Col consolidamento del settore bancario, iniziato con la fusione tra Intesa Sanpaolo e UBI Banca, che ha creato il più importante gruppo italiano, l’attenzione peer le fusioni tra banche italiane è ora indirizzata su Unicredit (BIT: UCG: ), seconda banca nazionale che però tra 2010 e 2020 ha registrato una perdita totale di 20 miliardi di euro. Per risollevare le sue sorti, l’a.d. Orcel ha pensato ad alcune opzioni di fusione.
Una di queste è rivolta al Monte dei Paschi di Siena ( BIT: BMPS), con cui è intenzionato a effettuare una fusione dopo l’innalzamento dei crediti d’imposta da perdite fiscali da parte del Decreto Sostegni Bis. Tale valore aumenterà da 2,5 a 3,8 miliardi di euro per un eventuale acquirente. Cosa succederà quindi? Avverrà davvero la fusione Unicredit-MPS?
Fusioni Unicredit, quali opzioni possibili?
Con fatturato al 2020 di 17,1 miliardi di euro, -9% rispetto all’anno precedente, Unicredit punta ad una strategia di crescita basata su fusione e acquisizione di altre banche. Soluzioni possibili sono l’unione con Monte Paschi e Banco BPM.
‘Per quanto riguarda l’M&A, non è uno scopo in se, ma lo vedo come un acceleratore e un potenziale miglioramento del nostro risultato strategico, laddove faccia i migliori interessi dei nostri azionisti e se avremo piena fiducia nella nostra capacità di portare a termine l’integrazione.‘
Queste le parole dell’amministratore delegato Unicredit Andrea Orcel, che considera le fusioni bancarie come un mezzo per migliorare la performance strategica e azionaria del gruppo: ciò perchè, nonostante i risultati positivi a Piazza Affari (a 10,69 euro, +4,4% rispetto al 17 maggio 2021 e +35,3% rispetto al 15 giugno 2020), ha subito una multa di 69 milioni di euro dalla Commissione Europea, per aver creato un cartello di trading di titoli statati europei con altre banche tra 2007 e 2011.
Salvo modifiche al Decreto Sostegni Bis (d.l. 73/2021), che prevede la possibilità di convertire le imposte attive differite sui crediti deteriorati in credito d’imposta, secondo le stime di Deutsche Bank la fusione Unicredit-MPS potrebbe generare un capitale di circa 3,8 miliardi di euro lordi, che supererebbe però i 4 miliardi in caso di fusione Unicredit-Banco BPM.
Il termine ultimo per otterere tale beneficio è stato prorogato dal 31 dicembre 2021 al 30 giugno 2022, con aumento della quota d’imposta differita dal 2% al 3% del totale degli attivi della banca minore nella fusione.
Opzione Unicredit-MPS, opportunità e dubbi
In trattativa per una manovra da settembre 2020, sotto l’amministrazione di Jean Pierre Mustier, Unicredit prosegue l’opzione della fusione con MPS, la più antica banca italiana con fatturato al 2020 di 2,92 miliardi di euro, -9,5% rispetto al 2019. Monte dei Paschi era stato già salvato nel 2017 dal Governo ed è proprietà del Ministero di Economia e Finanze al 64,23%. Per ottemperare agli accordi, il Tesoro dovrà cedere la sua parte e ri-privatizzare la società entro aprile 2022.
Secondo uno studio di gennaio 2021 della società Kpmg Advisory, la fusione potrebbe garantire a Unicredit una crescita d’utile totale attivo fino a 1.072 miliardi di euro e a MPS una capitalizzazione congiunta di 17,2 miliardi.
Tuttavia, qualora l’acquisizione dovesse andare in porto, vi sarebbe un rischio per Unicredit dal valore di 10 miliardi di euro, rappresentato da cause legali e richieste danni in sospeso all’istituto senese. Motivo per cui, grazie ai provvedimenti dell’ex ministro Roberto Gualtieri e dell’art. 39 della Legge di Bilancio 2020, il MEF fornirà aumento di capitale di 2,5 miliardi di euro a MPS in caso di accorpamento, ottenibile con nulla-osta della BCE.
Cos’è la Soluzione a spezzatino?
Secondo quanto trapelato nelle ultime settimane tra l’a.d. Orcel e MEF, prende piede una soluzione sistemica che ridurrebbe il rischio di acquisire i fattori negativi di Monte Paschi: infatti, Unicredit sta sondando la possibilità d’acquisizione solo parziale, concentrandosi sulle filiali di nord-est e Toscana ma non quelle del sud, che creerebbero conflitto con quelle dell’ex-Banco di Sicilia, acquisito da Unicredit nel 2010.
In questa strategia, chiamata colloquialmente Soluzione a spezzatino, le aree MPS meridionali verrebbero acquisite da Mediocredito Centrale – Banca del Mezzogiorno, partecipata al 100% da Invitalia.
‘Noi abbiamo il mandato di concentrarci sul sistema creditizio e finanziario del Mezzogiorno e, qualora ci fosse bisogno, non potremmo non fare la nostra parte nell’ambito di un progetto industrialmente sostenibile con logiche, criteri e condizioni di mercato.’
Queste le parole dell’amministratore Bernardo Mattarella, con cui dichiara piena disponibilità all’operazione grazie agli innovativi modelli di business e servizio.
Obiettivi della fusione Unicredit-MPS
Secondo Andrea Orcel, obiettivo principale della strategia di fusione e acquisizione è la crescita organica, arrivando alla fase di rendimenti sostenibili annunciata a giugno 2021 attraverso la generazione di ulteriore capitale, fattore chiave per l’intero gruppo attraverso rigorosa disciplina del rischio.
Specialmente durante i primi 100 giorni, la manovra sarà rivolta a evidenziare punti di forza e debolezza dell’azienda, organizzando un nuovo piano strategico che vedrà la luce entro la seconda metà del 2021, rafforzato da una solida base costituita dalla qualità del capitale e degli asset. Maggiori traguardi saranno:
- Mettere la clientela al centro dell’attivitÃ
- Centralizzare la tecnologia nel business e in ogni processo decisionale
- Semplificazione di ogni aspetto burocratico
- Maggiore responsabilità e potere decisionale ai manager su ogni livello
Altro obiettivo prioritario per l’istituto milanese è infine rispettare l’interesse degli azionisti. Integrate nella strategia di fusione, le proiezioni di Orcel hanno avuto il plauso di Pier Carlo Padoan, ex ministro dell’Economia e presidente del consiglio d’amministrazione Unicredit, potenzialmente favorevole già dall’amministrazione Mustier.
La fusione Unicredit-MPS avverrà veramente?
A giugno 2021, è ancora difficile stabilire quale potrà essere l’esito finale della fusione tra Unicredit e Monte dei Paschi, sempre considerandone l’effettiva conclusione. Nonostante non vi siano ancora conferme definitive, secondo i dossier Unicredit la soluzione più probabile risulta essere quella sistematica dello spezzatino, con conseguente scissione col meridione a cui anche il MEF è orientato.
A conti fatti, a questa si assocerebbe anche un’eventuale fusione con Banco BPM, istituto più solido rispetto a MPS e che, secondo indiscrezioni del progetto editoriale Formiche, potrebbe garantire maggiore stabilità a entrambe le realtà creditizie, ma anche spingere il Governo a far deliberare le fusioni entro primavera 2022.
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Precedente situazione
Quello di gennaio 2021 è un mese importante per le fusioni bancarie italiane, in particolare per Unicredit e BMPS, in trattativa per una manovra di fusione da settembre. Posseduto per il 68% dal MEF, il Monte dei Paschi ha bisogno di una soluzione tempestiva per evitare un ammanco di capitale per 300 milioni di euro, ma nel frattempo Unicredit desidera un’offerta di scambio vantaggiosa.
Terminata la fase di capitalizzazione e ri-privatizzazione il Ministero potrebbe mantenere l’11% di MPS, mentre l’intervento sulle richieste d’indennizzo e la cessione di crediti in sofferenza potrà rendere più plausibile l’interesse di Mustier. La conferma di fusione Unicredit-MPS arriverà entro il terzo trimestre 2021, cosa succederà nei prossimi mesi?
Opportunità e rischi della fusione Unicredit-MPS
Con l’amministrazione di Jean Pierre Mustier a conclusione a marzo 2021, Unicredit apre all’acquisizione del Monte dei Paschi di Siena, la più antica banca italiana fondata nel 1472. Salvata dallo Stato Italiano nel 2017, MPS è proprietà al 68% del Ministero di Economia e Finanze.
Secondo lo studio Financial Services della società di consulenza Kpmg Advisory, la fusione Unicredit-MPS potrebbe garantire alla prima una crescita d’utile totale attivo da 893 a 1.072 miliardi di euro, superando nettamente quello di 859 miliardi di Intesa Sanpaolo. Oltre a dare beneficio al secondo istituto di credito italiano, che presenta attualmente un azionariato suddiviso e non superiore al 4%, l’acquisizione porterà vantaggio anche a MPS, con una capitalizzazione congiunta di 17,2 miliardi, seppur ancora inferiore ai 31 miliardi di Intesa Sanpaolo.
Se da una parte ridurrà il divario con Intesa, dall’altro tale manovra straordinaria può rappresentare seri rischi per Unicredit: difatti, Monte dei Paschi ha una capitalizzazione di 1,37 miliardi di euro e un rendimento al 2020 del -1,56%, con conseguente perdita per i suoi azionisti; inoltre, è in corso la cessione di 14 miliardi in crediti deteriorati alla società di gestione finanziaria AMCO, controllata dal MEF. Da ricordare inoltre cause giudiziarie e richieste danni per ulteriori 10 miliardi.
Quali soluzioni?
Per minimizzare i rischi e rendere la fusione Unicredit-MPS più verosimile andando incontro alle richieste di Mustier, il ministro dell’economia Roberto Gualtieri sta delineando i termini per un’offerta pubblica di scambio: grazie all’art. 39 della Legge di Bilancio offrirà alla banca senese un aumento di capitale di 2,5 miliardi di euro, sottoscrivibile senza l’opposizione della BCE poiché destinato all’accorpamento con un altro istituto.
Davanti alla nuova emergenza CoViD-19, a gennaio 2021 MPS presenta urgenza massima registrando perdite per oltre il 30% del capitale, che potrebbero raggiungere quota 1,5 miliardi di euro entro gennaio 2022. Stando alle analisi della banca d’investimento Equita, pur uscendo da Monte dei Paschi il MEF ne resterebbe azionista bancario mantenendone l’11%.
Tra le soluzioni, un accordo con la Fondazione MPS per l’assegnazione di una quota di maggioranza, a fronte della sua richiesta d’indennizzo di 3,8 miliardi di euro. Altra possibilità è poi quella di far acquistare da AMCO 20 miliardi di credito deteriorato Unicredit dei 22,7 accumulati al terzo trimestre 2020: la vendita dei crediti deteriorati MPS, all’interno del piano di ristrutturazione 2021-2025, già darebbe alla banca di Mustier un beneficio di 1,6 miliardi.
Quali ostacoli?
L’acquisizione avrà conferma entro il terzo trimestre 2021, primo ostacolo saranno però le dimissioni dell’amministratore Unicredit Mustier e la scelta di un successore, che non arriverà prima del 10 febbraio: dopo il rifiuto dell’ex ministro e amministratore di Illimity Corrado Passera e del direttore di Poste Italiane Matteo del Fante, tra i nomi possibili si hanno l’ex amministratore MPS Marco Morelli e quello di Mediobanca Alberto Nagel.
Nonostante i pareri positivi e l’interesse del MEF, netta opposizione viene dal Movimento 5 Stelle, specialmente dai componenti delle commissioni Bilancio e Finanze del Senato, che considerano la fusione un puro beneficio per Unicredit ai danni del Monte dei Paschi.
Tra le loro preoccupazioni l’assenza di trasparenza, il mancato coinvolgimento del Parlamento e i rischi di conflitto d’interesse, complice anche la presenza dell’ex ministro Pier Carlo Padoan come presidente designato. Limitando l’aiuto a 500 milioni di euro, puntano invece a creare un gruppo pubblico con Banca Popolare di Bari e Banca Carige.
Esprimono contrarietà anche Leonardo del Vecchio, presidente EssilorLuxottica, e le fondazioni CariVerona e Fondazione Crt, che possiedono una partecipazione totale in Unicredit del 5,36%. La loro posizione di dubbio sul senso strategico della fusione, smentisce la nascita di una cordata d’azionisti in maggioranza.
Come reagisce Piazza Affari alla fusione Unicredit-MPS?
La notizia della possibile acquisizione di Monte dei Paschi da parte di Unicredit ha portato numerose oscillazioni nei due titoli su Piazza Affari: dal 1 settembre 2020 al 18 gennaio 2021 le azioni Unicredit hanno mantenuto gran parte del loro valore attestandosi a 7,78 euro, contenendo le perdite al 4,6% rispetto a quelle del 23,2% al 29 ottobre; nello stesso arco temporale, risultato peggiore per MPS che si attesta a 1,08 euro per azione segnando un -24,5%.
A causare tali oscillazioni sono le varie incognite a ridosso del CDA MPS previsto per il 19 gennaio, così come quelle sul nome del successore di Jean Pierre Mustier all’amministrazione Unicredit. Non da meno i vari disaccordi politici nelle forze di governo, così come la possibilità di ulteriori aiuti da parte del Ministero.
Per ora investire in azioni MPS non lo riteniamo un investimento sicuro, anche se nel lungo periodo potrebbe rivelarsi molto redditizio, visti i risvolti politici che prenderanno in carica i crediti inesigibili della banca senese.
Perchè la fusione Unicredit-MPS sarà così importante?
Assieme a Intesa Sanpaolo-UBI Banca e le potenziali BancoBPM-Bper e Credit Agricole-Creval, la fusione tra Unicredit e MPS rappresenta una delle più importanti misure di finanza straordinaria per rafforzare lo scenario bancario-creditizio nazionale durante l’emergenza Coronavirus. Tali manovre contrasteranno l’emergere di 100 miliardi di nuovi crediti deteriorati, garantendo solidità e stabilità maggiori, oltre che maggiore diversificazione di servizi.
Considerando proprio gli effetti del CoViD, secondo un report della società di consulenza McKinsey il settore bancario potrebbe subire una flessione fino a 3.800 miliardi di euro entro il 2024. La cosa riguarderà specialmente i piccoli istituti.
A conti fatti, nonostante criticità e pareri contrari, con un fabbisogno tra 2 e 2,5 miliardi di euro entro il 19 gennaio e una capitalizzazione ridotta da 4,3 a 1,37 miliardi dal 2017 al 2020, ciò fa capire che senza interventi straordinari Monte dei Paschi potrebbe presentare un CET1 Ratio inferiore ai limiti consentiti o, ancor peggio, non sopravvivere.