Licenziamenti Unicredit: cosa succede ora, nel 2020?

8,000 nuovi licenziamenti in Italia e non solo entro il 2023, è questo l’obiettivo principale del nuovo piano di Unicredit presentato da Jean Pierre Mustier, amministratore delegato della banca milanese. Esuberi forzati che si sentiranno maggiormente in Italia, dove i dipendenti Unicredit sono circa 38,000 rispetto agli 84,000 totali dei 32 paesi in cui l’istituto di credito è presente. Forti ripercussioni anche per le sedi tedesche e austriache, che contano in tutto 23,000 persone.
Il piano, chiamato Team 2023, non porterà solo al licenziamento di 8,000 unità, bensì anche alla chiusura di circa 500 filiali entro il 2023. Aspre critiche alle decisioni di Mustier dai sindacati dei lavoratori, già pronti a schierarsi contro di esso, affermando che tali politiche non possono essere realizzate. Con la notizia dei licenziamenti in Unicredit, cosa succederà nel 2020 e nei prossimi anni? 

Unicredit e il piano esuberi, la situazione italiana

 

L’Italia sarà la nazione europea a risentire maggiormente del piano Team 2023, che prevede oltre 8,000 nuovi licenziamenti in Unicredit, oltre alla chiusura definitiva di circa 500 delle sue 12,000 filiali. Questo perchè la forza-lavoro Unicredit italiana è composta da circa 38,000 unità, rappresentando il 41% del totale: saranno circa 5,500 i posti di lavoro che verranno persi e 450 le filiali chiuse sul territorio nazionale tra fine 2019 e 2023.

Quello di Unicredit è un nuovo caso che susciterà molto clamore in Italia, nazione già provata dalla diatriba Ilva-Arcelor Mittal e dalla crisi Alitalia. In merito a ciò, anche i sindacati si sono schierati contro la politica di licenziamento della banca di Milano.

Diciamo no e diciamo basta. Il lavoro non può essere considerato una merce che si prende quando serve e si butta quando fa comodo. Non possiamo accettarlo. Il governo non può accettarlo. Prima di aprire un gravissimo conflitto, Unicredit riveda tutto e discuta con il sindacato.

Queste le parole di Maurizio Landini, segretario della CGIL, che si prepara a difendere i lavoratori italiani Unicredit contro le disposizioni appena messe in atto. Su questo ricorda anche le crisi che hanno vissuto e vivono tuttora centinaia di aziende italiane. Nelle sue dichiarazioni anche un invito al governo ad affrontare il caso.

Nel nuovo piano non è prevista alcuna assunzione e Unicredit è una banca nella quale le lavoratrici e i lavoratori hanno già fatto molti sacrifici: gli 8,000 esuberi inseriti nel nuovo piano industriale si andrebbero ad aggiungere ai 26,650 posti di lavoro tagliati a partire dal 2007. Stesso discorso per gli sportelli: ne sono stati chiusi 1,381 e Mustier ne vorrebbe chiudere altri 500, recidendo ancora di più il rapporto con la clientela e il legame col territorio.

Evidenzia invece la mancanza d’innovazione e di politiche per il lavoro Lando Maria Simeoni, segretario generale della FABI, che nelle sue parole sottolinea i sacrifici e i licenziamenti che i dipendenti del secondo istituto di credito d’Italia hanno già affrontato dal 2007 in poi, immaginando uno scenario drammatico in cui Unicredit perderà sempre più contatto con la propria clientela.

Licenziamenti Unicredit: cosa succede ora, nel 2020?
Uno sportello Unicredit

Team 2023, le motivazioni del piano di esuberi Unicredit

Il piano esuberi era già stato annunciato a luglio 2019 dall’amministratore delegato di Unicredit, Jean Pierre Mustier, ma solo il 3 dicembre dello stesso anno ha visto la sua conferma, puntando ad una strategia quadriennale di taglio costi, nella quale rientrano dipendenti e filiali.

Nell’attuale panorama economico-finanziario, il motivo che porta ad un drastico taglio di spese e di conseguenza personale e sedi, è principalmente quello della pesante presenza di crediti deteriorati e tassi d’interesse irrisori o negativi, che rendono particolarmente difficile generare guadagni erogando prestiti.

Una redditività ridotta o talvolta annullata, diretta conseguenza a lungo termine della crisi economica 2008-2009: se a settembre 2015 superavano i 60 miliardi, a settembre 2019 le esposizioni deteriorate Unicredit erano di 11,2 miliardi di euro, dopo l’ultima cessione di 84 milioni di euro alla controllata bulgara Bulbank; il taglio di credito deteriorato è stato tuttavia accompagnato da una politica di riduzione costi sul lungo periodo.

Alla presenza di crediti deteriorati si aggiunge però un’altra movitazione, di carattere evolutivo-tecnologico: la crescente presenza dei canali digitali, che sono ormai strumenti fondamentali per la clientela, capaci di semplificare le pratiche risparmiando tempo e fatica, ma anche per le banche stesse, poiché fanno parte della loro strategia di crescita.

Ad aggravare la situazione è inoltre una concorrenza digitale sempre più elevata, nonché l’ingresso nel mercato di nuovi nomi che, privi di sedi fisiche, permettono di svolgere ogni operazione direttamente online, con un’evidente abbattimento di costi e commissioni.

Nel 2019 Unicredit è già stata pesantemente provata, con la perdita di circa 9,000 posti di lavoro, il suo non è però il primo caso: oltre alla banca milanese, infatti, nel medesimo anno anche altri prestigiosi istituti di credito hanno attuato piani simili, come Deutsche Bank che ha contato 18,000 esuberi e Banco Santander che ne ha avuti 5,400. Malgrado ciò, nuove strategie di esubero continueranno a riguardare le principali banche europee nei prossimi anni, con oltre 56,000 licenziamenti previsti tra 2020 e 2023.

 

Conclusioni

 

Dopo aver esaminato a fondo il piano di Mustier sugli esuberi in Unicredit, si può notare che la riduzione delle spese, e di conseguenza di personale e filiali, ha motivazioni ben più profonde di eventuali misure anticrisi che gli attuali governi possono promuovere: il problema dei crediti deteriorati deriva dal pesante buco finanziario generatosi durante la crisi economica 2008-2009, ma malgrado il loro progressivo riassorbimento, nessun istituto di credito ha attuato politiche di salvaguardia per i propri dipendenti.

Indipendentemente dalle pressioni dei sindacati, si nota inoltre l’assenza di ammortizzatori sociali da parte del Ministero del Lavoro, che sostengano le figure sia dei dipendenti Unicredit, che negli anni passati ha tagliato oltre 26,000 risorse, sia di ogni altra azienda che ha vissuto e vive una pesante crisi.

In merito al piano Team 2023, l’Italia è il paese europeo che subirà maggiormente le politiche di Mustier, ma anche Germania e Austria avranno pesanti difficoltà, poiché la loro forza-lavoro si attesta a 14,000 unità per la prima e 9,000 unità per la seconda. C’è infine da considerare che tale manovra non sarà isolata a Unicredit, in quanto già altri istituti ne hanno attuate di simili nel 2019 e, entro il 2023, è prevista la perdita di ulteriori 56,000 posti di lavoro nelle banche di tutta Europa.

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Autore

  • massimiliano biagetti

    Fondatore di Economia Italiacom e Finanza Italiacom è divulgatore finanziario e trader.