce). In sintesi, Salesforce si è evoluta da “growth stock” a “cash cow” in crescita moderata: per gli investitori questo significa meno volatilità e più attenzione alla creazione di valore. Nei prossimi 1-2 anni, se l’economia reggerà, ci si aspetta che Salesforce mantenga crescita vicina alla doppia cifra e margini in miglioramento. La sfida sarà dimostrare che, nonostante le dimensioni raggiunte, può ancora innovare e dominare nella nuova ondata tech dell’intelligenza artificiale applicata al business – cosa su cui la dirigenza sembra puntare fortemente, investendo sia internamente (R&D AI) sia via acquisizioni mirate. Finora, il mercato ha apprezzato questa traiettoria, facendo di Salesforce una delle azioni cloud meglio performanti del 2023-2024.
8. SAP SE (NYSE: SAP) – Soluzioni Cloud Enterprise
SAP è un altro gigante del software enterprise che sta completando la transizione al cloud. L’azienda tedesca, leader mondiale nei sistemi gestionali ERP, tradizionalmente vendeva software on-premise, ma oggi offre la maggior parte delle sue soluzioni in modalità cloud SaaS (come la suite SAP S/4HANA Cloud per la gestione integrata d’impresa) o cloud PaaS (con la piattaforma SAP Business Technology Platform per estensioni e integrazioni). SAP non gestisce un’infrastruttura cloud proprio paragonabile a AWS/Azure – spesso si appoggia ad esse o a partner – ma fornisce le applicazioni che molte grandi aziende usano quotidianamente. La trasformazione sta procedendo bene: nel 2024 i ricavi da cloud di SAP sono cresciuti del +24% (raggiungendo €17,14 miliardi), tanto che il cloud ha superato il 50% dei ricavi totali dell’azienda. La transizione al modello cloud ha temporaneamente impattato i margini (SAP è passata da licenze upfront a abbonamenti), ma ora sta tornando a livelli elevati grazie alla scala e alla riorganizzazione interna. Nel Q2 2025 SAP ha registrato un utile operativo IFRS in forte crescita (+>100% YoY), anche per via di minori costi di ristrutturazione e dell’espansione del margine lordo cloud al ~75%. I servizi cloud di SAP – come SuccessFactors (HR), Ariba (procurement), Concur (note spese) – dominano nei rispettivi segmenti di mercato, mentre l’ERP S/4HANA sta convincendo sempre più clienti a migrare dalla vecchia versione on-premise ECC al cloud (SAP ha fissato fine 2027 come data di fine supporto per la versione legacy, spingendo i clienti all’upgrade).
Finanziariamente, SAP è robusta: nel 2024 ha realizzato €8,6 miliardi di free cash flow (in aumento del +15%), grazie anche a una riduzione delle spese e a incassi ricorrenti più prevedibili. La società ha una politica di dividendi attraente (payout ~40% degli utili) e mantiene un debito moderato dopo aver già scontato l’acquisizione di SuccessFactors e altre negli scorsi anni. Il titolo SAP negli ultimi due anni si è apprezzato con il progredire della conversione cloud, portando il P/E TTM intorno a 40-45 – piuttosto alto per una crescita a una cifra, ma riflettendo la prospettiva di margini in miglioramento e flussi di cassa più “software-like” (nell’on-premise erano volatili in base alle licenze vendute trimestralmente, ora più distribuiti).
Outlook: SAP ha fornito indicazioni di crescita annua del +8-10% nei ricavi cloud fino al 2025, trainati soprattutto dall’aumento del backlog di abbonamenti (Current Cloud Backlog +28% YoY a €11,5 mld nel Q2 2025). L’azienda sta inoltre espandendo i margini grazie a un programma di efficientamento completato nel 2023. Un obiettivo dichiarato è raggiungere un margine operativo del 32% entro il 2025 (non-IFRS), risalendo dai livelli intorno al 28% del 2022-23. Questo significa che gran parte della crescita dei ricavi cloud andrà a tradursi in utile operativo aggiuntivo, generando forte leva operativa. Un potenziale fattore di ulteriore crescita per SAP è l’AI generativa applicata ai processi aziendali: SAP sta integrando funzionalità di GenAI nel suo software (ad esempio Intelligent Sales, AI-driven procurement ecc.) anche tramite partnership con Microsoft OpenAI e con IBM Watson. Dato il suo enorme bacino di dati aziendali, SAP potrebbe fornire soluzioni AI specifiche (ad esempio per prevedere la domanda, ottimizzare le catene di fornitura, ecc.) e monetizzarle come componenti aggiuntivi in cloud. Questo scenario entusiasma gli investitori, anche se l’adozione pratica richiederà tempo. Nel breve periodo (1-2 anni) SAP si concentrerà a migrare quanti più clienti possibili sul cloud: attualmente ha ~25k clienti S/4HANA di cui circa la metà su cloud, quindi c’è margine di conversione. La regione Asia e mercati emergenti offrono tassi di crescita più alti (doppia cifra), mentre in Europa/US si tratta di up-sell ai clienti esistenti. Complessivamente, gli analisti prevedono che SAP possa sostenere un CAGR medio alto-singola cifra nei ricavi fino al 2027, con l’utile netto in crescita più che proporzionale (doppia cifra) per via dell’espansione dei margini. Questo profilo value + growth rende SAP un titolo interessante, anche se non privo di concorrenza: Oracle, Workday, Microsoft e altri competono in vari moduli (ERP finanziario, risorse umane, analytics), cercando di sottrarre clienti storici a SAP. Finora la fidelizzazione è stata alta – passare da SAP ad altro è oneroso – e SAP conta di mantenerla alta offrendo appunto innovazioni continue nel cloud. In sintesi, SAP è una scommessa sulla digitalizzazione dei processi aziendali: con la sua solida base installata, ha l’opportunità di ricavare abbonamenti ricorrenti per molti anni a venire, trasformandosi sempre più in una “cloud company” a tutti gli effetti e abbandonando gradualmente il vecchio modello delle licenze.
9. Tencent Holdings (OTC: TCEHY) – Tencent Cloud
Tencent, nota principalmente per il suo impero nei social media e gaming (WeChat, QQ, giochi online), è anche uno dei maggiori provider di servizi cloud in Cina. Tencent Cloud occupa il secondo/terzo posto nel mercato cinese a seconda delle stime (circa 10-15% di quota), dietro Alibaba Cloud e grosso modo alla pari con Huawei Cloud e Baidu AI Cloud. Tencent ha costruito la sua infrastruttura cloud inizialmente per supportare i propri servizi (WeChat, video, giochi), poi l’ha aperta al mercato enterprise. Oggi offre soluzioni IaaS e PaaS a molti settori in Cina, con particolare forza in media streaming, fintech e giochi, sfruttando il proprio know-how. Ad esempio, gran parte delle piattaforme video cinesi (live streaming, short video) utilizzano tecnologie di Tencent Cloud per distribuzione e accelerazione di contenuti. Tencent inoltre commercializza servizi di database, data analytics e AI (ha sviluppato modelli AI interni come “Hunyuan” per NLP e CV). Dal 2022, tuttavia, il business cloud di Tencent ha attraversato una riorganizzazione: l’azienda ha rifocalizzato le attività tagliando servizi marginali e concentrandosi su settori profittevoli, sacrificando un po’ di crescita in favore della redditività. Di conseguenza, i ricavi di Tencent Cloud sono rimasti sostanzialmente piatti nel 2022-2023, complice anche il rallentamento economico cinese e la riduzione di commesse governative. Nel 2024 si è visto un ritorno alla crescita con un modesto single-digit, e gli ultimi report indicano un’accelerazione nel 2025 grazie ai servizi AI cloud. Tencent non scorpora i dati di cloud nel bilancio, li include nella divisione “Fintech e Business Services” che nel H1 2025 è cresciuta ~15%. Possiamo stimare che Tencent Cloud generi attorno ai $4-5 miliardi annui di ricavi (paragonabile ad Alibaba Cloud, anche se leggermente inferiore).
Financialmente, Tencent nel suo insieme è altamente redditizia (margine netto ~30%) grazie ai videogame e alle partecipazioni. La parte cloud in sé ha margini più compressi, ma Tencent ha lanciato iniziative per migliorarli – ad esempio ottimizzando l’utilizzo dei data center e proponendo servizi a maggior valore (AI, database dedicati). Tencent investe comunque molto in infrastruttura: possiede oltre 70 zone di disponibilità in 26 regioni globali (inclusi data center in Asia, Europa e America per servire clienti cinesi all’estero), e continua a costruire super data center in Cina. Il management ha affermato che la spesa in CAPEX per il cloud e i server AI aumenterà sostanzialmente nel 2024-2025, allineandosi alla corsa all’AI generativa. Dal punto di vista degli investitori esteri, il titolo Tencent è un composite di social, gaming, fintech e cloud – quest’ultimo è solo una componente minoritaria. Tuttavia, se il cloud iniziasse a contribuire in modo significativo alla crescita, potrebbe fornire un ulteriore catalizzatore per il titolo oltre ai tradizionali segmenti. Attualmente Tencent ha un P/E ~25, più basso di molti peer globali, riflettendo anche fattori di rischio paese.
Prospettive: Tencent Cloud affronta un contesto simile ad Alibaba Cloud nel mercato domestico: grandi opportunità (digitalizzazione imprese e governo, domanda di AI) ma anche concorrenza intensa e scrutinio regolatorio. Tencent ha il vantaggio di un ecosistema unico (può integrare servizi cloud con WeChat e l’infrastruttura fintech di WeChat Pay, ad esempio offrendo soluzioni CRM+WeChat mini-program nel cloud) e di profonde capacità ingegneristiche. Un focus dichiarato è sul Gaming Cloud: con il metaverso e il cloud gaming emergenti, Tencent potrebbe capitalizzare fornendo backend per giochi con grafica spinta erogati via streaming. Inoltre, sta sviluppando soluzioni per veicoli connessi e smart city, spesso in collaborazione con municipalità cinesi. Nel campo dell’AI, Tencent ha presentato il modello Hunyuan (100+ miliardi di parametri) e l’integrazione di ChatGPT-like nelle sue app; questi servizi necessitano di essere erogati via cloud, generando carico per Tencent Cloud. Si prevede quindi che il segmento cloud di Tencent tornerà a crescere a doppia cifra nei prossimi 1-2 anni, trainato dall’AI e dalla ripresa di progetti digitali in Cina dopo la fase di regolamentazione severa. Tuttavia, a differenza di Alibaba, Tencent non sembra voler separare il cloud o cercare investimenti esterni: rimarrà parte di un conglomerato, con possibili sinergie (e sussidi incrociati se necessario). In sintesi, per un investitore considerare Tencent significa avere un’esposizione diversificata: il cloud è una scommessa aggiuntiva all’interno di un portfolio di attività. Se il cloud in Cina dovesse decollare ulteriormente e Tencent mantenere/incrementare la sua quota ~10%, potrebbe diventare una fonte di utili significativa nel medio termine, bilanciando la maturità di altri settori. In definitiva, Tencent Cloud riflette l’ambizione di Tencent di essere “l’AWS della Cina”, anche se per ora a dimensioni ben inferiori; la direzione è tracciata, resta da vedere se il contesto macro e regolatorio cinese permetterà di realizzare tutto il potenziale di crescita di questa unit.
10. ServiceNow, Inc. (NYSE: NOW) – Piattaforma Cloud per Workflow IT
ServiceNow è un’azienda focalizzata su piattaforme cloud per IT Service Management (ITSM) e automazione dei flussi di lavoro digitali. In parole semplici, ServiceNow offre alle organizzazioni un cloud su cui gestire e automatizzare processi interni – inizialmente ticketing e servizi IT, poi esteso a risorse umane, customer service, asset aziendali e altri ambiti. La sua Now Platform, erogata interamente via cloud, consente di costruire applicazioni di workflow senza dover scrivere codice complesso, integrandosi con i sistemi esistenti. Grazie a questa proposta di valore, ServiceNow è cresciuta rapidamente e oggi serve migliaia di grandi aziende e governi. Nel 2024 ha superato $8 miliardi di ricavi annui e continua a crescere intorno al +20% YoY (nel Q4 2024 i ricavi sono aumentati del +21% a $2,866 mld). Il business model è in abbonamento (subscription), con un tasso di rinnovo altissimo – il net retention rate di ServiceNow è tipicamente attorno al 125%, segno che i clienti espandono la spesa anno dopo anno. ServiceNow beneficia anche di un mercato relativamente poco affollato: sebbene giganti come Atlassian o BMC offrano prodotti per ITSM, ServiceNow è considerata il leader di riferimento per le grandi imprese su questo fronte. L’azienda ha inoltre incorporato funzionalità di AI/Machine Learning per risolvere automaticamente ticket IT e ha lanciato l’iniziativa “ServiceNow Generative AI” integrando modelli GPT per consigliare azioni e velocizzare i flussi, incrementando ulteriormente l’appeal della sua piattaforma.
Finanziariamente, ServiceNow è profittevole su base non-GAAP ma i suoi utili GAAP sono modesti, poiché reinveste molto e ha alti costi in compensi azionari (stock-based compensation). Attualmente l’azienda presenta un P/E TTM elevatissimo (~110), indice che il mercato la valuta soprattutto sui flussi di cassa futuri e sulla crescita. E in effetti ServiceNow genera free cash flow consistenti: nel 2024 il FCF è stato circa $2,5 miliardi, con margini FCF ~30%. Ciò le consente di finanziare acquisizioni e sviluppi senza problemi. La liquidità è spesso usata per acquisire tecnologie complementari (es. nel 2023 ha acquisito Element AI per potenziare l’AI platform). Nonostante i multipli alti, la fiducia degli investitori resta basata sul fatto che ServiceNow mantenga ritmi di crescita elevati e prima o poi traduca maggiormente i ricavi in utili netti. Va notato che il forward P/E è intorno a 45, perché ci si aspetta un’espansione degli utili nei prossimi 1-2 anni via leverage operativo.
Prospettive: Il CEO Bill McDermott (ex SAP) ha tracciato obiettivi ambiziosi: ServiceNow punta a superare $16 miliardi di fatturato annuale entro il 2027, praticamente raddoppiando rispetto ad oggi, e diventare una delle top5 aziende software enterprise al mondo. Per far ciò, sta espandendo il portafoglio di applicazioni pre-costruite (es. moduli per la sanità, telecom, manufacturing) e spingendo molto sul go-to-market globale (ha incrementato la forza vendite in mercati emergenti). L’elemento AI generativa è considerato un potenziale acceleratore: ServiceNow prevede di aumentare il valore medio dei contratti vendendo componenti AI aggiuntive che rendono l’automazione dei processi ancor più efficiente. Ad esempio, con Now Assist for IT un tecnico può risolvere un incidente più velocemente ricevendo suggerimenti generati dall’AI sulle cause e soluzioni, riducendo i tempi di intervento. Se tali funzioni porteranno benefici tangibili, i clienti potrebbero essere disposti a pagare di più, migliorando anche il net retention oltre il 125%. Sul breve termine, ServiceNow ha dato una guidance di crescita un po’ inferiore al passato (+19-20% per il 2025)xtype.io, prudenziale alla luce di un possibile rallentamento macro dell’IT spending. Gli investitori guarderanno quindi all’evoluzione del Remaining Performance Obligations (RPO) e ai nuovi contratti di Digital Transformation: finora la pipeline si mantiene robusta, con RPO in crescita ~22% e parecchi mega-deals chiusi nel 2024. I rischi includono: se l’economia entra in recessione, le aziende potrebbero rimandare progetti di workflow automation, impattando le nuove vendite; inoltre ServiceNow deve evitare che colossi come Microsoft entrino pesantemente nel suo spazio (ad esempio, Microsoft ha moduli Power Platform per automazione low-code che possono in parte sovrapporsi). Tuttavia, ServiceNow ha costruito un brand forte e uno stack tecnologico difficile da replicare velocemente. In conclusione, ServiceNow rimane una delle azioni cloud con maggiore crescita attesa sul medio termine: pur non essendo economica a livello di multipli, offre esposizione al trend chiave dell’automazione aziendale e all’efficienza operativa tramite cloud, con un management esperto nel navigare anche fasi complesse di mercato (McDermott ha guidato SAP durante la scorsa crisi finanziaria con successo). Se continua ad eseguire bene, ServiceNow potrebbe vedere i suoi utili crescere molto più rapidamente dei ricavi nei prossimi anni, colmando il gap di redditività GAAP e giustificando così le valutazioni attuali.
11. Snowflake, Inc. (NYSE: SNOW) – Data Cloud e Data Warehouse-as-a-Service
Snowflake è una delle società cloud emergenti più seguite, specializzata in Data Cloud. Offre una piattaforma interamente cloud per archiviare, gestire e analizzare grandi volumi di dati (data warehousing), con un’architettura unica che separa lo storage dal compute e consente scalabilità e performance elevate. Snowflake è divenuta popolare perché permette alle aziende di consolidare dati da fonti disparate in un “Single Source of Truth” sul cloud, eseguendo query SQL velocissime e condividendo dati in modo nativo con partner (il concetto di Data Marketplace). Il modello di pricing è a consumo: i clienti pagano in base alle risorse di calcolo e storage effettivamente utilizzate, il che ha portato Snowflake ad avere una crescita esplosiva dei ricavi negli scorsi anni (tripla cifra). Con la normalizzazione post-IPO, Snowflake continua comunque a crescere rapidamente: nel FY2025 (chiuso a gennaio 2025) ha raggiunto $2,07 miliardi di ricavi (+69% YoY) e per il FY2026 prevede circa $2,6 miliardi (+27%). La crescita sta fisiologicamente rallentando rispetto ai picchi iniziali, ma rimane tra le più alte nel cloud enterprise. Snowflake ha oltre 8,000 clienti, tra cui ~590 con fatturato annuo > $1 milione ciascuno. Il suo net revenue retention è intorno al 125%, indice che i clienti esistenti aumentano la spesa significativamente anno dopo anno, man mano che ingaggiano più dati e workload su Snowflake.
Dal punto di vista finanziario, Snowflake non è ancora profittevole in termini GAAP (ha riportato perdite nette moderate nel 2024-25), principalmente a causa dei compensi azionari elevati. Tuttavia, genera free cash flow positivo: negli ultimi 12 mesi ha superato $300 milioni di FCF, con un margine FCF ~25%. Ciò è possibile perché Snowflake, pur sostenendo costi infrastrutturali (si appoggia a AWS, Azure, GCP come cloud host), beneficia di economie di scala e addebita un premium per i suoi servizi. L’azienda ha circa $5 miliardi di liquidità in cassa raccolti in IPO e successive offerte, quindi è ben capitalizzata per investire in R&D e acquisizioni. Il mercato valuta Snowflake principalmente sulle prospettive di crescita e di margini a lungo termine: attualmente presenta un rapporto Prezzo/Vendite molto alto e un P/E non significativo (essendo in perdita GAAP). Questo rende il titolo volatile in base al sentiment – ad esempio, nel 2022 ha subito forti correzioni quando la crescita ha rallentato un po’ e i tassi d’interesse sono saliti, penalizzando le “growth stock”.
Prospettive: Snowflake ambisce a diventare la piattaforma unificante per tutti i dati enterprise nel cloud – una sorta di “AWS dei dati”. Il CEO Frank Slootman ha fissato un obiettivo di lungo termine audace: $10 miliardi di ricavi annuali entro FY2029. Per arrivarci, Snowflake sta estendendo le sue funzionalità oltre il data warehouse tradizionale: sta entrando nell’Data Science/ML (con Snowpark per supportare Python e sviluppo di modelli sul suo data cloud), nell’Transactional data (con progetti per supportare carichi transazionali e non solo analitici, avvicinandosi ai database operazionali) e soprattutto sta spingendo il concetto di Data Apps – permettere a sviluppatori di creare applicazioni direttamente su Snowflake Data Cloud, sfruttando la condivisione sicura di dati. Inoltre, Snowflake ha integrato in partnership modelli di AI generativa: ad esempio, permette di utilizzare modelli come GPT su dati detenuti in Snowflake, mantenendo privacy e sicurezza, e generare output di linguaggio naturale (sintesi di insight, query conversazionali al database, ecc.). Questa convergenza tra AI e data platform potrebbe aumentare notevolmente il valore di Snowflake per i clienti, spingendo ad usarlo non solo per conservare dati ma per estrarne valore con AI.
Gli analisti prevedono che Snowflake manterrà crescite elevate (30-40% YoY) almeno per i prossimi 2-3 anni, data la forte domanda di soluzioni di data analytics scalabili. Il deceleration finora è stata gestita bene (l’azienda ha superato le guidance negli ultimi trimestri e ha alzato leggermente le previsioni). Ovviamente, crescere da $2 a $10 miliardi in 5 anni comporta sfide: dovrà penetrare nuovi segmenti di clientela (es. medie aziende, non solo grandi enterprise), competere con alternative cloud-native (BigQuery di Google, Redshift di AWS, Synapse di Azure) e difendere i margini man mano che gli hyperscaler offrono sconti per tenere workload sui propri cloud. Snowflake intende mitigare questi rischi stringendo alleanze – per esempio con NVIDIA per un progetto di offerta di AI cloud su Snowflake (annunciato alla conferenza 2023) – e garantendo la neutralità multi-cloud (fattore apprezzato da clienti che non vogliono lock-in su un singolo provider). In conclusione, Snowflake rappresenta nel panorama azionario una punta di diamante tra le cloud stock pure-play: altissima crescita, margini in evoluzione e grande optionalità futura (se raggiunge i target di lungo termine, l’upside è significativo). Il rovescio della medaglia è la valutazione ancora molto sostenuta e la sensibilità a qualunque segnale di rallentamento. Finora il management ha eseguito bene – portando FCF in positivo e rafforzando il prodotto – quindi molti investitori di lungo termine rimangono fiduciosi nella “tesi Snowflake”, considerandola una piattaforma destinata a giocare un ruolo chiave nell’economia dei dati globale.
12. Datadog, Inc. (NASDAQ: DDOG) – Osservabilità e Monitoraggio Cloud
Datadog è una società focalizzata sull’observability, ovvero il monitoraggio e l’analisi delle infrastrutture cloud, delle applicazioni e dei servizi in tempo reale. Con l’adozione massiccia del cloud e di architetture moderne (microservizi, container, serverless), la necessità di tenere sotto controllo le performance, identificare problemi e garantirne la sicurezza è diventata cruciale: Datadog ha cavalcato questa esigenza fornendo una piattaforma cloud che raccoglie metriche, log, tracce e altri dati da ambienti IT complessi, presentandoli su dashboard unificate e permettendo di impostare alert intelligenti. Le aziende usano Datadog per assicurarsi che i loro sistemi digitali (siti web, app, API) funzionino correttamente e per diagnosticare rapidamente eventuali malfunzionamenti. La società è stata fondata nel 2010 e ha avuto un’espansione notevole: ad oggi conta oltre 25.000 clienti. Nel Q2 2025 Datadog ha registrato $827 milioni di ricavi (+28% YoY) e ha previsto per il Q3 un’ulteriore crescita attorno al +23%, segno di un lieve rallentamento ma ancora forte domanda. Il modello di business è SaaS con abbonamenti basati sul numero di host/volumi di dati monitorati, quindi con crescita organica man mano che i clienti espandono la loro infrastruttura e attivano nuovi moduli Datadog (l’azienda infatti offre diversi prodotti: monitoraggio infrastruttura, APM per applicazioni, log management, monitoraggio user experience, sicurezza cloud, ecc.). Il net retention di Datadog è attorno al 130%, indicando un up-sell robusto.
Finanziariamente, Datadog è profittevole (non-GAAP) e genera flussi di cassa notevoli: nel Q2 2025 ha riportato $200 milioni di operating cash flow e $165 milioni di free cash flow, corrispondenti a un FCF margin vicino al 20%. L’azienda reinveste massicciamente in R&D (circa 35% dei ricavi) per sviluppare nuovi prodotti e rimane comunque cash flow positive. Non ha debiti rilevanti e possiede un buon cuscinetto di liquidità grazie ai proventi dell’IPO del 2019. La valutazione di Datadog riflette la combinazione di crescita e profitto: il titolo scambia a multipli P/E alti (oltre 70x sugli utili forward), ma un PEG ratio (P/E rispetto crescita) ragionevole dato che l’utile per azione cresce rapidamente man mano che i margini migliorano. Nel 2022-23 il titolo ha subito flessioni per timori di tagli di spesa IT, ma ha recuperato dopo che i risultati hanno mostrato resilienza.
Outlook: Il mercato dell’osservabilità è in forte espansione e Datadog ne è uno dei leader, competendo con vendor come New Relic, Dynatrace, Splunk (acquisito da Cisco) e soluzioni open-source. La tendenza verso architetture cloud-native e multi-cloud rende le piattaforme come Datadog quasi indispensabili per team DevOps e SRE (Site Reliability Engineering). Ciò dovrebbe permettere a Datadog di mantenere crescite elevate (20-25% YoY) almeno nel breve termine, pur con possibili oscillazioni legate al ciclo economico (in una recessione, le startup e alcune aziende tech potrebbero ridurre spesa cloud e quindi monitoraggio, come si è visto parzialmente nel 2023). Datadog sta inoltre espandendo la propria offerta nella sicurezza: ha introdotto moduli di Cloud Security Posture Management, SIEM e rilevazione di anomalie di sicurezza, entrando in un mercato adiacente che aumenta l’ARPU e allarga la platea di stakeholder (non solo team IT, ma anche CISO). Questa convergenza di osservabilità e sicurezza (“security is a data problem” dicono spesso i vertici Datadog) è un punto chiave per il futuro: i clienti preferiranno piattaforme unificate che facciano tutto, anziché strumenti separati. Datadog punta ad essere quella piattaforma unica. Dal punto di vista tecnologico, investe molto anche in AI applicata all’IT Ops: sta integrando modelli generativi per consentire interazioni in linguaggio naturale (es. “spiegami perché c’è un picco di latenza in questo servizio” con risposta automatica) e per correlare eventi disparati in modo intelligente. Questo potrebbe ridurre il carico di lavoro dei team e aumentare il valore percepito di Datadog, facilitandone l’adozione in aziende meno tech-savvy. Guardando ai prossimi 1-2 anni, Datadog potrebbe superare i $3 miliardi di ricavi annui entro il 2025-26 se continua su questo trend, e margini in miglioramento graduale verso un target di lungo termine (forse 30% di margine operativo non-GAAP, come altre società SaaS mature). I principali fattori da monitorare saranno: l’acquisizione di nuovi clienti enterprise di grossa taglia (Datadog ne ha già ~2,600 con ARR > $100k e 300 con ARR > $1 milione, e questo numero cresce costantemente) e la concorrenza di alternative a basso costo (open source come Prometheus/Grafana – ma spesso i clienti passano a Datadog per la maggiore facilità d’uso). In definitiva, Datadog rappresenta un play sulla trasformazione cloud e DevOps: finché le aziende migrano su infrastrutture complesse e distribuite, l’esigenza di monitorarle ed estrarne insight non potrà che aumentare, e Datadog è ben posizionata per capitalizzare su questa necessità universale.
13. Cloudflare, Inc. (NYSE: NET) – Rete per CDN, Sicurezza e Edge Cloud
Cloudflare è un’azienda che gestisce una delle più grandi reti per la distribuzione di contenuti (CDN) e servizi di sicurezza/performance sul web. La sua missione è “costruire un Internet migliore”: agisce come intermediario (reverse proxy) per milioni di siti web e applicazioni, fornendo protezione da attacchi informatici (DDoS, firewall), accelerazione dei contenuti statici (tramite cache distribuite in oltre 200 città nel mondo), ottimizzazione dei percorsi di rete e altri servizi “edge”. Negli anni Cloudflare ha ampliato la propria piattaforma con soluzioni di serverless computing all’edge (Cloudflare Workers), archiviazione KV globale (Workers KV e R2), e più di recente servizi per sviluppatori di applicazioni AI distribuite (ha lanciato Workers AI permettendo di eseguire modelli ML direttamente sulla sua rete edge). Il modello di business è freemium per i piccoli siti (Cloudflare protegge anche molti siti gratuiti) e a canone per clienti business ed enterprise. L’azienda è cresciuta a ritmi elevati: nel Q2 2025 ha registrato $512 milioni di ricavi (+28% YoY) e ha rivisto al rialzo la guidance annuale a ~$2,115 miliardi per il 2025. Nonostante l’ambiente macro difficile, Cloudflare continua ad acquisire clienti (nel Q2 +27% clienti paganti YoY) e ad aumentare la spesa media (net retention ~114%). La redditività GAAP non è ancora raggiunta – Cloudflare reinveste quasi tutto – ma a livello di cassa è quasi in pareggio: nel Q2 2025 il free cash flow è stato +$33,3 milioni e l’azienda prevede di chiudere l’anno con FCF leggermente positivo. I margini lordi rimangono alti (~76% non-GAAP), segno di un buon potere di prezzo. Cloudflare ha inoltre circa $4 miliardi in liquidità, il che le conferisce tranquillità finanziaria per investire nell’espansione.
Valutazione e prospettive: Cloudflare è considerata una delle aziende più innovative del cloud e questo si riflette in multipli azionari elevati. Il mercato le attribuisce un ruolo potenzialmente dirompente: con la sua rete globale (oltre 300 città) e la presenza sull’edge vicinissima agli utenti finali, Cloudflare potrebbe competere su nuovi fronti (per es. fornire infrastruttura per applicazioni real-time, IoT, metaverso) dove la bassa latenza è cruciale e i cloud centralizzati faticano. Già ora la sua piattaforma Workers consente a sviluppatori di eseguire codice JavaScript/Wasmtime alle “periferie” di Internet con tempi di risposta fulminei. In parallelo, Cloudflare si sta posizionando come alternativa ai network tradizionali aziendali: con il suo pacchetto Zero Trust (Cloudflare One) offre VPN, gateway sicuri, controllo accessi e SD-WAN sul cloud, competendo con Cisco, Zscaler e altri. Ciò allarga notevolmente il mercato indirizzabile. Naturalmente, questa visione grandiosa viene con esecuzione non banale: Cloudflare deve convincere le aziende ad affidarsi a un provider relativamente giovane per funzioni mission-critical di sicurezza e rete. Finora sta avendo successo soprattutto con aziende digitali e sviluppatori; la sfida è sfondare nel corporate tradizionale (ha comunque già oltre 2,200 clienti con >$100k annui di spesa). Sul prossimo biennio, gli analisti si aspettano che Cloudflare continui una crescita ~25-30% annuo nei ricavi, con margini in progressivo miglioramento e probabile raggiungimento di utili GAAP positivi entro il 2025-26. Un motore chiave sarà l’adozione di servizi edge e AI: Cloudflare riferisce di aver chiuso contratti multi-year >$15 milioni con aziende AI che usano la sua rete per distribuire modelli in modo capillare. Questo è un segnale che il suo investimento in GPU e infrastruttura AI edge (ha installato acceleratori in 180 città) sta dando frutti. Se l’AI generativa prolifererà in ogni servizio web/app, la posizione periferica di Cloudflare potrebbe diventare cruciale per scalare tali servizi in maniera efficiente (scaricando parte del calcolo sull’edge e riducendo costi di cloud centralizzato). Il CEO Prince ha sottolineato come i costi di trasferimento dati e inference possano essere ridotti grazie all’approccio edge, convincendo clienti che altrimenti spenderebbero di più su AWS/Azure. In conclusione, Cloudflare rappresenta un titolo cloud ad alto potenziale ma anche valutazione premium: gli investitori puntano sul fatto che possa evolvere da “semplice” CDN/security a nuovo cloud distribuito globale, con opportunità di mercato enormi (si pensi solo alla spesa IT in networking e security, in migrazione verso soluzioni cloud-based). Se riuscirà a catturare anche solo una fetta consistente di quel mercato, gli attuali ricavi potrebbero moltiplicarsi negli anni a venire. Nel frattempo, il management ha mostrato disciplina alzando leggermente i prezzi e rallentando le assunzioni per raggiungere la sostenibilità finanziaria – questo ha rassicurato il mercato sulla solidità del modello. Insomma, Cloudflare rimane una delle scommesse più interessanti nel panorama cloud, bilanciando crescita rapida, break-even vicino e un enorme orizzonte di opportunità nell’Internet del futuro.
14. Adobe Inc. (NASDAQ: ADBE) – Creative Cloud e Document Cloud
Adobe è il leader indiscusso nei software di creatività digitale (Photoshop, Illustrator, Premiere, ecc.) e gestione documenti (PDF/Acrobat). Negli ultimi anni Adobe ha completato il passaggio dal modello di licenza perpetua al modello cloud in abbonamento con il lancio della Creative Cloud e della Document Cloud: ora i suoi clienti accedono alle applicazioni Adobe tramite sottoscrizioni annuali/mensili che includono anche servizi cloud (come archiviazione su Adobe Cloud, librerie condivise, font online, ecc.). Questo shift ha trasformato radicalmente il business Adobe, portando a ricavi ricorrenti elevati e margini in espansione. Nel FY2023 (chiuso nov. 2023) Adobe ha generato $17,6 miliardi di ricavi (+10%) con un margine operativo ~45% e un margine netto ~30%. Il P/E attuale è intorno a 22, significativamente più basso di molte altre azioni cloud – indice che il mercato la vede come più matura e stabile. Ciò non toglie che Adobe stia investendo aggressivamente nel cloud: di recente ha lanciato la piattaforma Adobe Experience Cloud per marketing digitale e customer analytics (competendo con Salesforce, Oracle e altri nel settore marketing automation), e soprattutto sta incorporando funzionalità di AI generativa (Adobe Firefly) in tutte le sue app creative sul cloud. Questo consente agli utenti di generare immagini, effetti e contenuti con semplici prompt testuali, potenzialmente aumentando la produttività dei creativi. Adobe monetizzerà l’AI generativa attraverso piani premium e crediti di utilizzo su cloud – un nuovo filone di ricavi cloud oltre agli abbonamenti base. Da notare che Adobe gestisce un’infrastruttura cloud ibrida: sfrutta cloud pubblici per alcune funzioni ma mantiene anche data center propri per il rendering e l’archiviazione, ottimizzati per i suoi workload grafici.
Prospettive: Adobe punta a continuare una crescita moderata ma costante (mid single-digit o high single-digit) nei prossimi anni, mantenendo altissimi margini. Le leve di crescita includono l’espansione internazionale (mercati emergenti stanno aumentando la spesa in design e media digitali), la penetrazione di Creative Cloud in segmenti come social media content creators e piccole imprese, e la monetizzazione di nuovi tool AI. Ad esempio, Adobe Firefly ha generato oltre 2 miliardi di immagini ai primi mesi dal lancio, segno di un enorme interesse: se anche solo una parte degli utenti pagherà un extra per uso intensivo dell’AI, potrebbe aggiungere centinaia di milioni di ricavi ricorrenti. Inoltre, Adobe Document Cloud (che include Acrobat e Sign) beneficia del trend verso uffici paperless e flussi di firma digitale, con una crescita double-digit. Dal punto di vista concorrenziale, Adobe è in posizione forte: rivali come Affinity o Canva hanno rosicchiato qualcosa nel consumer, ma per i professionisti la suite Adobe rimane lo standard de facto. Nel cloud marketing, ha concorrenza agguerrita (Salesforce Marketing Cloud, ecc.), ma Adobe sta integrando quell’offerta con la parte creativa, offrendo un valore unico (es: generare creativi pubblicitari con AI e misurarne l’impatto con Analytics in un loop chiuso). Gli investitori vedono Adobe come una large-cap di qualità – i multipli moderati lo rendono meno volatile di altre cloud stock, pur offrendo esposizione a trend tech (creatività digitale, AI, e-commerce). La sfida principale sarà eseguire la transizione all’AI generativa senza cannibalizzare troppi servizi esistenti e mantenendo la fiducia della community creativa (che inizialmente era scettica sugli strumenti generativi). Finora, la strategia di addestrare i modelli Firefly su contenuti di Adobe Stock (quindi legalmente puliti da copyright) ha pagato: Adobe sta emergendo come fornitore “trusted” di AI generativa per aziende, evitando i rischi legali di modelli open. In sintesi, pur non essendo spesso annoverata tra le tipiche “azioni cloud”, Adobe è ormai a tutti gli effetti una società cloud-based, con flussi ricorrenti, ampie moat (ecosistema consolidato) e opportunità di cross-selling e up-selling grazie all’AI. Per gli investitori, rimane un titolo core del settore software con un profilo rischio/rendimento più bilanciato rispetto a tante pure-play: continua a macinare profitti e buyback, ma con un tocco di innovazione che può sorprendere positivamente (se ad esempio l’adozione degli strumenti Firefly supererà le aspettative, i numeri di Adobe potrebbero ricevere un boost aggiuntivo).
15. NVIDIA Corporation (NASDAQ: NVDA) – Enabler Hardware per il Cloud AI
Chiudiamo la lista con un’azienda che, pur non essendo un provider di servizi cloud, riveste un ruolo fondamentale nell’ecosistema: NVIDIA. Il leader dei processori grafici (GPU) è diventato infatti l’abilitatore primario del cloud computing avanzato, in particolare per l’Intelligenza Artificiale. Tutti i grandi cloud provider (AWS, Azure, GCP, Alibaba ecc.) utilizzano migliaia di GPU NVIDIA nei loro data center per offrire potenza di calcolo AI e accelerazione per HPC (High Performance Computing). Con l’era dell’AI generativa, la domanda di GPU NVIDIA (come le serie A100, H100 per training di modelli) è letteralmente esplosa: l’azienda ha faticato a tenere il passo con gli ordinativi, portando a risultati finanziari eccezionali nel 2023-2024. Ad esempio, nel Q2 FY2025 (trimestre maggio-luglio 2024), NVIDIA ha registrato un fatturato di $13,5 miliardi (+101% YoY), con la divisione Data Center in crescita del +171% che da sola ha generato ~$10 miliardi. I hyperscaler stanno investendo capitali enormi in queste GPU: Amazon, Microsoft e Google hanno speso oltre $45 miliardi in chip e attrezzature data center nel primo semestre 2025, gran parte finita a NVIDIA. Per questo le azioni NVIDIA sono salite ai massimi, riflettendo le aspettative di vendite record e di un ruolo centrale nel cloud AI per anni a venire. Oltre all’hardware, NVIDIA offre anche software e piattaforme cloud: ad esempio mette a disposizione tramite i partner cloud la sua piattaforma Omniverse (per metaverso e simulazioni 3D collaborative) e i suoi modelli pre-addestrati (via servizio NeMo su Azure). Ciò significa che NVIDIA non è più solo venditore di chip, ma partecipa al valore creando un ecosistema (CUDA, librerie AI) quasi imprescindibile.
Valutazione e prospettive: NVIDIA viene spesso definita “il petrolio dell’AI” e la sua valutazione lo rispecchia (P/E forward > 30, ma giustificato dall’utile in fortissima crescita). Per un investitore nel cloud computing, NVIDIA è essenzialmente un modo per capitalizzare sulla crescita dell’infrastruttura cloud senza scegliere un provider specifico: qualunque cloud abbia successo, comprerà comunque GPU NVIDIA (fino a quando non emergeranno alternative valide – ad oggi AMD e altri hanno proposte ancora lontane). Le prospettive a breve termine di NVIDIA restano molto positive: il CEO Jensen Huang ha affermato che la domanda di GPU da parte dei cloud provider supera di oltre il 50% l’offerta disponibile e che stima un “super-ciclo” di investimenti AI pluriennale che potrebbe triplicare la spesa in data center globali entro 2028. Se ciò si avverasse, NVIDIA venderebbe letteralmente ogni chip che riesce a produrre. Inoltre, l’azienda sta lanciando prodotti nuovi come il GH200 Grace Hopper (superchip che combina CPU+GPU per AI generativa) e entrando in settori emergenti (ad es. ha partnership nei supercalcolatori cloud per scopi scientifici e nella guida autonoma). Quindi la pipeline di innovazione è ricca. Un fattore di rischio da monitorare è la geopolitica: gli USA hanno imposto restrizioni all’export di GPU avanzate in Cina, il che impatta circa il 20% del mercato di NVIDIA; l’azienda ha mitigato creando versioni limitate (A800, H800) per la Cina, ma se le restrizioni aumentassero potrebbe perderne una quota. Tuttavia, i cloud cinesi stessi premono per avere GPU e il governo potrebbe ritardare applicazione di regole troppo restrittive per non penalizzare Alibaba/Tencent. Altro punto è la concorrenza in futuro: Google sviluppa TPU proprietari, Amazon e Microsoft investono in chip custom (Trainium, Athena) – se questi diventassero comparabili alle GPU, NVIDIA potrebbe vedere ridursi la dipendenza dei cloud dai suoi chip. Finora, comunque, le GPU restano preferite per versatilità e software. In sintesi, NVIDIA è la “scelta picks & shovels” per il boom del cloud e dell’AI: un investimento in NVIDIA è indirettamente un investimento sulla continua espansione dei servizi cloud di nuova generazione (AI, metaverso, analisi avanzata). Finché questi trend proseguono, NVIDIA ne beneficerà enormemente. Non a caso, in molti portafogli considerati, NVIDIA è l’unica società hardware inclusa come “cloud stock”, vista la correlazione stretta con la crescita dei big del cloud (basti notare che le guidance di spesa CAPEX di Amazon, Microsoft, Google vengono seguite dagli analisti NVIDIA quasi più dei propri risultati interni!). L’azienda stessa sta spingendo verso modelli “as-a-service” (come DGX Cloud, offerto con partner come Oracle Cloud, dove i clienti noleggiano infrastruttura AI interamente NVIDIA su abbonamento), cercando di catturare anche una fetta dei ricavi ricorrenti del cloud. Questo mostra la sua evoluzione verso un modello ibrido hardware-software-cloud che la rende a tutti gli effetti parte integrante dell’ecosistema cloud computing odierno.
I 3 migliori ETF sul Cloud Computing
Per gli investitori che preferiscono un approccio diversificato, esistono vari ETF (Exchange-Traded Fund) focalizzati sul settore cloud computing. Questi ETF raccolgono un paniere di azioni di società legate al cloud, offrendo un’esposizione ampia al tema con un singolo titolo. Tra i principali disponibili sul mercato, i 3 migliori ETF sul cloud computing per patrimonio, track record e composizione sono:
1. First Trust Cloud Computing ETF (NASDAQ: SKYY) con grafico interattivo
Lanciato nel 2011, è stato il primo ETF tematico sul cloud e rimane il più grande con circa $3 miliardi di asset. Segue l’indice ISE Cloud Computing, che include sia pure-play cloud sia big tech con segmenti cloud e aziende fornitrici di tecnologia per il cloud. Il portafoglio di SKYY conta ~60 titoli e adotta una ponderazione modificata (non puramente cap-weighted), che assegna un peso importante anche a mid-cap innovativi. Le sue principali posizioni attuali (circa 4-5% ciascuna) comprendono Microsoft, IBM, Alphabet, Amazon – quindi i giganti – ma anche società come Nutanix, Oracle, Arista Networks, Pure Storage tra i top 10. Ciò rende SKYY un mix bilanciato di “pilastri” e nuove leve del cloud. L’expense ratio è dello 0,60% annuo, competitivo rispetto ad altri ETF tematici. SKYY offre una buona diversificazione e storicamente ha avuto rendimenti in linea con il settore tech ma con volatilità leggermente superiore a un Nasdaq100, riflettendo l’esposizione più concentrata sul cloud. Nel 2023-2024 ha performato bene (+21,8% a 3 anni) sulla scia del rally delle cloud stocks. È indicato per chi vuole un ETF cloud “completo” che includa sia player infrastrutturali (AWS/Azure tramite le parent company) sia società di software cloud.
2. WisdomTree Cloud Computing Fund (NASDAQ: WCLD) con grafico interattivo
Lanciato nel 2019, WCLD adotta un approccio diverso: include solo società cloud pure-play, escludendo i grandi conglomerati. È un ETF equal-weighted, ribilanciato trimestralmente, con ~70 titoli. Questo significa che ogni azienda – dal piccolo titolo emergente al mid-cap affermato – ha peso simile, enfatizzando il segmento crescita del cloud. Il risultato è un ETF più volatile ma con maggiore potenziale di rialzo in fasi di espansione del settore. Le posizioni tipiche di WCLD sono aziende come Snowflake, Datadog, Cloudflare, Zscaler, Shopify, Zoom, ecc., molte delle quali abbiamo trattato. I top 10 insieme pesano solo ~16%, evidenza di forte diversificazione interna. L’expense ratio è 0,45%, leggermente inferiore a SKYY. WCLD ha subito ampie oscillazioni: dopo i picchi del 2021 è calato fortemente nel 2022 (-circa 50%) e poi parzialmente risalito nel 2023 (+12% circa), riflettendo l’andamento dei titoli growth. È adatto a investitori con maggiore propensione al rischio che puntano sulla crescita pura del cloud e vogliono meno peso dei mega-cap già maturi. Da notare che WCLD, non avendo big tech difensivi, può sottoperformare in mercati ribassisti ma sovraperformare in rally forti del settore.
3. Global X Cloud Computing ETF (NASDAQ: CLOU) con grafico interattivo:
Introdotto anch’esso nel 2019, CLOU rappresenta una via di mezzo: investe in circa 35-40 società del cloud selezionate per capitalizzazione e liquidità, includendo alcuni nomi più grandi rispetto a WCLD ma mantenendo un focus su imprese il cui core business è il cloud. Ad esempio, nel paniere di CLOU troviamo titoli come Salesforce, Adobe, ServiceNow, Workday, Twilio oltre ad altri come DigitalOcean, Dropbox, etc. Non sono presenti colossi come Amazon o Microsoft (perché non classificabili come “cloud puro” dall’index provider Indxx), ma compaiono aziende mid-large come Oracle e Cisco sebbene con pesi minori. L’ETF è a replica semi-attiva con ribilanciamenti periodici. Ha asset attorno ai $300 milioni. L’expense ratio è 0,68%, un po’ più elevato degli altri due (anche per via del minore AUM). La performance di CLOU è stata simile a WCLD nel 2020-22, mentre nel 2023 ha reso intorno +10%. Dato il portafoglio più ristretto, CLOU può dipendere molto da singoli titoli: attualmente i primi 10 costituiscono ~44% del fondo, quindi l’andamento di Salesforce, Oracle e ServiceNow incide parecchio. Può essere una scelta valida per chi vuole un ETF sul cloud con nomi di alta qualità (include leader SaaS affermati) e relativamente meno small-cap speculativi.
In sintesi, tutti e tre questi ETF offrono esposizione al trend del cloud computing ma con sfumature diverse: SKYY è ampio e include anche i facilitatori hardware e i big diversificati (ha infatti correlazione maggiore con l’indice tech generale); WCLD è focalizzato sul cuore innovativo del cloud (massima concentrazione su cloud SaaS emergenti); CLOU sta in un punto intermedio con un paniere selezionato di cloud pure-play di varie dimensioni. La scelta dipenderà dallo stile dell’investitore: ad esempio, SKYY potrebbe essere preferito da chi cerca un fondo più stabile e liquido (dato l’alto AUM e la presenza di big cap riduce la volatilità), mentre WCLD da chi vuole massimizzare il potenziale di crescita e non teme oscillazioni marcate. In termini di commissioni, vanno dallo 0,45% allo 0,68% annuo – costi un po’ alti rispetto ad ETF broad market, ma normali per ETF settoriali specializzati. È importante notare che questi ETF hanno sovrapposizione in alcune partecipazioni (diverse società cloud ricorrono in più panieri): ad esempio, Cloudflare, Datadog, etc. sono presenti sia in SKYY che in WCLD e CLOU. Perciò, investire su più di uno di questi ETF insieme potrebbe duplicare l’esposizione a certi titoli. In genere se ne sceglie uno che meglio incarna la propria visione del settore. Complessivamente, i 3 ETF fin qui hanno permesso agli investitori di partecipare alla crescita del cloud: guardando dall’inizio (SKYY 2011) ad oggi, il rendimento cumulato di SKYY è stato molto elevato, battendo anche l’S&P 500, segno di quanto il cloud abbia creato valore nell’ultimo decennio. Con le dovute cautele – trattandosi di un settore tecnologico soggetto a ciclicità – questi ETF rimangono strumenti validi per posizionarsi sul futuro dell’IT, che come abbiamo visto è saldamente ancorato alla “nuvola”.
Conclusione:
Il cloud computing si è affermato come paradigma dominante dell’IT e le società analizzate – dalle piattaforme infrastrutturali ai provider di software e ai fornitori di tecnologia abilitante – rappresentano i protagonisti di questa trasformazione epocale. Le “15 migliori azioni cloud” evidenziate coprono l’intero spettro dell’ecosistema: dai colossi che gestiscono i data center e le reti globali (Amazon, Microsoft, Google, Alibaba, IBM, Oracle), alle aziende specializzate che offrono servizi innovativi su queste infrastrutture (Salesforce, ServiceNow, Snowflake, Datadog, Cloudflare, Adobe, ecc.), fino ai produttori di hardware chiave come Nvidia che forniscono la potenza di calcolo indispensabile. Ciascuna presenta dinamiche finanziarie e strategie di crescita specifiche, ma tutte condividono prospettive favorevoli legate alla continua migrazione verso il cloud. Sia nel breve termine – con la forte domanda di soluzioni cloud potenziate dall’AI – sia nel medio-lungo termine – con l’espansione nei mercati emergenti e l’affermarsi di nuovi servizi come l’edge computing – il settore cloud appare posizionato per crescere più velocemente dell’intero comparto tecnologico, con stime di crescita annuale composte sopra il 20% per l’infrastruttura cloud globale. Certamente non mancano le sfide: la concorrenza è agguerrita, l’innovazione deve proseguire per evitare la commoditizzazione e fattori macroeconomici possono influire sulla spesa IT delle imprese nel breve periodo. Ma i trend strutturali (digitalizzazione, Big Data, AI, lavoro remoto, economia on-demand) agiscono tutti da potenti motori a favore del cloud.
Per gli investitori, identificare i vincitori in questo spazio significa potenzialmente partecipare a uno dei grandi trend di crescita del nostro tempo. L’approccio può essere stock-picking – scegliendo società che combinano vantaggi competitivi e solidi fondamentali, come molte di quelle discusse – o attraverso strumenti diversificati come gli ETF cloud analizzati, che riducono il rischio idiosincratico ed espongono a un paniere allargato. In entrambi i casi, l’importante è una visione di lungo respiro: il cloud computing ha già rivoluzionato il modo in cui operano le imprese e forniscono servizi i governi, ma è destinato a penetrare ulteriormente in settori tradizionali (pensiamo all’industria manifatturiera, alla sanità, ai trasporti intelligenti con 5G) creando nuove opportunità di mercato per i player del cloud. In conclusione, grazie alle informazioni finanziarie e di business emerse, risulta chiaro che le aziende leader nel cloud – grandi o piccole che siano – condividono crescita robusta, margini interessanti e piani strategici orientati alle prossime innovazioni (AI, edge, multi-cloud, ecc.). Questi fattori, uniti alla dimensione impressionante del mercato potenziale (diversi trilioni di dollari entro il prossimo decennio), rendono il cloud computing un settore da tenere in forte considerazione in qualsiasi portafoglio orientato al futuro tecnologico.
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